Il 21 agosto è stato sgomberato lo storico centro sociale di Milano, il Leoncavallo, dopo decenni di aggregazione giovanile, musica, politica dal basso e mutuo soccorso.
A prescindere dai giudizi e da ciò che ognuno possa pensare riguardo al percorso e alle scelte politiche di questo spazio, è innegabile che questa prova di forza voluta dal governo Meloni acquisisce una forte carica simbolica.
Sorpassando le trattative in corso tra il comune e il Leoncavallo, infatti, il governo Meloni ha voluto compiere l’ennesima azione “propagandistica e sensazionalistica” sull’onda delle varie politiche repressive messe in campo durante il suo mandato, partendo dal decreto Rave fino al Dl Sicurezza.
Come ADL COBAS non possiamo non rilevare poi un altro aspetto, spesso presente quando si parla di sgomberi di esperienze sociali, ossia la pressione della rendita immobiliare e della speculazione, due elementi che sono balzati all’onore delle cronache milanesi con le recenti indagini che hanno coinvolto membri della commissione comunale per il paesaggio, funzionari amministrativi, progettisti privati e costruttori. Rendita immobiliare che rende impossibile a lavoratori e studenti l’accesso a una casa degna, trasformando le città in gigantesche vetrine dove coloro che non possono permettersi di pagare vengono spinti sempre più ai margini. In queste situazioni gli unici argini che intervengono concretamente sui tessuti sociali cittadini sono le esperienze di base come le associazioni, i sindacati e gli spazi sociali, che mettono in campo progetti di mutualismo e interazione come sportelli legali, ambulatori popolari, scuole di italiano per migranti…


Aderiamo quindi alla mobilitazione del sei settembre “Giù le mani dalla città” perché serve difendere e moltiplicare gli spazi liberati, per restituire la città ai suoi abitanti, per rovesciare un modello che riduce Milano, ma non solo, a vetrina patinata e campo di speculazione.