Comunicato ADL COBAS – CLAP Camere del Lavoro Autonomo e Precario – Cobas Lavoro Privato – Sial Cobas
Lo sciopero generale e sociale per Gaza e contro il genocidio si è preso tutto.
L’obiettivo innanzitutto: un Paese praticamente fermo, da nord a sud: porti, stazioni, circolazione stradale. I dati provvisori dell’adesione su base nazionale ci parlano di uno degli scioperi più riusciti degli ultimi anni. Se apriamo lo sguardo alla solidarietà e alla complicità di chi non ha potuto formalmente aderire ma ha comunque partecipato, delle componenti sociali che hanno attraversato le piazze (quella studentesca ad esempio), dei e delle solidali che applaudivano dalle macchine bloccate per ore, forse iniziamo a cogliere l’ampiezza del fatto prodotto. Con buona pace degli haters da social, quelli del “E adesso cosa è cambiato?!”, la giornata del 22 settembre ha scosso probabilmente milioni di persone dal senso di impotenza vissuto negli ultimi due anni, dimostrando che ognunə può fare la sua parte, che il blocco del Paese può essere praticato insieme. L’attivazione intorno alla Global Sumud Flotilla ha tracciato una rotta chiara, che riporta l’attenzione sull’orrore di Gaza e su quel genocidio insopportabile che deve finire al più presto.
La scena mediatica, in seconda battuta. L’enorme potenza delle piazze, strabordanti e determinate, ha fatto il giro del mondo, irrompendo nelle maggiori testate nazionali ed estere. “Disruption in Italy” ha titolato il Guardian, che insieme ad altre importanti testate si è focalizzato sul messaggio chiaro e inequivocabile veicolato dagli ottanta cortei in tutta Italia: Palestina libera, stop al genocidio, basta accordi con Israele. Ora il Governo Meloni ha qualche problema in più di cui occuparsi, nonostante il feticismo della maggioranza (e non solo purtroppo) e di una buona parte della stampa verso qualche vetrina rotta e qualche “pendolare indignato”. Il saggio indica la luna, lo stolto guarda la vetrina in frantumi: da parte nostra la piena e totale solidarietà alle persone arrestate che vogliamo rivedere presto al nostro fianco nelle lotte.
La scena mediatica, in seconda battuta. L’enorme potenza delle piazze, strabordanti e determinate, ha fatto il giro del mondo, irrompendo nelle maggiori testate nazionali ed estere. “Disruption in Italy” ha titolato il Guardian, che insieme ad altre importanti testate si è focalizzato sul messaggio chiaro e inequivocabile veicolato dagli ottanta cortei in tutta Italia: Palestina libera, stop al genocidio, basta accordi con Israele. Ora il Governo Meloni ha qualche problema in più di cui occuparsi, nonostante il feticismo della maggioranza (e non solo purtroppo) e di una buona parte della stampa verso qualche vetrina rotta e qualche “pendolare indignato”. Il saggio indica la luna, lo stolto guarda la vetrina in frantumi: da parte nostra la piena e totale solidarietà alle persone arrestate che vogliamo rivedere presto al nostro fianco nelle lotte.
Facciamoci forti di questa straordinaria giornata, che sia la spinta per prendere la rincorsa: ne avremmo di certo occasione, a partire dalla fondamentale difesa della Global Sumud Flotilla che già questa notte ha subito un altro criminale attacco di droni in acque internazionali: se bloccano la Global Sumud Flotilla, se non si ferma il meccanismo che alimenta il genocidio in Palestina e le asfissianti politiche di sfruttamento capitalistico delle nostre vite…BLOCCHIAMO TUTTO!


Un filo rosso unisce la fine del genocidio a Gaza, la fine degli accordi con Israele, la fine degli investimenti in armamenti e l’aumento dei salari, l’allargamento del welfare state, la ripresa di politiche di spesa pubblica in favore di sanità, istruzione, ricerca.
È indispensabile che questo movimento non finisca con la data del 22 settembre, che sia davvero quel primo passo per cambiare i rapporti di forza, sia rispetto alle posizioni del Governo su quanto sta avvenendo a Gaza, sia per costruire un’opposizione larga alla prossima legge di bilancio e più in generale alle politiche economiche e sociali all’interno del regime di guerra.
Le vecchie logiche sindacali, anche quelle sì, lo sciopero del 22 settembre le ha prese e le ha mandate in frantumi. I tatticismi inspiegabili dei sindacati confederali, con la CGIL che prova a mettere la famosa pezza che è peggio del buco, non hanno avuto effetto sui numeri dell’adesione. Probabilmente mai senza uno sciopero confederale si erano raggiunte queste cifre. La lente della mera adesione però, come già ci dicevamo, risulta insufficiente per leggere la giornata. La piazza non è stata di nessunə ed è stata di tuttə, una marea incontrollabile come quelle che negli ultimi anni si erano viste solo nelle grandi giornate dei movimenti transfemministi e nella prima fase del movimento climatico, con una ritrovata e necessaria disponibilità alla radicalità. Uno sciopero sociale vero, ripreso in mano da lavoratrici e lavoratori di tutti i settori, al di là delle affiliazioni sindacali, da studenti di ogni ordine e grado, da realtà sociali e associative, da persone che forse in piazza non erano mai scese prima di lunedì. Questa ricchezza è frutto di un processo di attivazione generalizzato del quale dobbiamo prenderci cura, difendendolo dalle torsioni identitarie e personalistiche, da pulsioni di appropriazione, per continuare a liberarne la potenza.