Lo sciame delle scosse di assestamento nella geopolitica internazionale perdura e si può solo presumere che sia destinato a persistere, creando una situazione di generale instabilità nei diversi quadranti. Lo scenario che possiamo osservare è quello di una crisi di assestamento negli squilibri internazionali, con prolungati bracci di ferro, i cui effetti macroeconomici impattano e si ripercuoteranno, con successive ondate di diversa intensità in tutto il globo.
Abbiamo visto come le tensioni politico-economiche tra USA e Cina hanno interferito, con un gioco per interposta persona dei Paesi ex coloniali, nei recenti vertici sul nesso sviluppo/clima di Roma e Glasgow, facendo partorire un topolino anziché un impegno per il futuro, come bene ha denunciato la stessa Greta Tumberg con il suo “bla bla” [o].
L’insediamento lampo dei Talebani in Afghanistan ha spiazzato non solo gli USA ed gli alleati presenti sul campo ma ha impaurito anche le monarchie del Golfo, la teocrazia iraniana e le varie pseudo repubbliche dell’area, determinando un aumento generalizzato del prezzo del petrolio, sostenuto anche dalla perdurante instabilità presente in tutti i Paesi rivieraschi del Mediterraneo, su tutti dal caos politico-militare in Libia [i].
La guerra fredda tra Ucraina e Russia, con sullo sfondo l’uso infame dei migranti ai confini con la Bielorussia, ha fatto triplicare il costo dell’approvvigionamento del gas naturale per iPaesi europei, che da esso dipendono per la produzione di energia industriale e domestica, portando con sé un immediato enorme aumento delle bollette di luce e gas, facendo lievitare l’inflazione oltre la soglia d’allarme economico del 3%. Un’inflazione destinata ad alzarsi ulteriormente, posto che gli aumentati costi di produzione e trasformazione verranno a breve rovesciati sui prezzi dei beni di consumo e sui servizi al cittadino. Un aumento del prezzo dei prodotti finiti che ridurrà, pure, la competitività sui mercati internazionali delle merci durevoli e di consumo europee, in particolare quelle italiane e tedesche[ii].
Per tamponare, nel breve, questa falla nell’economia europea, in Italia sono stati estratti 8 mld nella legge di bilancio da destinare alle imprese e, con un meccanismo rateale farraginoso e complicato, alle famiglie. Altrettanto, con misure diverse, è stato approntato da Spagna, Francia, Germania ma, ovunque – da non crederci – sono state tagliate le risorse previste per la produzione energetica da fonti alternative[iii].
Quello che si prospetta, aldilà del roboante incremento del 6,2% del PIL nostrano, che inorgoglisce i ‘patrioti italiaoti’ di governo e opposizione e fa bestemmiare i lavoratori, che si sono visti ridurre ancora di oltre il 2% il potere d’acquisto di salari e stipendi, è un 2022 di diffuse difficoltà economiche che si approfondiranno, in specie, per i lavoratori poveri e per le fasce di popolazione con un reddito medio-basso. Il rialzo dello spread per il debito italiano, su cui ha scherzato Draghi, è il campanello d’allarme dei mercati finanziari internazionali. Si profila un pesante impoverimento, dunque, per milioni di cittadini, una differenziazione reddituale tra poveri e ricchi che si allarga ulteriormente, quantitativamente e qualitativamente. Una forbice economica che la modifica delle aliquote dell’IRPEF neanche lontanamente contiene, anzi, tutte le proiezioni econometriche ci indicano che un ristoro significativo riguarderà solo i contribuenti a reddito medio-alto: prendi ai poveri per dare ai ricchi è una precisa scelta di politica economica[iv, v].
Non siamo alla crisi petrolifera, seguita alla guerra arabo-israeliana dello Yom Kippur dell’ottobre 1973, con la benzina razionata e le domeniche a piedi, non siamo neppure all’inflazione a due cifre che ne conseguì negli anni successivi; come non siamo in presenza della carica conflittuale e rivendicativa di allora, che strappava, nonostante tutto, quote significative di reddito per i salariati e una generalizzata redistribuzione del reddito nella società [vi].
Ma l’impoverimento sociale che si prospetta, il carico di mal-stare e mal-essere collettivo accumulato in oltre 2 anni di pandemia, creano una condizione oggettiva e soggettiva di tensione dall’evoluzione indefinita e inedita. Dentro questa situazione economica e condizione sociale potrebbe essere opportuno pescare proprio nelle rivendicazioni e nelle lotte di quegli anni delle indicazioni, che, declinate al presente, possano risultare utili per contrastare l’impoverimento generale e l’afasia del conflitto sociale, prodotti e indotti dalle politiche neoliberiste di cui il Draghi è il garante per l’Italia, in Europa e nel contesto internazionale.
A cavallo della metà degli anni ‘70 del novecento, la FIM milanese, in particolare Piergiorgio Tiboni – poi uno dei padri dei CUB – dell’Alfa Romeo di Arese, il comitato di quartiere Sempione, seguiti poi dai comitati operai dell’Innocenti, Marelli, Falk coi loro ‘decreti operai’, lanciarono e praticarono l’autoriduzione delle bollette e del affitto come uno degli strumenti per contenere e combattere il carovita. Fu un’indicazione che rapidamente esondò dall’area metropolitana milanese, coinvolse moltissimi collettivi e comitati territoriali, in tutt’Italia, e si diffuse particolarmente nelle realtà cittadine. Autoriduzione delle bollette della luce, del telefono, del canone d’affitto, fu una pratica di riappropriazione del reddito che coinvolse milioni di famiglie, produsse socialità ed organizzazione ed anche, nel 1978 come risposta governativa, la legge detta ‘equo canone’ che recepiva e legalizzava una parte delle rivendicazioni popolari [vii].
Ora siamo distanti anni luce dalla effervescenza conflittuale e dalla disponibilità sociale di allora, le difficoltà tecniche e politiche per tali pratiche di lotta sono cresciute, la ‘meglio gioventù’ è molto più sensibile alle problematiche legate ai diritti soggettivi che a quelle del reddito. Ma è altrettanto vero che i bisogni materiali rimangono centrali, in specie quando riguardano i beni essenziali, necessari a rendere la vita degna di essere vissuta, di recente lo ha espresso con la pratica diretta lo stesso vescovo Elemosiniere del Papa, riallacciando il servizio elettrico – un decreto papale extraterritoriale?!! – ad un palazzo occupato a Roma [viii].
Ciò non di meno, non dimentichiamo che è presente su gran parte del territorio del Paese una diffusa rete sindacale, spesso distonica e più attenta all’auto affermazione di sè che alla convergenza con le altre realtà, che ha, però, un ampio radicamento e riconoscimento sociale, tale da poter sviluppare, appunto, un grande potenziale di lotte contro il carovita e una concreta sperimentazione di un fare ‘sindacato sociale’. Un potenziale che potrebbe produrre conflittualità e rappresentarsi socialmente molto più efficacemente che la simbolica ed effimera chiamata ad uno sciopero generale, così come, troppo spesso, si è dato.
i] – https://www.clal.it/mini_index.php?section=petrolio
ii] – https://www.forextradingitalia.it/previsioni/gas-naturale.html
https://www.istat.it/it/archivio/264303
iii] –https://energiaoltre.it/caro-bollette-la-germania-taglia-il-sostegno-alle-rinnovabili/
v] – https://www.avvenire.it/attualita/pagine/riforma-del-fisco-come-cambiano-le-aliquote