Sardine. Dopo un mese dal primo pallone nella pubblica piazza di Bologna le sardine, dopo aver festeggiato con il pienone a piazza San Giovanni in Roma, le quattro settimane di gran pallonate di sarde realizzate in decine e decine di città di tutt’Italia, i referenti territoriali – oltre un centinaio – si sono incontrati per la prima volta de visu a Roma, per discutere tra loro nello scantinato dello Spin Time Lab. Questo è uno spazio autogestito dentro una delle più importanti occupazioni residenziali romane, quello stesso a cui l’Elemosiniere vaticano, su mandato di papa Francesco, ha riallacciato la corrente elettrica, depennando, con un decreto caritatevole e solidale, le prescrizioni del Piano Casa del Governo Renzi [L.80/14]. Un luogo simbolico, dunque, dove si è inverato, tramite, appunto, un decreto caritatevole ab divino, il concetto che la giustizia sociale supera la legalità, quella stessa – il decreto Salvini – che le sardine, in quanto abitanti del mare, ma non solo, mettono, per prima, in lista per l’abrogazione. Lo hanno detto nelle piazze per un mese intero, lo hanno ribadito nel breve comunicato post assemblea, dove si invitano tutte le esperienze a nuotare con vigore nelle loro acque territoriali, in particolare nelle Regioni di Emila-Romagna e Calabria, e poi si vedrà. Che questa fenomenologia sociale diffusa e articolata possa trasformarsi in un soggetto politico a tutto campo, capace di offrirsi quale veicolo per praticare la scena politica pubblica, ci sembra assai prematuro azzardarlo: loro stessi modestamente, ma consapevoli di rappresentare una sostanziosa area sociale, si limitano, per ora, al ruolo di ‘pontieri e cinghia di trasmissione’ verso una sinistra dai contorni vaghi e indefiniti ma sicuramente avversaria delle politiche xenofobe e securitarie, rappresentate dalla destra di Meloni e Salvini.
Pescecani. Attorno al pallone delle sardine si aggirano, per ora discretamente, i pescecani della politica politicante, rilasciando commenti di sociologia spicciola e incoraggiamenti interessati, adulandole subdolamente, aspettandole al varco delle imminenti elezioni regionali per mangiarsele in un sol boccone. Sono i pescecani di tutte le sinistre sinistrate, che non sapendo, appunto, che pesce pigliare, vedono nel piatto delle sardine una abbondante dose di omega e fosforo, che può essere medicamentosa della loro arteriosclerosi e senescenza.
Remore. Si sa che le remore sono pesci pulitori, simbiotici di creature grandi creature marine, così, se consideriamo il pallone delle sardine come un unico organismo vivente, possiamo notare che al loro seguito, nuotano sinuosamente, molti parassiti politici che dispensano consigli, indicazioni, critiche, cercando di accreditarsi in qualità di consigliori nel mare magno della politica. Alcune remore di lungo corso giungono a minuzzare sull’antifascismo, sull’antirazzismo argenteo e perbenista che diffondono, ammorbidendo i solidi principi delle generazioni antagoniste, molto raccontati e poco praticati, quasi fossero – queste vecchie remore – terrorizzate di perdere la loro storica funzione di spazzini di fronte alle moltitudini che hanno riempito le piazze di mezza Italia.
Pesci in barile. Di questi ce ne sono molte specie, accomunate dal ristagno sotto sale, in attesa, eventualmente, di essere pronte a prestarsi per insaporire pietanze confezionate con le sardine fresche e guizzanti. Gli opportunisti, è un classico, si presentano sotto mentite spoglie, ma possono essere, facilmente, individuati tra coloro che sono stati trombati o stanno per esserlo e quindi abbisognano, a breve, di una nuova platea da turlupinare o tra quelli che predicano il ‘politicamente corretto’ per mantenersi aperto un futuro spazio di manovra politica sia che le cose vadano in senso piuttosto che in un altro.
Insomma, al di fuori del divertissement delle metafore da pescivendoli, riteniamo che l’unica cosa da ribadire a voce alta sia ‘lunga vita alle sardine’ posto che hanno rivitalizzato piazze,che erano diventate tetre e ostili, ed hanno rianimato spazi pubblici di libertà e di proposizione, che vanno ben oltre la nostra collettiva, encomiabile ma sempre minoritaria, direzione ostinata e contraria. Ci sembra, quello che si è dato, un positivo scrollone ed un impulso ad una società civile, a quella fetta di cittadinanza che era ridotta al silenzio, annichilita, succube, impotente, travolta dalla tracotanza del Potere, generato e autodefinito dalla propaganda comunicativa, e sorretto dalla perversione del sondaggio, quale sinonimo di legittimazione sociale, al di fuori e oltre qualsiasi comportamento, conflittualità, dinamica, lotta presenti nella vita reale e quotidiana. Insomma la resilienza sociale diffusa, ma carsica, ha trovato un percorso che ha portato alla luce le sue potenzialità e le sue qualità libertarie ed inclusive.