Le notizie che riportano i telegiornali e i quotidiani , per quanto riguarda il lavoro pubblico non sono certo rassicuranti anzi, sembrano identiche nelle cifre proposte per il contratto e nella mancanza di un piano massiccio di assunzioni e di stabilizzazioni a quelle relative al ccnl 2016-2018 siglato, dopo che non era stato rinnovato dal 2009, si parla infatti di soli 400 milioni, cifra che ripropone la strada accettata dai sindacati confederali per il contratto scaduto nel 2018.
L’Italia e’ al quart’ultimo posto in Europa per la percentuale di occupati nel pubblico, infatti se compariamo il numero di dipendenti pubblici italiani con altri paesi europei vediamo che:.
Svezia 29%, Danimarca 28%, Finlandia 25%, Francia 22%, Grecia 18%, Gran Bretagna 16% e Spagna 15%. (dati da una recente elaborazione del “Centro Studi Impresa Lavoro” un istituto di ricerca sicuramente non “statalista”…) e non andiamo a paragonare gli stipendi degli altri paesi solo per decenza.
La pandemia sta tragicamente dimostrando come ci sia una straordinaria necessità di un massiccio piano di assunzioni per contrastare il deserto che è stato spianato per i servizi sanitari nel territorio a vantaggio della sanità privata ma anche in tutti quelli che sono i servizi all’utenza. Crediamo infatti che una volta cessata la pandemia non sia a favore dell’utenza piu’ svantaggiata e povera il teorizzare il rapporto con la pubblica amministrazione quasi esclusivamente online che significa avere come interlocutore della pubblica amministrazione quasi esclusivamente chi compie l’intermediazione e non il cittadino che si risolve la sua pratica.
Per il contratto dei pubblici dipendenti per il triennio 2019-2021 (scaduto da ben 2 anni) nella Legge di Bilancio si prevede quindi un aumento medio lordo di 95€ comprensivo pure della perequazione retributiva con i livelli piu’ bassi, non si destinano risorse ulteriori per la contrattazione decentrata, non si pensa ad un piano assunzionale in grado di dare risposte vere a dieci anni di blocco delle assunzioni, ed a partire dalla sanità si mettono in campo interventi parziali legati all’emergenza dovuta alla pandemia rivolgendo comunque sempre uno sguardo alle esternalizzazioni ed al privato.
La pandemia ha cambiato il rapporto dello stato con i suoi dipendenti?
Siamo passati dal definire “eroi” una fetta consistente di dipendenti pubblici (quelli impiegati nella sanità) al non riconoscere che lo sforzo per contrastare la pandemia, con ruoli si diversi, è stato attuato da tutto il corpo dei dipendenti pubblici .
Infine quando si arriva al dunque del nodo dei contratti viene negato il riconoscimento di un adeguato aumento salariale, uguale per tutti, aggiungiamo noi, per non aumentare le differenze ma per andare nella direzione di diminuirle per creare spirito di squadra e coesione sociale, l’esatto opposto , di quel parlare di meritocrazia senza ancorarla in realtà ad un miglioramento dell’intera amministrazione pubblica nel rapporto con il cittadino utente.
E’ o non e’ il servizio pubblico un bene comune, di tutti?
Infine siamo passati dall’inventare i più disparati metodi, (spendendoci anche cifre non indifferenti) dal tornello al controllo dell’iride, per inchiodare il dipendente pubblico al proprio posto di lavoro e ora sembra che anche una volta risolta la pandemia lo smart working non sia una possibile scelta ma una imposizione perche’ si pensa che abbatta i costi (dall’affitto degli immobili, al costo della forza lavoro non pagando i buoni pasto, non prevedendo lo straordinario ecc,).
No, non ci stiamo
siamo per i diritti dei lavoratori ,tutti i diritti, da uno stipendio dignitoso, al diritto di assemblea , alla tutela della salute in questa fase pandemica con controlli periodici e gratuiti per tutti quelli che lavorano in quel determinato stabile (lavoratrici delle pulizie incluse anche se dipendenti da ditte in appalto) e per migliorare il servizio all’utenza, a tutta l’utenza ,anche per quella che vuole rapportarsi direttamente senza sostenere l’onere di intermediazioni.
LA PANDEMIA NON PUO’ ESSERE LA GIUSTIFICAZIONE CHE CONSENTE AL GOVERNO DI CONTINUARE A TRATTARE I DIPENDENTI PUBBLICI COME LAVORATORI DI SERIE C