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ADL Cobas > Blog > Privato > Lavoro Povero > Un 8 marzo di lotta
Lavoro DomesticoLavoro PoveroSociale

Un 8 marzo di lotta

adlcobas
di adlcobas Pubblicato 9 Marzo 2019 9 minuti di lettura 1k Visualizzazioni
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9 minuti di lettura
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Nella giornata dello sciopero globale delle donne, come ADL COBAS abbiamo attraversato i cortei e le piazze lanciate dal movimento NON UNA DI MENO ma abbiamo anche scioperato in numerosi luoghi di lavoro del settore pubblico e del privato.

Come Adl Cobas abbiamo gridato il nostro rifiuto a qualunque forma di violenza nei confronti delle donne: violenza contro le donne che avviene prevalente nella sfera domestica, ma anche nei luoghi di lavoro dove sono ancora troppi i casi di molestie, violenze e ricatti sessuali.
Oggi abbiamo scioperato anche per portare all’attenzione di tutte e tutti le discriminazioni di genere che ancora oggi avvengono nel mondo del lavoro. Ci teniamo a ricordare che solo la metà delle donne rispetto agli uomini è impiegata in profili dirigenziali, nonostante via sia una maggiore qualificazione ed il possesso di titoli di studio mediamente più elevati. La differenza retributiva media di genere nel privato è di 100 euro (1.400 euro per gli uomini, 1.300 per le donne), ma nei livelli di inquadramento più alti le differenze sono anche più forti.
Le più basse retribuzioni e la posizione più bassa all’interno dei profili professionali,
portano inevitabilmente ad una maggiore povertà anche nelle pensioni che verranno
percepite. Rispetto alle pensioni, se prendiamo in considerazione un campione di 10 donne e 10 uomini, troviamo che 5 donne su 10, cioè la metà, prendono meno di 1000 euro di pensione mentre gli uomini che prendono meno di 1000 euro sono solo 2 su 10.
Per quanto riguarda i tipi di contratto, più di un terzo delle donne è assunta a tempo
parziale, rispetto a meno di 1/10 degli uomini. Pensiamo alle lavoratrici del comparto
delle pulizie che quasi sempre devono subire il part time. Ma anche quando il lavoro part time non è l’unica scelta disponibile, per molte donne lo diventa per la mancanza di servizi: il peso del lavoro domestico e di cura continua infatti a gravare sulle spalle delle donne.
Probabilmente non è una novità per nessuno che in una coppia in cui entrambi i partner lavorano, la donna continua a farsi carico di più del 70% delle incombenze familiari.
I dati ci indicano che una gran parte di donne dichiara di non essere alla ricerca di un
lavoro perché deve prendersi cura dei bambini o di altre persone non autosufficienti
della famiglia. Tra queste le donne migranti con figli si trovano ad essere ancora più
in difficoltà perché in molti casi non hanno una rete familiare di supporto. Sempre più spesso ci capita di sentire lavoratrici costrette a dare le dimissioni entro i primi 12 mesi del bambino per poter stare a casa con i figli, e in molti casi capita che quando una donna si presenta ad un colloquio di lavoro le viene chiesto, tra le varie domande, se ha figli e se ha intenzione di farne.
Mentre si investono miliardi in grandi opere inutili o dannose per l’ambiente (come MOSE o TAV) o in spese militari, non si investe nulla per migliorare la qualità e aumentare servizi accessibili a tutte e tutti. Per questo oggi abbiamo scioperato e siamo scese in piazza per chiedere servizi adeguati in grado di permettere a tutte coloro che lo vogliono di entrare nel mondo del lavoro, ma anche perchè venga riconosciuto il valore economico del lavoro di cura svolto all’interno delle nostre case.
Il reddito che oggi abbiamo chiesto non è il reddito di cittadinanza pensato da questo governo. La misura che il governo ha fatto è un’integrazione al reddito familiare che potrà arrivare al massimo ad un reddito complessivo della famiglia di 9.360 euro e per avere questa integrazione sarà necessario che tutta la famiglia, tutti i componenti del nucleo familiare, osservino rigidi programmi predisposti dai centri per l’impiego o dai servizi sociali. Senza entrare nel merito delle sanzioni previste per chi non rispetta il regolamento del reddito di cittadinanza questa misura costringerà ad accettare un’offerta di lavoro prima entro i 100 km, poi i 250 km e infine in tutta Italia. Come potrà essere a sostegno di un genitore con figli o con familiare da accudire?
Il reddito che vogliamo e che oggi abbiamo chiesto a gran voce è un reddito svincolato dall’umiliazione e dall’obbligo di riconoscenza. Vogliamo sì un reddito minimo di cittadinanza, ma come strumento di autonomia e di liberazione e che sia universale, slegato dalla cittadinanza, e incondizionato in un ottica di maggiore redistribuzione della ricchezza.

Cronaca della giornata

Padova
Lo sciopero ha visto una adesione particolarmente significativa delle lavoratrici delle pulizie che hanno arricchito la piattaforma generale della giornata con la denuncia delle disuguaglianze economiche connesse al part-time involontario, la riduzione delle ore e l’aumento dei ritmi di lavoro. Le lavoratrici e i lavoratori hanno raggiunto il corteo lanciato da Non Una di Meno che ha attraversato il centro della città per circa 3 ore.

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Emilia Romagna
Manifestazione delle lavoratrici e dei lavoratori del sociale sotto la sede di Lega Coop e della Regione lanciata da ADL COBAS e da una rete di associazioni di educatori. Tre le tematiche principali sollevate: salvaguardia dei posti di lavoro nel settore dell’accoglienza minacciati dalla legge Salvini; contestazione degli effetti della legge ex-Iori; rinnovo e miglioramento del CCNL di categoria a partire dalla piattaforma di ADL COBAS, SIAL COBAS e della rete dei collettivi degli educatori.
La grande presenza di lavoratori provenienti da tutta la regione (con una delegazione dalle Marche) ha portato ad ottenere un incontro con l’assessore Gualmini in cui abbiamo affrontato tutti i temi alla base dello sciopero di oggi.
Uno sciopero che attraversa e interseca lo Sciopero Globale femminista, per questo i lavoratori e lavoratrici nel pomeriggio hanno partecipato alla manifestazione di Non Una di Meno.
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Vicenza
Lo sciopero si è concentrato alla Staff International con le lavoratrici della Cooperativa Primecoop assieme alle lavoratrici della Diesel di Marostica. Al centro i diritti delle lavoratrici, la flessibilità oraria reale per madri e padri in modo da conciliare il tempo di vita e di lavoro, l’adeguamento del testo unico della maternità. A fianco a queste si sono aggiunte le rivendicazioni sindacali contro la banca ore, i trasferimenti e per l’applicazione dell’accordo Fedit – Adl Cobas anche ai magazzini di Trissino, Marostica e Noventa Vicentina.
La sera le lavoratrici e i lavoratori hanno attraversato la manifestazione lanciata da Non Una di Meno.
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Treviso
(in via di aggiornamento)

Venezia
(in via di aggiornamento)

Verona
Nella giornata dello sciopero globale delle donne, attivisti/e di Adl Cobas assieme alle lavoratrici in lotta alla Traconf Armani, con la partecipazione di attiviste di NUDM, hanno tenuto un presidio all’INPS denunciando la condizione delle operaie Traconf, vittime di soprusi all’ interno del magazzino, e la difficile situazione creatasi per 14 di esse, in maternità, licenziate in un recente cambio di appalto. Solo la lotta delle lavoratrici, sostenute dai compagni di lavoro e da Adl, ha permesso la revoca dei licenziamenti. E stata inoltre denunciata l’esiguità- da fame- dell’inndennita di maternità che non consente a una lavoratrice – sia pure con anzianità – di avere un reddito sufficiente a provvedere alle necessità familiari. Il presidio ha poi partecipato alla manifestazione veronese di NUDM
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Chi siamo

L’ADL Cobas (come “associazione difesa lavoratori”) nasce nel 1992 dall’esperienza politica e sociale sviluppatasi lungo il decennio degli anni 80 nella Bassa Padovana attorno alle lotte contro la ristrutturazione, il decentramento, i licenziamenti, la precarizzazione del lavoro e la devastazione ambientale in quei territori. 


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Il Tribunale di Milano riconosce il diritto del dipendente a percepire un trattamento retributivo proporzionato alla quantità e qualità del lavoro prestato e, in ogni caso, sufficiente ad assicurare al lavoratore e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa
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