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ADL Cobas > Blog > Lavoro Sociale > Bologna – Comunicato “Accoglienza, operatori/trici senza protezioni a cui si chiede di fare i poliziotti!!”
Lavoro Sociale

Bologna – Comunicato “Accoglienza, operatori/trici senza protezioni a cui si chiede di fare i poliziotti!!”

ADL-Cobas Emilia Romagna
di ADL-Cobas Emilia Romagna Pubblicato 19 Marzo 2020 1.4k Visualizzazioni 6 minuti di lettura
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6 minuti di lettura
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Mentre ormai in tutto il mondo crescono preoccupazione e nella bergamasca si registrano le prime due morti sul lavoro per Coronavirus, continuiamo a registrare sul nostro territorio gravi mancanze riguardanti la tutela sanitaria delle persone nei centri di accoglienza (ospiti, lavoratrici e lavoratori) e in altri settori dei servizi sociali.

Sembra che ASP, il Comune di Bologna e la Prefettura abbiano demandato completamente ad enti gestori, e quindi a lavoratrici e lavoratori, il carico del controllo e della prevenzione sanitaria straordinaria, senza apportare nulla in termini di risorse per prevenire i contagi.

Da una parte, in particolare da ASP, viene intimato il proseguo dell’attività lavorativa, ostacolando esplicitamente il lavoro in smart-working da casa (verso cui alcune cooperative si erano già orientate), contravvenendo alle disposizioni governative ed esponendo così a maggiori rischi le operatrici/ori.
Ciononostante si registra la pressoché totale assenza di previsione di risorse e strumentazione quali mascherine (come da art 16 DL 17 marzo 2020 n°18), guanti ed igienizzanti sistemi di prevenzione necessari per lavorare con la dovuta sicurezza, trattandosi di servizi a contatto con persone tra cui anche tanti minori, disabili, immunodepressi e anziani, o la sanificazione da parte di aziende specializzate delle strutture piccole, medie e grandi.
Anzi, in questi giorni in molte cooperative dove è stato frettolosamente inserito a livello formale nel DVR l’obbliugo di questi DPI, l’onere economico e di reperimento di guanti e mascherine è stato direttamente scaricato sui lavoratori!

Proprio come agli operai delle fabbriche viene obbligato di continuare il proprio lavoro a qualsiasi prezzo perché la produzione non deve fermarsi, a chi lavora nel sociale, dal disagio adulto, alla prossimità, ai minori e ai richiedenti asilo, viene intimato di continuare il proprio operato, che troppo spesso ormai coincide con una pretesa funzione di controllo, completamente in antitesi con il ruolo e il lavoro dell’operatrice/ore dell’accoglienza incentrato nel concetto di integrazione e di accompagnamento all’autonomia delle persone migranti.
Sono questi i frutti amari ma ormai maturi delle politiche degli ultimi anni sul settore, dal pacchetto Minniti-Orlando che equiparava il coordinatore delle strutture d’accoglienza a pubblico ufficiale, alle liberticide Leggi “sicurezza” del precedente Governo che si sono tradotte negli imbarazzanti bandi dei CAS.
ASP e Prefettura dicono che i servizi alla persona come il settore accoglienza non si possono fermare perché ormai la funzione pretesa dai vari bandi è sempre più quella del controllo.

-ISEE-
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Così in questi giorni alcuni enti, sollecitati dalla Prefettura, proibiscono del tutto l’uscita dai centri anche in tutti i casi previsti dalla legge, creando così due pesi e due misure, e parecchia tensione nelle strutture.
Inoltre la mancata possibilità di procedere alla procedure per la richiesta di asilo per chiusura totale di alcune Prefetture o l’impossibilità di iscriversi all’anagrafe, precludendo il medico di base e quindi l’accesso alle cure.(Tra l’altro il medico di base è comunque non previsto per i CAS ma sostituito da medici di struttura che, proprio per il rischio contagio, ci dicono essere particolarmente assenti in questo periodo.)

La situazione grave rischia di diventare esplosiva nei grandi centri di accoglienza (che stanno distruggendo, o meglio hanno distrutto, il sistema di accoglienza diffusa col silenzio assenso di ASP e Comune di Bologna). Quali misure preventive sono state prese? Possiamo davvero pensare che in questi posti ci siano le condizioni igienico sanitarie per prevenire il diffondersi di una pandemia? Chi ci ha lavorato e chi ci ha vissuto o ci vive sappiamo bene che è impossibile in quelle condizioni e per questo è necessario approntare la decongestione dei grandi centri.

Per la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori, per la tutela delle persone accolte, per la tutela di tutte/i. Perché non si verifichino, almeno sul nostro territorio, situazioni in cui la vita di un essere umano vale meno di un’altra: chiediamo quindi l’urgente convocazione da parte dell’amministrazione Comunale, ASP e Prefettura di un tavolo di crisi con Cooperative ed Enti gestori per affrontare l’emergenza COVID-19 nel nostro comparto, in particolare per:

● tutelare la salute delle lavoratrici e dei lavoratori del settore;
● salvaguardare il reddito di lavoratrici e lavoratori;
● tutelare la salute dei beneficiari;
● attivare visite specializzate (tamponi);
● prediligere l’attivazione di Smart Working, con mezzi specifici;
● distribuire DPI necessari e igienizzanti;
● sanificare i luoghi di lavoro per mezzo di ditte specializzate;
● procedere alla decongestione dei grandi e medi centri;
● sospendere il trasferimento di ospiti da una struttura all’altra.

Chiediamo la massima tutela e risorse nei casi in cui sia assolutamente indispensabile la nostra presenza in struttura.
I lavoratori e le lavoratrici dell’accoglienza non sono più disposti a scegliere tra mettere a rischio la propria vita o perdere il posto di lavoro e in caso in cui non ci saranno risposte immediate mettiamo in conto forme di agitazione e denuncia pubblica, preventivando in caso di mancate tutele un’astensione di massa per garantire il diritto alla salute e alla vita nostra e degli utenti.

— –

ASCOLTA l’intervista ad un lavoratore dell’accoglienza iscritto all’ADL Cobas: https://www.radiocittafujiko.it/accoglienza-operatori-senza-protezioni-a-cui-si-chiede-di-fare-i-poliziotti/

Argomenti:accoglienzacoronavirus
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Chi siamo

L’ADL Cobas (come “associazione difesa lavoratori”) nasce nel 1992 dall’esperienza politica e sociale sviluppatasi lungo il decennio degli anni 80 nella Bassa Padovana attorno alle lotte contro la ristrutturazione, il decentramento, i licenziamenti, la precarizzazione del lavoro e la devastazione ambientale in quei territori. 


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