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ADL Cobas > Blog > Sociale > Diritto alla Casa > Bologna: occupata “Casa Vacante”!
Diritto alla Casa

Bologna: occupata “Casa Vacante”!

ADL-Cobas Emilia Romagna
di ADL-Cobas Emilia Romagna Pubblicato 7 Ottobre 2022 7 minuti di lettura 2.2k Visualizzazioni
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7 minuti di lettura
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La mattina del 5 ottobre è stata occupata da giovani studentx e precari-e una palazzina sfitta da quasi un decennio e messa in vendita dalla proprietà dell’ente comunale ASP (Azienda Servizi alla Persona), sita in via Capo di Lucca, 22, nel pieno centro di Bologna.

L’occupazione, che prende il nome di Casa Vacante, nasce grazie all’intreccio tra i percorsi del collettivo di studenti e studentesse precarie LUnA e quello dell’ADL Cobas come risposta alla conclamata e grave crisi abitativa che sta colpendo il capoluogo emiliano-romagnolo.

Infatti a Bologna stanno ormai esplodendo le contraddizioni di un modello economico metropolitano estrattivista fortemente basato sulla turistificazione della città. L’espansione indiscriminata di piattaforme come Airbnb, che sfrutta i crescenti flussi turistici trainati dallo strapotere economico di Ryanair sullo sviluppo dello snodo aeroportuale, sta inesorabilmente ridisegnando il tessuto sociale cittadino, trasformando il territorio cittadino di Bologna in una grande “casa vacanze”.

L’ombra lunga del modello estrattivista, incarnato da capitalisti di piattaforma e holding immobiliariste, anche internazionali, che si muovono prevalentemente sul mercato degli affitti brevi ma anche su quello degli studentati ad altro costo, ha distorto drammaticamente il mercato della casa, erodendo l’offerta abitativa residenziale non solo del centro urbano ma perfino della cintura periferica e dell’area metropolitana, rendendo insostenibili i costi per l’affitto (singole a 700€, doppie a 450€, persino posti-divano a 350€!), che si sommano a quelli delle utenze già schizzate alle stelle in modo generalizzato.

Tra la composizione maggiormente colpita dal fenomeno buona parte è rappresentata da precariato sociale formato da studenti e studentesse, precarx più o meno giovani che hanno finito il ciclo di studi e che da anni lavorano, producono ricchezza economica, sociale e culturale, coltivano legami e sono ormai parte integrante del territorio e però non riescono più a sostenere il costo della vita attuale. Se il 50%, o spesso molto di più, delle proprie entrate vengono risucchiate esclusivamente da affitto e da utenze, è chiaro che si è davanti ad un taglio importante delle possibilità economiche e sociale delle persone e persino di sviluppo della città stessa.

Un modello che attacca il reddito e basa il suo funzionamento sulla feroce estrazione di valore dalle forme di vita, di relazione, di cooperazione sociale che si sviluppano nella società del territorio metropolitano, riproducendo dunque lavoro povero, precario, “a cottimo”, erodendo gli spazi di autonomia e di libertà, negando a soggetti centrali dello sviluppo urbano il diritto alla città.

D’altra parte di fronte all’evidente crisi abitativa, l’Amministrazione bolognese ha intrapreso misure (come lo stop alla vendita di alloggi ERP, nuovi accordi per canone concordato) che potranno forse avere un effetto solo a medio-lungo periodo, ma che rischiano di essere del tutto vanificate se non verranno messi in campo degli interventi straordinari nel brevissimo periodo. La velocità di cambiamenti in atto sta aumentando a ritmi vertiginosi e le conseguenze sono profonde e dirompenti.

Lo Sportello per il diritto all’abitare ADL Cobas negli ultimi due anni ha raccolto a questo proposito i più svariati casi di disagio abitativo: persone che non trovano casa, che la perdono, che vivono in scantinati a prezzi inaccessibili; studenti e studentesse che hanno rischiato e rischiano di lasciare la città, nuclei che sono stati allontanati dal tessuto cittadino dopo aver contribuito a renderlo vivo per decenni, per non parlare di tantissimx singolx, assoggettatx al lavoro povero, che a causa del contesto economico e del carovita non hanno più possibilità di vivere degnamente.

ADL Cobas sostiene Casa Vacante come gesto niente affatto ideologico ma concreto e ben piantato nella realtà, e supporta i/le precari-e che in questo modo lottano contro la turistificazione selvaggia e rivendicano reddito liberato da carovita e dallo sfruttamento del lavoro.

L’occupazione di Casa Vacante è dunque un atto che mira alla risoluzione di una esigenza concreta, ma al contempo afferma che in un contesto abitativo al collasso servono atti coraggiosi. Serve ammettere la condizione di partenza e trovare strumenti prorompenti di fronte a mancanze e scarsa visione progettuale della città. Un atto trasformativo e radicale che intende rilanciare pratiche positive di riappropriazione di forme di reddito, eroso dalla crisi energetica e dalla spirale inflattiva, ed ora sotto attacco anche nella sua forma, seppur assolutamente parziale e insufficiente, di erogazione monetaria diretta -il reddito di cittadinanza- da parte di una destra regressiva e conservatrice che sta per insediarsi al Governo.

In questa ripresa di una pratica di riappropriazione diretta può inoltre trovare senso la sperimentazione di spazi di co-costruzione innovativi dello stare insieme e dell’abitare; così come possono nascere hub dei saperi capaci di produrre ad esempio forme di autonomia e sostenibilità energetica replicabili oppure di inventare nuove forme amministrative di controllo contro la speculazione immobiliare privata, prendendo magari spunto dai risultati prodotti da movimenti per il diritto alla città europei, come ad Amsterdam o Barcellona.

Nuovi modi di rigenerazione e creazione di comunità autonome e consapevoli nel tessuto urbano che cospirino per costruire pratiche nuove del conflitto capaci di fare male alle nuove forme del comando finanziario. Cominciando col riprendersi il diritto a restare a vivere nelle città. Per costruire proposte serie, radicali, trasformative, che provino a dialogare con chi si occupa di questi temi nella vita, nella militanza, nel lavoro, nel tempo libero.

Con l’auspicio che altre Case vacanti nascano nelle città europee, dove le conoscenze si mischiano e cercano spazi per esprimere energie di cambiamento.

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L’ADL Cobas (come “associazione difesa lavoratori”) nasce nel 1992 dall’esperienza politica e sociale sviluppatasi lungo il decennio degli anni 80 nella Bassa Padovana attorno alle lotte contro la ristrutturazione, il decentramento, i licenziamenti, la precarizzazione del lavoro e la devastazione ambientale in quei territori. 


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