Contro ogni frontiera ai diritti e alla mobilità
Il ministro dell’Interno Marco Minniti presenterà il 18 gennaio davanti alla commissione affari costituzionali della camera il piano del governo sull’immigrazione. Il giorno successivo, Giovedì 19 gennaio, lo illustrerà alla conferenza Stato Regioni, il nuovo pacchetto di misure in materia di immigrazione. Un pacchetto che prevede: l’Apertura di nuovi CIE o centro per il rimpatrio (CPR) in ogni regione; l’introduzione di un nuovo requisito per l’accesso al diritto di asilo: il Lavoro obbligatorio per i richiedenti asilo. Il loro impiego è pensato soprattutto nei lavori socialmente utili e potrebbe essere un requisito obbligatorio per l’ottenimento della protezione. Si chiama workfare ed è la cancellazionedello stato sociale, lavoro povero e sottopagato pur di avere diritto all’assistenza sanitaria, sociale ecc. ; Riforma del diritto d’asilo con l’abolizione del grado di appello per i richiedenti asilo. Già nel giugno del 2016 il ministro della giustizia Andrea Orlando aveva anticipato questa proposta di riforma della legge sull’asilo. Il cuore della riforma è l’annullamento del grado d’appello per chi ha ricevuto un diniego dell’asilo in primo grado.
Mentre in tutta Europa i migranti continuano a morire di stenti al freddo come accade a Belgrado o annegati e dispersi nel Mediterraneo, il Governo Italiano riattualizza le politiche neocolonialiste di controllo sui/sulle migranti innalzando frontiere interne, differenziando i diritti dei migranti, diritti sempre più a geografie variabili e sempre funzionali alle paure del momento. Per questo l’Unione europea finanzia Frontex con 280milioni di euro che vengono spesi nella costruzione dei muri della vergogna sulla Rotta balcanica anziché investirli in un sistema efficace e strutturale di accoglienza sul medio/lungo periodo garantendo canali di arrivo sicuro e regolarizzazione immediata per tutti e tutte. Ed è sulla scia dei recenti attentati in Europa, che il Governo torna a parlare di ‘’sicurezza’ in chiave razzista e lo fa cercando di parlare alla pancia del paese a tutti quei rigurgiti razzisti che si sono manifestati anche in questo territorio.
Il nuovo pacchetto Minniti, infatti, introdurrà dure riforme per “garantire accoglienza a chi ha titolo, essendo inflessibili con chi non ha i requisiti per rimanere nel nostro paese’’. Ancora una volta, il possesso o meno dei documenti (un criterio puramente formale, burocratico e sempre più restrittivo) diventa il tratto discriminante tra l’inclusione e l’esclusione, l’accettazione e la criminalizzazione dei/delle migranti. A questo si aggiunge che fra i tanti e le tante irregolari che il Governo dice di voler rimpatriare in nome della lotta la terrorismo oggi, troviamo persone che hanno lavorato in regola nel nostro paese con un permesso di soggiorno per più di venti, trent’anni e che dopo la crisi sono rimasti senza nulla. Senza permesso di soggiorno, senza casa, senza ammortizzatori sociali.
Questi lavoratori e queste lavoratrici migranti, le prime vittime del sistema economico neoliberista, hanno pagato con i loro contributi, i nostri servizi, la nostra sanità, le nostre scuole, le nostre pensioni. E noi invece di tutelarli e sostenerli rivendicando insieme a loro nuovi diritti e nuovo welfare a misura delle persone e non dei profitti o degli speculatori, li vogliomo rimpatriare o rinchiudere nei nuovi CPR (Centri di permanenza per il rimpatrio). Ogni volta si trova un nuovo modo per dipingere l’orrore delle carceri etniche dove vengono rinchiuse persone che non hanno commesso alcune reato, se non quello di essere privi/e per tante ragioni del permesso di soggiorno. La nostra paura ha sete troviamo qualcuno o qualcuna da sacrificare.
Questo è quello che sta accadendo. E chi non sarà rinchiuso nei nuovi CIE o rimpatriato rimarrà invisibile ai margini senza casa in un territorio già impoverito, nuova manovalanza per gli schiavisti e per la microcriminalità.
Parallelamente la situazione del lavoro in tutta Italia ed anche nel nostro territorio manifesta sempre più l’endemicità di forme di sfruttamento legalizzato anche grazie ai nuovi strumenti di impoverimento e svilimento del lavoro, i voucher.
Non mancano i furbetti del Jobs act, aziende come il Melograno che hanno sistematicamente sfruttato per più di un decennio manodopera cinese resa docile grazie alla paura e all’ignoranza: accettare condizioni schiavistiche e servilistiche di produzione spesso con gravi danni alla salute; non parlare la lingua italiana e non conoscere le minime informazioni che regolano il rapporto di lavoro; l’essere poco incline alla sindacalizzazione e alla denuncia. Non che questo differenzi questa manodopera da quella autoctona anzi…
La Legge Bozzi/Fini e il ricatto servilistico che impone fra permesso di soggiorno e contratto di lavoro ha per quindici anni livellato i diritti dei/delle migranti, in particolare quelli nel lavoro, creando le condizioni per arrivare al Jobs act.
Per questo saremo Giovedì 19 gennaio alle ore 11.30, davanti alla Prefettura a Rimini, con un presidio pubblico contro il nuovo “pacchetto Minniti”, a sostegno della vertenza delle lavoratrici del Melograno accusate dall’azienda di furto aggravato e boicottaggio con la conseguenza di essere state tutte licenziate per giusta causa e a fianco di tutti e tutte i/le migranti che si trovano nel nostro territorio in una condizione di irregolarità a causa della Legge Bossi/Fini, dell’accoglienza miserevole dei C.A.S. e dei piani emergenziali, privi di qualsiasi forma di Welfare e tutela sociale.
Per tutte queste ragioni Giovedi 19 gennaio alle h 11.30 ci ritroviamo in presidio davanti alla prefettura di Rimini per chiedere che il nuovo pacchetto Minniti non venga approvato e che il governo cambi direzione sulle politiche dei migranti.
Contro ogni frontiera ai diritti e alla mobilità #NoPacchettoMinniti #NoBossiFini #MaiSchiav*
Sportello Diritti per tutti ADL Cobas E.R. – Ass. Rumori Sinistri