SE 28 ORE VI SEMBRANO POCHE………..
In Germania la vertenza sindacale lanciata dall’Ig Metall, il più grande sindacato europeo di categoria con oltre 3 milioni di iscritti nell’industria metallurgica, elettronica, automobilistica e tessile (tra gli altri: Siemens, ThyssenKrupp, Volkswagen, Daimler e Porsche) è ad una svolta: si sta passando dagli scioperi di avvertimento, effettuati per pesare sulla trattativa in corso, alla generalizzazione della lotta sul piano nazionale. La prossima settimana cominceranno con ogni probabilità gli scioperi dopo che nella notte di venerdì è fallito il quinto round di negoziati tra le parti. Nel Land “pilota” di ogni accordo, il Baden-Württemberg, dove hanno sede i colossi dell’auto Mercedes-Benz, Daimler e Porsche, i colloqui tra l’organizzazione regionale di IG e l’associazione degli imprenditori Gesamtmetall si sono interrotti perché il sindacato avrebbe presentato nuove proposte che le imprese ritengono «non negoziabili». Quindi il sindacato della regione Baden ha chiesto a quello nazionale di andare allo sciopero in tutta la Germania, sciopero generale di categoria che non viene effettuato da oltre 10 anni.
Posto che, come è risaputo, l’economia in Germania è in fase espansiva, che il PIL è dato a oltre il 2%, che il disavanzo commerciale continua a crescere, che disoccupazione è ai minimi storici, che vi è una carenza di forza lavoro con qualificazione medio alta, perché gli imprenditori tedeschi hanno risposto – fino ad ora – a muso duro?
I lavoratori chiedono aumenti salariali del 6 per cento; le aziende offrono il 2 per cento più un’una-tantum di 200 euro. Inoltre, la parte normativa delle proposte del sindacato punta sul “tempo libero” da dedicare a famiglia – figli o anziani – e all’eventuale cura di familiari malati chiedendo quindi una riduzione dalle 35 ore settimanali fino a 28 con il ritorno al tempo pieno dopo due anni. La riduzione salariale non dovrebbe essere proporzionale alla diminuzione dell’orario, in maniera particolare per i redditi più bassi.
Il sindacato tedesco, che 30 anni fa ha rotto il muro delle 40 ore di lavoro settimanali conquistando contrattualmente le 35 ore, seguito a ruota dai sindacati francesi, vuole mostrare la sua potenza e lanciare la sua sfida all’industria 4.0, quella che si fa vanto di tecnologia, che richiede flessibilità ed adattabilità nella filiera produttiva. Ma è anche la registrazione di un arretramento sociale in termini welfare generale nel paese economicamente più stabile e sicuro d’Europa, posto che la riduzione [temporanea] dell’orario viene rivendicata per attività di sostegno e cura in ambito famigliare.
Una vertenza, quella dell’IG Metal tedesco, importante a livello europeo perché pone con forza, nell’epoca della produzione just in time, il tema del tempo di lavoro e del tempo di vita, elemento che è scomparso da tutte le vertenze, i dibattiti, le analisi, per fino dalle false promesse elettorali che si danno nel nostro paese [qualcuno ha sentito Landini o Re David, Renzi o Frattoianni?!], mentre è stato ed è presente quasi ovunque nelle piattaforme sindacali che avevano scaldato l’autunno e l’inverno della Francia pre elettorale.