Con la legge 107 del 2015, detta la Buona Scuola, quella uscita dalla fervida mente di Renzi è stata introdotta l’alternanza scuola-lavoro come un’attività rigorosamente obbligatoria nel percorso di istruzione scolastica con il fine di formare le giovani generazioni sulle basi fondamentali (ideologiche e pratiche) del mondo del lavoro nell’epoca del turbo-liberismo: individualismo, precarietà, dequalificazione, sfruttamento.
Un lavoro non retribuito quello dell’alternanza scuola-lavoro, deregolamentato, di durata variabile a seconda dei percorsi scolastici, che nel caso di Lorenzo, studente di un istituto professionale, arriva fino a 2 mesi. Un super sfruttamento con cui si ingrassano tutte le imprese di produzione e di servizi, si pensi solo al quello che avviene, in estate, nel settore alberghiero e della ristorazione, dove spesso lo stage scolastico si allunga in stagione lavorativa.
Un super sfruttamento lecito e istituzionalizzato, che si trasforma troppo spesso in lavoro nero.
In queste realtà la sicurezza nel lavoro è un optional, quando non è considerata un intralcio ai tempi e ritmi della produzione: lo evidenziano le 3 morti sul lavoro al giorno: i dati del 2021 sono 1404 le morti sul lavoro – di questi 695 sui luoghi di attività (+18% rispetto all’anno 2020), mentre gli altri sono morti andando o tornando dal lavoro. Queste sono morti di lavoro, rappresentano il prezzo che tutti noi paghiamo per guadagnarci il diritto di vivere. Sono il frutto della quotidiana guerra del lavoro, che troppo spesso viene fatto passare come colpa del lavoratore, conseguenza della sua disattenzione, della sua superficialità. Quando sappiamo benissimo che i controlli, le ispezioni degli Enti preposti alla sicurezza sul lavoro sono pressoché inesistenti, quando più volte è stato denunciato che gli stessi organici sono talmente esigui da permettere solo le uscite a chiamata, cioè ex post quando l’incidente, il ferito, il morto c’è già stato.
Nella scuola, soprattutto negli istituti tecnici e professionali, questa pratica ha messo a disposizione delle aziende sui territori centinaia di migliaia di giovani che, con la giustificazione di imparare il mestiere, assorbono la concezione dominante per cui è una fortuna trovare un lavoro accettandolo anche se i diritti (salariali, contrattuali, di orario e organizzazione) devono essere dimenticati.
Lorenzo è un morto di scuola, di questa scuola-azienda che forma allo sfruttamento, alla accettazione e condivisione della sua logica come fosse l’unica possibile.
Contiamo che la morte di Lorenzo riesca a bucare l’immaginario collettivo, in specie, quello degli studenti, delle giovani generazioni e produca una mobilitazione, una critica concreta che rimetta in discussione la pratica dell’alternanza scuola-lavoro, che ne chieda l’abolizione dentro un percorso di riprogettazione della formazione e dell’istruzione.
Le recenti manifestazioni degli studenti che si sono date in varie città, quelle che si stanno preparando significano tutto questo, portano il segno di un nuovo inizio. In nome di Lorenzo.