Dibattito intersindacale transnazionale con: ADL Cobas, Collettivo di Fabbrica GKN, OZZ Inicjatywa Pracownicza, SUD Solidaires
Le temperature senza precedenti, le piogge scarse, i fiumi secchi, i raccolti in calo, i ghiacciai che cedono e i morti per maltempo estremo che abbiamo visto questa estate sono la conferma di cui non avevamo bisogno. Siamo dentro la crisi ecologica, e non solo come destinatarie e destinatari degli impatti altamente disuguali della devastazione ambientale lungo le intersecantisi gerarchie di classe, “razza” e genere su scala globale. Siamo dentro la crisi perché, nella nostra società, la sussistenza della classe lavoratrice dipende dal lavoro capitalista e – di conseguenza – la maggior parte delle persone dipende dalla crescita infinita di produzione di merci per vivere. Il “ricatto occupazionale” non riguarda solo le grandi industrie altamente nocive come l’ex Ilva di Taranto, è una caratteristica intrinseca e trasversale del capitalismo, che si manifesta con intensità variabili in contesti diversi.
Gli interessi della classe lavoratrice sono spesso concepiti come incentrati sul posto di lavoro (posto sicuro, alti salari, sicurezza, ecc.). Senza dubbio, una redistribuzione della ricchezza attraverso più salario per meno orario aiuterebbe a superare il dilemma-ambiente lavoro riducendo la necessità stessa di creare e mantenere nuovi posti di lavoro. Tuttavia, sappiamo anche che non svaniamo dopo aver abbandonato i nostri posti di lavoro. Ritorniamo ai nostri quartieri, respiriamo l’aria fuori dalle fabbriche e dagli uffici, godiamo del nostro tempo libero mettendoci in relazione con i nostri territori. Gli interessi della classe, dunque, non risiedono solo nelle condizioni di produzione ma anche nelle condizioni di riproduzione (prezzi dei beni di consumo, servizi di welfare, territori salutari, ecc.).
La sfida di essere contro la crisi ecologica è quella di rompere il ricatto creando convergenza tra le lotte sul posto di lavoro e quelle sui territori. È questo un passaggio tutt’altro che automatico, perché la classe è frammentata in configurazioni occupazionali e residenziali altamente variegate, dato oggettivo che troppo spesso alimenta divisioni tra sindacalismo come espressione degli interessi sul posto di lavoro e ambientalismo di classe come espressione degli interessi territoriali. Si tratta invece di ricomporre queste segmentazioni al livello politico, costruendo piattaforme rivendicative volte ad articolare interessi sul posto di lavoro e interessi territoriali. In questo senso, la vertenza GKN ha senz’altro molto da insegnarci.
Essendo la produzione mercificata strutturalmente portata al degrado ambientale, se le transizioni del futuro saranno davvero ecologiche, saranno tese a respingere la frontiera della mercificazione, portando maggiori quote di creazione di ricchezza fuori mercato. Inoltre, gli aumenti dei prezzi del cibo e dell’energia – che nel corso di quest’anno hanno già generato mobilitazioni di massa e rivolte in molti paesi (Perù, Ecuador, Panama, Sri Lanka, Sierra Leone, ecc.) – confermano che l’ambientalismo non può evitare il nodo dei diritti sociali e che nessuna transizione ecologica sarà possibile senza una vera redistribuzione della ricchezza.
Una transizione ecologica dal basso può avanzare lungo le linee della demercificazione della produzione, la riduzione dell’orario di lavoro e la redistribuzione della ricchezza, come misure transizionali “oltre la fine del mondo”. La convergenza tra posti di lavoro e territori sarà un elemento decisivo per le ampie mobilitazioni necessarie affinché avvengano progressi in questo senso. Di questo discuteremo con compagne e compagni attivi nel sindacalismo conflittuale in Italia e in Europa.
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In and against the ecological crisis: Creating convergences to break the blackmail
8 September 2022, 6.30 pm
Transnational inter-union debate with: ADL Cobas, GKN Factory Collective, OZZ Inicjatywa Pracownicza, SUD Solidaires.
Gli interessi della classe lavoratrice sono spesso concepiti come incentrati sul posto di lavoro (posto sicuro, alti salari, sicurezza, ecc.). Senza dubbio, una redistribuzione della ricchezza attraverso più salario per meno orario aiuterebbe a superare il dilemma-ambiente lavoro riducendo la necessità stessa di creare e mantenere nuovi posti di lavoro. Tuttavia, sappiamo anche che non svaniamo dopo aver abbandonato i nostri posti di lavoro. Ritorniamo ai nostri quartieri, respiriamo l’aria fuori dalle fabbriche e dagli uffici, godiamo del nostro tempo libero mettendoci in relazione con i nostri territori. Gli interessi della classe, dunque, non risiedono solo nelle condizioni di produzione ma anche nelle condizioni di riproduzione (prezzi dei beni di consumo, servizi di welfare, territori salutari, ecc.).
La sfida di essere contro la crisi ecologica è quella di rompere il ricatto creando convergenza tra le lotte sul posto di lavoro e quelle sui territori. È questo un passaggio tutt’altro che automatico, perché la classe è frammentata in configurazioni occupazionali e residenziali altamente variegate, dato oggettivo che troppo spesso alimenta divisioni tra sindacalismo come espressione degli interessi sul posto di lavoro e ambientalismo di classe come espressione degli interessi territoriali. Si tratta invece di ricomporre queste segmentazioni al livello politico, costruendo piattaforme rivendicative volte ad articolare interessi sul posto di lavoro e interessi territoriali. In questo senso, la vertenza GKN ha senz’altro molto da insegnarci.
Essendo la produzione mercificata strutturalmente portata al degrado ambientale, se le transizioni del futuro saranno davvero ecologiche, saranno tese a respingere la frontiera della mercificazione, portando maggiori quote di creazione di ricchezza fuori mercato. Inoltre, gli aumenti dei prezzi del cibo e dell’energia – che nel corso di quest’anno hanno già generato mobilitazioni di massa e rivolte in molti paesi (Perù, Ecuador, Panama, Sri Lanka, Sierra Leone, ecc.) – confermano che l’ambientalismo non può evitare il nodo dei diritti sociali e che nessuna transizione ecologica sarà possibile senza una vera redistribuzione della ricchezza.
Una transizione ecologica dal basso può avanzare lungo le linee della demercificazione della produzione, la riduzione dell’orario di lavoro e la redistribuzione della ricchezza, come misure transizionali “oltre la fine del mondo”. La convergenza tra posti di lavoro e territori sarà un elemento decisivo per le ampie mobilitazioni necessarie affinché avvengano progressi in questo senso. Di questo discuteremo con compagne e compagni attivi nel sindacalismo conflittuale in Italia e in Europa.
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In and against the ecological crisis: Creating convergences to break the blackmail
8 September 2022, 6.30 pm
Transnational inter-union debate with: ADL Cobas, GKN Factory Collective, OZZ Inicjatywa Pracownicza, SUD Solidaires.
The unprecedented temperatures, scarce rains, dry rivers, diminishing harvests, collapsing glaciers, and deaths by extreme weather we witnessed this summer are the confirmation twe did not need. We are in the ecological crisis, and not just as the receivers of the highly unequally distributed impacts of environmental devastation along intersecting class, “race”, and gender hierarchies on a global scale. We are in the crisis because, in our society, the subsistence of the working class depends on capitalist work, and thus most people rely on the infinite growth of commodity production to live. The “job blackmail” does not concern highly noxious industries such as Taranto’s Ex ILVA steelworks only, it is an intrinsic and transversal feature of capitalism, which becomes manifest with variable intensities in different contexts.
Working-class interests are often conceived as workplace-centred (job security, high wages, health and safety, etc.). Indeed, wealth redistribution via higher wages for shorter hours would help to overcome the jobs versus environment dilemma by reducing the need for jobs in the first place. However, we also know well that we do not vanish after exiting our workplaces, we rather return to our neighbourhoods, breathe the air outside factories and offices, enjoy our free time by relating to our communities. Class interests do not lie in the conditions of production only, but also in our conditions of reproduction (consumer prices, welfare services, healthy ecologies, etc.).
The challenge of being against the ecological crisis is that of breaking the capitalist blackmail by creating convergences between workplace and community struggles. This move is far from automatic, because the working class is fragmented along widely different occupational and residential configurations, an objective datum that much too often fuels divisions between trade unionism (as the expression of workplace interests) and class environmentalism (as the expression of community interests). It is rather about recomposing these intra-class segmentations on a political level, building platforms of demands aiming to articulate workplace and community interests together. The GKN dispute has no doubt much to teach us in this regard.
As commodified production is structurally geared towards environmental degradation, if the transitions of the future are to really be ecological, they must aspire to push back the frontier of commodification, bringing higher shares of wealth creation outside of the market. Moreover, the recent hikes in food and energy prices – which over 2022 have already generated mass mobilisations and riots in several countries (Peru, Ecuador, Panama, Sri Lanka, Sierra Leone, etc.) – are a confirmation that environmentalism cannot avoid the question of social rights and that no real ecological transition will be possible without a radical redistribution of wealth.
An ecological transition from below needs a decommodification of production, a reduction of working hours, and a global redistribution of wealth as transitional measures “beyond the end of the world”. Convergences between workplace and community struggles will be a key element to the broad mobilisations necessary to make progress along such lines. We will discuss these issues together with comrades active in class trade unionism in Italy and Europe.
Working-class interests are often conceived as workplace-centred (job security, high wages, health and safety, etc.). Indeed, wealth redistribution via higher wages for shorter hours would help to overcome the jobs versus environment dilemma by reducing the need for jobs in the first place. However, we also know well that we do not vanish after exiting our workplaces, we rather return to our neighbourhoods, breathe the air outside factories and offices, enjoy our free time by relating to our communities. Class interests do not lie in the conditions of production only, but also in our conditions of reproduction (consumer prices, welfare services, healthy ecologies, etc.).
The challenge of being against the ecological crisis is that of breaking the capitalist blackmail by creating convergences between workplace and community struggles. This move is far from automatic, because the working class is fragmented along widely different occupational and residential configurations, an objective datum that much too often fuels divisions between trade unionism (as the expression of workplace interests) and class environmentalism (as the expression of community interests). It is rather about recomposing these intra-class segmentations on a political level, building platforms of demands aiming to articulate workplace and community interests together. The GKN dispute has no doubt much to teach us in this regard.
As commodified production is structurally geared towards environmental degradation, if the transitions of the future are to really be ecological, they must aspire to push back the frontier of commodification, bringing higher shares of wealth creation outside of the market. Moreover, the recent hikes in food and energy prices – which over 2022 have already generated mass mobilisations and riots in several countries (Peru, Ecuador, Panama, Sri Lanka, Sierra Leone, etc.) – are a confirmation that environmentalism cannot avoid the question of social rights and that no real ecological transition will be possible without a radical redistribution of wealth.
An ecological transition from below needs a decommodification of production, a reduction of working hours, and a global redistribution of wealth as transitional measures “beyond the end of the world”. Convergences between workplace and community struggles will be a key element to the broad mobilisations necessary to make progress along such lines. We will discuss these issues together with comrades active in class trade unionism in Italy and Europe.