Giovedì 18 maggio, alle ore 10 presso il Tribunale di Forlì, si svolgerà l’udienza per il ricorso al decreto penale di condanna che colpisce due delegati sindacali, Manila e Stefano, condannati per manifestazione non autorizzata e per oltraggio a pubblico ufficiale con un decreto penale che prevede condanne a qualche mese di reclusione e sanzioni accessorie come multe rispettivamente di 3.150 euro e 4.000 euro.
Sia Manila che Stefano sono stati molto attivi nel ciclo di lotte degne nella logistica a Pievesestina in due cantieri particolarmente rilevanti per la logistica nazionale, quello Artoni e quello della Centrale Adriatica (Coop/Aster Coop).
E’ passato oramai più di un anno e mezzo dagli ultimi scioperi e blocchi, che hanno rappresentato un’avanguardia nelle lotte nel territorio della Romagna, soprattutto perché hanno fatto emergere quello che poi si è concretizzato in questi ultimi mesi: la crisi e il fallimento di Artoni (http://bit.ly/2qrhqbE) per debiti che si aggirano sui 133 milioni di euro, per lo più verso banche e fornitori e situazioni generalizzate di insolvenza nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici e l’indagine ai danni dei dirigenti di Centrale Adriatica in Emilia Romagna (http://bit.ly/2nwSOeF).
La Procura di Bologna ha infatti inviato, ad inizio aprile, 18 avvisi di fine indagine per lesioni colpose gravi a vertici e dirigenti di Centrale Adriatica di Anzola, il Pm contesta di non aver valutato per anni il rischio da sovraccarico a cui erano sottoposti 56 dipendenti, si parla di ernie discali, tendiniti varie, sindromi del tunnel carpale e altre patologie muscolo-scheletriche sono solo alcune delle malattie professionali contratte negli anni da 56 lavoratori della sede di Anzola Emilia di Centrale Adriatica, società che si occupa di logistica, stoccaggio, movimentazione e spedizione merci per le Coop del distretto adriatico.
In entrambi i casi Artoni e Centrale Adriatica (la situazione del cantiere di Pievesestina è molto più grave di quella di Anzola, un vero e proprio cantiere/istituzione totale sui lavoratori e le lavoratrici occupate), attraverso i blocchi e gli scioperi spontanei abbiamo provato ad agire una leva sulle istituzioni preposte e su quelle politiche affinché si trovasse una soluzione e il ripristino dei diritti: dalla piena applicazione del CCNL del settore, al tema della salute e sicurezza nel lavoro contro infortuni e malattie professionali, la difesa del posto di lavoro degno contro i ricatti di un modello produttivo disumano per scongiurare problematiche sociali che invece si sono date anche violentemente, come gli sfratti dei lavoratori Artoni, ingiustamente licenziati per queste rivendicazioni.
Abbiamo subito tre processi, tutti archiviati dal giudice del Tribunale di Forlì, Lucia del Bianco, archiviazioni che hanno, di fatto, dato piena legittimità alle pratiche di picchettaggio e blocco delle merci all’interno delle attività sindacali come rientranti pienamente nell’esercizio del diritto di sciopero sancito dall’art. 40 della Costituzione e dalle varie applicazioni di esso in concreto attraverso gli orientamenti giurisprudenziali e normativi.
Ma la Questura locale ha voluto utilizzare uno strumento conosciuto a chi pratica il terreno dell’autorganizzazione e della lotta sindacale, il DECRETO PENALE DI CONDANNA, provando così a riscrivere il senso di quelle lotte derubricandole ad un problema di ordine pubblico con l’intento di colpire, nonostante le precedenti assoluzioni, chi ha dato corpo e voce alle giuste rivendicazioni dei lavoratori e delle lavoratrici che attraverso ADL Cobas hanno dato vita a quel ciclo di lotte, che oggi più che mai, alla luce di quanto accaduto sia in Artoni che in Centrale Adriatica, ci dicono che avevamo ragione e che le responsabilità di quanto accaduto siano tutte in carico ai sindacati confederali del territorio sempre dalla parte dei padroni in nome di una cultura lavorista che sposa lo schiavismo moderno pur di conservare il posto di lavoro ma anche delle istituzioni locali, in primis il Comune, la Prefettura e la Questura, ligi a difendere una legalità funzionale ad imporre un nuovo modello di lavoro e di produzione flessibile, mal retribuito, sotto ricatto.
Per questo crediamo che sia importante promuovere un presidio fuori dal Tribunale di Forlì in occasione della prossima udienza, affinché un patrimonio di lotte e iniziative che ha avuto il merito di far emergere quanto stava per accadere sia in Artoni che in Centrale Adriatica, non venga punito ma anzi legittimato e riconosciuto come giusto e necessario per cambiare lo stato di cose presenti e ridare potere ai lavoratori e alle lavoratrici.
Ci vediamo alle ore 10.00 davanti al Tribunale di Forlì.
Tocchi uno Tocchi tutti! Le lotte degne non si processano.
#MaiSchiavi #MaiSchiave