E’ passato un anno da quando il 21 febbraio 2020 si è ufficialmente dichiarato che il virus covid-sars 19 era presente nel nostro Paese. Siamo entrati nel 2° D.P. [Dopo Pandemia] ed abbiamo di fronte una condizione socio-sanitaria allarmante, con dietro l’angolo una possibile terza ondata di contagi. La vita sociale e civile continua ad essere sospesa, residuando una rappresentazione fredda e statica di quella che vorrebbe e dovrebbe essere. Di fronte al dramma, vicino a noi, di quasi 100.ooo morti siamo tutti, giustamente, allarmati e preoccupati nel affrontare la vita di tutti i giorni, tanto più quella posta al lavoro. Infatti mai si è fermato il lavoro, e nei luoghi della sua erogazione, solo dove l’organizzazione dei lavoratori si è fatta sentire con forza e determinazione, vi sono state adottate misure protettive adeguate, si è praticato un monitoraggio costante.
Sono stati, da poco, resi noti i dati ufficiali dell’INAIL relativi all’incidenza del contaggio da COVID nel mondo dei lavori: sono un pugno nello stomaco. Tanto più, se si rammenta, che, appunto, sono dati ufficiali risultanti dal lavoro censito e regolare in imprese censite e certificate, mentre – lo sanno tutt* – circa 5 milioni di lavoratori sono informali, irregolari, in nero. Purtroppo l’incidenza di mortalità da COVID riferibile direttamente al lavoro va notevolmente incrementata: una strage sull’altare del profitto.
Sono 147.875 i contagi sul lavoro da Covid denunciati all’Inail fino a gennaio 2021 e quasi due terzi (il 62,3%) sono riferiti alla seconda ondata, tra ottobre e gennaio 2021. Lo fa sapere l’Inail sottolineando che solo a gennaio sono arrivate 16.785 denunce di contagio sul lavoro. Dall’inizio dell’epidemia le morti sul lavoro per Covid denunciate sono state 461, 38 a gennaio. I contagi sono circa un quarto delle denunce complessive di infortunio sul lavoro dall’inizio del 2020 e al 5,8% dei contagiati naziona-li totali comunicati dall’Istitu-to superiore di sanità (Iss) alla fine di gennaio. Particolarmente grave è risultata la seconda ondata: un quarto dei contagi si è concentrato al momento della sua vera e propria esplosione: novembre (25,3%) che supera marzo (19,2%), ottobre (15,9%), dicembre (15,1%) e aprile (12,4%), mentre gennaio 2021 segna il 6% del totale. Il 72,9% dei decessi sono avvenuti nel trimestre marzo-maggio 2020, con un picco del 40,8% nel solo mese di aprile.
I casi mortali riguardano soprattutto gli uomini (82,9%) e le fasce di età 50-64 anni (71,1%) e over 64 anni (19,1%). Il rapporto tra i generi si inverte se si guarda alle denunce. La quota femminile sul totale, infatti, è pari al 69,6% e sale al 70,4% per i casi avvenuti in gennaio. L’età media dei contagiati dall’inizio dell’epidemia è di 46 anni (59 per i casi mortali). Oltre un quarto delle denunce di contagio sul lavoro arriva dalla Lombardia (27,1%). Tra le attività produttive, il settore della sanità e assistenza sociale – che comprende ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili – si conferma al primo posto con il 68,8% del totale delle denunce e il 25,9% dei decessi codificati. Con il 39,2% delle denunce, l’82,7% delle quali relative a infermieri, e l’11,2% dei casi mortali codificati (il 68,0% infermieri), la categoria dei tecnici della salute è quella più coinvolta dai contagi. In questi dati non rientrano i medici di famiglia che non sono tutelati dall’Inail.
Tra le altre professioni spiccano quelle degli impiegati amministrativi, con il 3,9% delle denunce e il 10,7% dei casi mortali, degli addetti ai servizi di pulizia, dei conduttori di veicoli e dei direttori e dirigenti amministrativi e sanitari. Questi dati tremendi sarebbero sottostimati, soprattutto se si considera la numerosa platea di lavoratori particolarmente esposti al contagio che, non essendo assicurati all’Inail, sfuggono alle statistiche dell’Istituto». È il caso, ad esempio, «dei medici di famiglia o dei medici liberi professionisti che fin dall’inizio della pandemia sono stati i primi a pagare un prezzo altissimo in termini di perdita di vite umane. Troppi lavoratori stanno pagando con la loro vita la poca attenzione ai protocolli e a tutta la tematica di Salute e Sicurezza sul Lavoro».
Il settore al momento che risulta essere più protetto è l’agricoltura, con appena lo 0,3% dei contagi. Lo sostiene la Coldiretti, glissando sul dato di fatto che il 70% del lavoro dipendente in agricoltura sfugge a qualsiasi statistica, posto che è lavoro irregolare e ‘nero’.