UNA BATTAGLIA PER LA LEGALITÀ E PER LA DIGNITÀ, NEL FEUDO DELLA SESA!
Stiamo andando verso la conclusione di una lunga vicenda che ha visto protagonisti una ventina di lavoratori di una cooperativa in appalto alla SESA.
Lavoratori che hanno deciso di cambiare un sistema, ormai consolidato negli anni, che si reggeva su sfruttamento, ricatti ed estrema precarietà. E lo hanno fatto raccontando pubblicamente quanto accadeva all’interno di una azienda che vorrebbe essere il fiore all’occhiello dell’amministrazione di Este e del territorio.
La SESA SPA è una azienda di Este (PD) a prevalente capitale pubblico (il 51% della società è detenuto dal comune dei Este) che si occupa della raccolta differenziata, attività di recupero dei rifiuti e smaltimento. Gestisce nello stesso sito una discarica, un impianto di compostaggio, ed un cogeneratore per la produzione di energia elettrica.
Ha oltre 300 dipendenti diretti mentre il servizio della cernita del materiare in entrata, proveniente dalla raccolta differenziata di un bacino di oltre 300.000 abitanti, è affidato alla cooperativa Work Ambiente che fa parte del consorzio Work Service Group.
La storia è ormai nota: il 4 novembre scorso, alcuni lavoratori della cooperativa WORK AMBIENTE si rivolgono all’ADL COBAS, segnalando i difficili rapporti di lavoro con la cooperativa e diverse irregolarità nelle buste paga: parliamo di ore straordinarie oltre i limiti di legge; contratti di lavoro individuali ingiustificati (contratti a termine, livelli inadeguati, retribuzione conglobata); retribuzione inferiore a quella contrattualmente prevista; addebiti poco chiari in busta paga; uso irregolare dell’indennità di trasferta.
A gennaio 2016, per “sanare” una situazione analoga dal punto di vista retributivo, un sindacalista della Uil, “si presta” per far firmare ai lavoratori una conciliazione attraverso cui, per 50, 100, 150 euro (una miseria in confronto a quanto sarebbe stato loro diritto pretendere), rinunciavano a qualsiasi pretesa nei confronti di Work Ambiente, del consorzio Work Service e della SESA. Facendo risparmiare centinaia di migliaia di euro, in particolare alla Work Ambiente ed al consorzio, e mettendo al riparo la SESA da eventuali cause.
I lavoratori, inoltre, segnalarono una scarsa attenzione alla sicurezza e vari tentativi, da parte dell’azienda, di “convincere” i soci a non denunciare gli infortuni sul lavoro.
Infine, emerse che i diversi cambi di appalto effettuati nel corso degli anni (avvenuti in maniera assolutamente fittizia in quanto cambiava solo il nome ma non la dirigenza), erano stati effettuati senza alcuna garanzia per i diritti acquisiti e/o maturati nel tempo.
Il 18 novembre, quattro giorni dopo aver inviato le iscrizioni all’ADL COBAS e l’inoltro della richiesta di un incontro sindacale, la cooperativa decide di trasferire i lavoratori, comunicando loro tale decisione attraverso un SMS. In seguito, tale sospensione viene motivata da un fermo impianto per manutenzione, deciso dalla SESA, che era in programma da diversi mesi. Un tempismo quantomeno sospetto!
La verità è che i lavoratori sono stati sospesi perché si sono iscritti al sindacato ADL COBAS ed hanno “osato” chiedere la legalità nel loro posto di lavoro!
L’epilogo di questa giusta battaglia, condotta dai lavoratori e sostenuti dall’ADL COBAS, non è stato quello che si auspicava: il reimpiego di tutti i lavoratori in SESA, nel pieno rispetto della loro dignità e di quanto previsto nel CCNL.
Attraverso le iniziative sindacali messe in campo in questi mesi, però, è stato ottenuto, quantomeno, un riconoscimento economico dignitoso per tutti i lavoratori coinvolti in quella che non esitiamo a descrivere come una vergognosa discriminazione antisindacale, messa in atto da un ampio schieramento di poteri forti (dalla SESA al comune di Este ai sindacati confederali), i quali hanno fatto quadrato, con tutta la loro arroganza, contro chi ha reclamato i propri diritti, denunciando l’illegalità ed il lassismo che imperversava dentro i capannoni della SESA.
Crediamo che la battaglia di questi lavoratori abbia veicolato ai cittadini un messaggio forte: che non è tutto oro quello che luccica e che é doveroso far emergere gli abusi, i soprusi, l’arroganza e le illegalità che si nascondono dietro un contratto di lavoro e/o una busta paga fasulla.
Resta la certezza che per cambiare in meglio questo mondo, per combattere la corruzione, il malaffare, non servono i proclami roboanti di politici, amministratori e, purtroppo, anche di molti sindacalisti della triplice, sempre più prostrati ai poteri forti: bisogna essere protagonisti, denunciare le illegalità, pretendere i propri diritti, con una risposta “dal basso” determinata, che sappia smascherare le connivenze che consentono il proliferare di forme di sfruttamento dei lavoratori e l’azzeramento dei loro diritti.
Monselice, 20 marzo 2018