IL PNRR DEI RICCHI CONTRO I POVERI
Durante il primo lockdown sembrava che ci si fosse resi conto di quanto deleterio sia un modello economico affidato al mercato e ai meccanismi finanziari. Sembravano favorite e desiderate: sanità pubblica, politiche sociali universalistiche e redistributive, difesa dei beni comuni e politiche ambientali non più di facciata. A questo dovevano servire i fondi del Pnrr.
Nonostante la pandemia non sia sparita, la “messa a terra” del Piano ha tutt’altro sapore.
Il Pnrr favorirà i grandi gruppi industriali energetici, Confindustria e il sistema delle imprese, le multinazionali operanti nel nostro Paese, i circoli finanziari, il sistema bancario e assicurativo, le grandi multiutility pubblico-private, il settore privato della sanità, il complesso della logistica, della distribuzione agroalimentare e e-commerce. Insomma, il Pnrr vuole rafforzare i centri del potere, del comando e dell’accumulazione di profitti che in questi decenni hanno prodotto profonde diseguaglianze di reddito, di diritti e di qualità della vita attraverso un mercato del lavoro sempre più precarizzato e imbottito di lavoro povero e persino semi-servile, monetizzando i beni comuni, imponendo la permanenza di un modello basato sulle risorse fossili e sul ritorno del nucleare.
Il Governo Draghi con il Pnrr (è scritto esplicitamente nel Piano) intende rilanciare l’attuale sistema favorendo la competitività dei mercati. Infatti si rilanciano le privatizzazioni, le liberalizzazioni e si eliminano vincoli e tutele a tale scopo: poco importa che questa ricetta abbia già prodotto diseguaglianze, precarietà e povertà e abbia aumentato a discapito della maggioranza della popolazione la ricchezza di pochi.
Il carattere discriminatorio e di classe (dei ricchi contro i poveri) del Pnrr è evidente anche limitandoci ad alcuni esempi:
una transizione ecologica fatta di utilizzo del gas da parte di Eni e che rispolvera il nucleare, appetibile anche per il complesso industriale-militare;
una riforma fiscale e degli strumenti socio-assistenziali, come l’assegno unico per i figli a carico, che favoriscono spudoratamente i redditi medio-alti, mentre non si parla di salario minimo e reddito garantito nonostante l’urgenza;
l’assenza di provvedimenti a favore del diritto alla casa e di soluzione degli sfratti (nessun serio piano per l’edilizia pubblica ma liberalizzazioni per nuove cementificazioni urbane e bonus che favoriscono l’accesso sostanzialmente ai redditi medio-alti);
Finanziamenti insufficienti e limitativi al welfare di prossimità e all’assistenza territoriale, carenza di personale medico e infermieristico, di dotazione di strumentazione ospedaliera, con l’obiettivo occulto di facilitare l’introduzione della sanità differenziata, l’ingresso del privato nella gestione dei servizi, la liberalizzazione del mercato occupazionale del personale sanitario
provvedimenti sul sistema pensionistico che sostanzialmente ribadiscono l’impianto della legge Fornero senza intervenire su nodi come la pensione di garanzia per le nuove generazioni;
nessun investimento mirato al trasporto pubblico, la cui insufficienza e vulnerabilità è stata evidenziata dalla pandemia
briciole di euro alla scuola con le sue classi-pollaio, edifici e aule inadeguate e insicure, personale in larga parte precario.
Le risorse del PNRR si subordinano all’attribuzione dell’affidamento del servizio idrico integrato a gestori “efficienti” identificati con le aziende che garantiscono la massimizzazione dei profitti mediante processi finanziari. Mentre l’efficienza può essere messa in pratica solo da aziende speciali in house, che applicano la tariffa senza il profitto, non staccano l’acqua alle famiglie disagiate e garantiscono a tutti i 50 litri persona giorno.
Confindustria, dopo aver goduto del 74% dei fondi pubblici stanziati nel primo anno pandemico, si accaparra la fetta più ampia dei fondi del Pnrr. Due esempi recenti dimostrano il carattere di classe e discriminatorio del Piano: il pagamento da parte dei terremotati dei mutui sospesi per le case distrutte dal sisma e lo storno degli oltre 500 milioni destinanti alle bonifiche del sito ex ILVA di Taranto, a favore della proprietà, a cui va aggiunta l’azione del Ministero per modificare i valori di riferimento della valutazione del danno sanitario, che ha fin qui evidenziato lo sviluppo di tumori fra i lavoratori e la popolazione.
Il progetto della quarta linea dell’inceneritore di Padova è la prova di quanta ipocrisia regni dalle parti della “classe dirigente” – e in questo caso della Regione Veneto – che, mentre parla di transizione ambientale ed energetica, invoca e approva l’estensione di uno smaltimento dei rifiuti in contrasto con ogni prospettiva di economia circolare che riduce i consumi e lo spreco di materia ed energia.
Il Pnrr non rappresenta l’occasione per cambiare rotta a questo sistema politico, economico e sociale ma lo strumento utile a rafforzarlo, anestetizzando allo stesso tempo il conflitto sociale nella melassa del consenso trasversale al “Governo dei migliori”.
SOLO LA MOBILITAZIONE PUÒ CAMBIARE QUESTO STATO DI COSE.
ADL COBAS, CO.VE.SA.P, CSO PEDRO, COMITATO POPOLARE LASCIATECI RESPIRARE, COBAS SCUOLA
COMITATO 2SI ACQUA BENE COMUNE PADOVA – COMITATI NO QUARTA LINEA INCENERITORE PADOVA, SOCIETÀ DELLA CURA PADOVA