TFR/TFS nel Pubblico Impiego
Sentenza 22 novembre 2018, n. 213 della Corte Costituzionale : è la pietra tombale della speranza di porre fine alla discriminazione degli assunti nel pubblico impiego dal 2001 in poi…?
Ricapitoliamo la vicenda. Gli assunti nel Pubblico Impiego dal 1 gennaio 2001 in poi si trovano ad avere una trattenuta come TFS quando invece sono in regime di TFR e questa indebita trattenuta è stata resa possibile grazie ad un accordo sottoscritto da CGIL CISL UIL UGL il 29 luglio 1999, tradotto in legge da DPCM del 20/12/1999, così come specificato da una nota Aran del 30/01/2017 che è intervenuta sull’argomento, viste le innumerevoli cause, con esiti alterni, che sono presentate presso svariati Tribunali. In virtu’ di tale accordo i lavoratori pubblici assunti dal 2001 sono penalizzati due volte : a) dal calcolo della liquidazione secondo le regole del TFR che risultano penalizzanti rispetto al TFS; b) della decurtazione di un 2,5% di retribuzione (che si aggira tra i 30-40 euro mensili!), con la giustificazione che è per “evitare presunte differenze stipendiali con coloro, assunti prima del 31/12/200 che versano il contributo del 2,5% per l’indennita’ di Tfs”. La Corte Costituzionale con sentenza 244/2014, depositata il 28/10/2014 aveva confermato le ragioni degli assunti post 2001, non solo, ma in vari Tribunali i ricorrenti si sono visti restituire le cifre che avevano versato in più e questo è avvenuto nei Tribunali di Milano e Roma con sentenze del 2016 ma anche nel Tribunale di Padova con sentenza del 2015 che ordina con effetto immediato anche il non trattenere più nello stipendio dei ricorrenti la decurtazione del 2,5% , determinando di fatto un aumento del loro stipendio paragonabile all’aumento contrattuale che abbiamo avuto dopo ben nove anni di blocco! Ma analizziamo ora il comportamento di quei sindacati (CGIL CISL UIL UGL che con la loro firma all’accordo del 29 luglio 1999 ) sono stati all’origine del, per noi ingiusto, DPCM del 20/12/1999, e scopriamo che, sotto pressione anche dei loro iscritti che constatavano nei posti di lavoro l’adesione ai ricorsi proposti da vari sindacati di base o autonomi, hanno sostenuto raccolte firme e cause pilota contro quel DPCM !! Questo comportamento “schizofrenico”di questi sindacati firmatari dell’accordo del 29 luglio 1999 si è intensificato nel periodo delle votazioni per le elezioni rsu. Ora ci troviamo il macigno della sentenza n.213 /2018 della Corte Costituzionale che sostanzialmente afferma che dare ragione ai ricorrenti creerebbe una spesa non sostenibile per lo stato e che in fondo discriminazione non c’è, contraddicendo così la sentenza , sempre della Corte Costituzionale 244/2014. Crediamo che il movimento che di fatto si è creato per l’abolizione del “pizzo” sui colleghi assunti dal 2001 in poi non si debba infrangere negli scogli di una sentenza negativa della Corte Costituzionale ma pretendere che ci sia una soluzione sindacale di una vicenda sorta proprio da un cattivo accordo sindacale i cui contraenti con il sostenere cause pilota “contro quanto da loro sottoscritto” o il proporre raccolte firme sempre con l’obiettivo di far saltare l’iniqua trattenuta, di fatto ammettono di aver creato una grossa discriminazione tra lavoratori.
Come Adl Cobas continueremo la nostra battaglia e valuteremo con i nostri avvocati come affrontare la causa ancora in itinere sostenuta dal nostro sindacato che riguarda una settantina di dipendenti dell’Agenzia delle Entrate di Padova.
Giustizia è togliere il pizzo del 2,5% sugli assunti nel pubblico impiego dal 2001 in poi!