A seguito dei numerosi articoli e servizi televisivi che hanno accompagnato la definitiva chiusura di un ghetto frutto della speculazione edilizia, della insipienza di chi aveva progettato il complesso di Via Anelli e dell’avidità dei proprietari, corre l’obbligo di fare alcune precisazioni sul come si è arrivati alla decisione politica di chiudere il “ghetto di Via Anelli”.
Soprattutto perché penso sia doveroso far capire ai cittadini che partiti e anche Comitati che oggi rivendicano il raggiungimento dell’obiettivo poco o nulla hanno a che fare con tutto il lavoro che è stato fatto per convincere l’Amministrazione Zanonato di chiudere il “ghetto”.
Il sottoscritto che attualmente è attivista di ADL Cobas, nel corso degli anni 90 si occupava con l’Associazione “Razzismo Stop” e con molte altre/i attiviste/i dei problemi legati all’immigrazione, con l’intento principale di fare chiarezza attorno a tutti i luoghi comuni che già allora ruotavano attorno alla complessa problematica dell’immigrazione e alla necessità di garantire diritti uguali per tutti.
Attorno alla metà degli anni 90 le cronache dei giornali cominciano ad occuparsi di Via Anelli sempre ed esclusivamente dal punto di vista della cronaca nera. Spaccio, risse, prostituzione e quant’altro. Chiunque passasse per Via Anelli aveva il terrore anche solo di fermarsi cinque minuti in quanto veniva subito avvicinato da qualche spacciatore. Ma con lo spirito che ha sempre contraddistinto l’azione di “Razzismo Stop”, che era quello di andare a verificare sul campo la realtà, e soprattutto dalle informazioni che arrivavano al nostro sportello informativo e di consulenza, avevamo capito che Via Anelli non era solo o tanto un problema di ordine pubblico, perché chi ci abitava realmente rappresentava la nuova composizione di lavoratori e lavoratrici supersfruttati messi a valore nelle filiere della logistica, delle pulizie, dell’assistenza domiciliare, ecc.
E’ a partire da questa intuizione che decidiamo di cominciare ad essere presenti con banchetti informativi, per iniziare ad aprire un’inchiesta vera su chi viveva realmente negli appartamenti. E allo stesso tempo, ci rendiamo anche conto che chi staziona giorno e notte nel cortile di Via Anelli, ha poco o nulla a che vedere con chi vi abita realmente, ma semplicemente ha avuto l’intuizione di saper usare un luogo ideale come centro di smistamento e smercio a livello regionale di un’ampia gamma di droghe. Il luogo era perfetto perché garantiva, tra i garage e tutti gli anfratti ricavati in ogni buco dei piani, delle scale e degli ascensori resi inutilizzabili, una quantità impressionante di nascondigli.
Nell’entrare quindi all’interno di Via Anelli ci rendiamo immediatamente conto che retate della polizia, denunce dei vari comitati di cittadini, compreso quello della Stanga, spesso a sfondo razzista, a nulla potevano servire in quanto Via Anelli era diventata un ghetto che vedeva la stragrande maggioranza dei suoi abitanti vittime di questa situazione ed un numero significativo di spacciatori che avrebbero continuato all’infinito ad usare quel complesso di palazzine per garantire il rifornimento di ogni tipo di sostanze stupefacenti all’intero Veneto.
Da questa prima analisi tenuta sul campo nasce l’idea che l’unica cosa sensata che si doveva fare era quella di procedere con lo smantellamento di Via Anelli e la ridistribuzione di tutti i suoi abitanti in tutta la città, cercando di fare tesoro di quello che stava succedendo in Via Anelli per evitare il ripetersi di un errore urbanistico di una gravità enorme.
Razzismo Stop, dopo avere sondato il terreno e dopo due settimane di incontri con gli abitanti di quest’area , dopo un’assemblea nel cortile di Via Anelli a cui partecipano più di 500 abitanti, si fa promotrice della costituzione del “Comitato per il superamento del ghetto di Via Anelli”. Il 10 ottobre del 1999 nasce il Comitato, che coinvolge altre associazioni antirazziste.
Da quel momento è tutto un succedersi di iniziative e di coinvolgimento degli abitanti per convincere l’Amministrazione comunale che non vi era altra strada da percorrere se non quella indicata dal Comitato.
.Il percorso del Comitato nasce dal basso attraverso il coinvolgimento degli abitanti di via Anelli, del quartiere, e della città – della sua parte democratica e solidale – , cresce giorno per giorno attraverso una presenza quotidiana in via Anelli, imparando a conoscere i suoi protagonisti, donne uomini e bambini costretti a vivere in un ghetto.
Da una inchiesta condotta passando in tutti gli oltre 400 appartamenti scopriamo che ci vivono circa 1500 cittadini stranieri, di 15 culture del mondo diverse, persone provenienti soprattutto dal Marocco e dalla Nigeria, ma anche da: Tunisia, Senegal, Moldavia, Romania, Macedonia, Benin, Somalia, Sri Lanka, Pakistan, Togo, Costa d’Avorio, Sierra Leone…..
L’enorme difficoltà di trovare casa per un cittadino straniero e gli affitti spesso troppo alti, sono le principali cause del sovraffollamento di via Anelli, dove si è costretti a vivere anche in 6 in 30 mq., e dove l’affitto è in media di 620 euro al mese, per appartamenti antigienici e non a norma, dove spesso anche i servizi minimi ma fondamentali non sono garantiti (come l’acqua calda, il riscaldamento, le pulizie condominiali).
Fatto particolarmente grave se pensiamo che in via Anelli oltre agli adulti ( la cui età era compresa tra i 23 e i 50 anni) vivevano anche 70 bambini di età compresa tra 0 e 12 anni.
Contrariamente a quello che era un immaginario diffuso e ben radicato, la stragrande maggioranza delle persone che vivevano in via Anelli avevano regolare permesso di soggiorno e lavoro, una piccola parte erano persone in attesa di regolarizzazione inserite nel mercato del lavoro nero, e solo una piccolissima percentuale (di cui facevano parte anche persone che non vivevano in via Anelli ma che semplicemente ne avevano fatto la loro base logistica), erano persone dedite ad attività illegali.
E’ così che il Comitato crea una prima postazione stabile con un container per passare da fine dicembre del ’99 ad acquistare, tramite il finanziamento di Banca Etica, un appartamento per farne la base del Comitato e per garantire assistenza di tutti i tipi agli abitanti : da quella legale, con particolare riferimento ai diritti sul lavoro, a quella medica. Si susseguono inoltre iniziative culturali tra cui è memorabile lo spettacolo tenuto da Moni Ovadia Ma è la mobilitazione l’elemento fondamentale dell’azione del Comitato. Il 4 novembre del 2000 250 famiglie di via Anelli si mobilitano davanti al Comune per chiedere al Sindaco Destro una casa fuori dal ghetto. Ma vi sono poi momenti di festa e non solo come la due giorni dal titolo “ Miracolo a via Anelli” ( il 17 e 18 Febbraio 2001, in cui abbiamo invitato delegazioni degli studenti delle scuole superiori, esponenti dell’Amministrazione Comunale ( in primis il Sindaco ), esponenti delle associazioni di categoria e dell’università, all’interno della quale abbiamo organizzato un dibattito, aperto alla città, affrontando con la presenza di Don Ciotti il tema delle droghe. E poi feste per bambini, partite di calcio, giornate di pulizia, incontri, pranzi multietnici, musica, manifestazioni.
Alla luce di questo lavoro enorme che è stato fatto da decine di volontari che l’Amministrazione Zanonato si convince che l’unica strada da percorrere è quella dello svuotamento graduale, della ricollocazione degli abitanti nel tessuto cittadino e lo smantellamento definitivo del ghetto.
Mi sembra doveroso, oggi che il ghetto di Via Anelli è stato definitivamente demolito, ricordare che il percorso che ha portato a questo risultato è partito dal basso, dal lavoro di chi ha il coraggio di sporcarsi le mani, andando a verificare senza pregiudizi direttamente sul campo la situazione reale, non quella che appare dai giornali. Da rilevare che la Giunta Zanonato ha rischiato di compromettere buona parte del lavoro svolto dalle associazioni antirazziste, andando a costruire stupidamente e a scopo puramente propagandistico una barriera di ferro che avrebbe dovuto separare i “buoni” dai “cattivi”. Operazione demenziale dal punto di vista concreto, per non parlare di quello politico, al punto che in tutto il mondo si è parlato negativamente del “muro di Via Anelli”. Ancora una volta si è confermato l’assunto che le istituzioni, spesso, quando agiscono da sole e senza il doveroso confronto con le realtà che stanno sul campo rischiano di fare danni enormi. Per fortuna che alla fine, quella importantissima intuizione uscita dall’esperienza maturata sul campo di superare il ghetto di Via Anelli, oggi è diventata una realtà compiuta.
Gianni Boetto