Per il 26 marzo prossimo le e i rider hanno lanciato un nuovo sciopero del delivery dopo i molti altri messi in campo durante quest’ultimo anno di pandemia. Alla categoria-simbolo delle nuove forme di lavoro povero, precario e comandato dall’algoritmo è stato chiesto di lavorare senza sosta durante tutta l’emergenza sanitaria, al pari dei servizi essenziali, ma senza alcun riconoscimento materiale: per la maggior parte di loro istituti contrattuali fondamentali come la malattia, le ferie, la liberazione del ricatto del cottimo tramite un monte ore minimo garantito e un salario dignitoso sono rimasti una chimera, rimandando ancora una volta quell’inquadramento nelle tutele contrattuali per i quali si battono da anni.
Sarà una giornata di sciopero sia del servizio che del consumo, lanciata all’insegna dello slogan “non per noi ma per tuttə” attraverso un appello ampio di partecipazione rivolto a tuttə quelle lavoratrici e quei lavoratori precari e figure sociali che dall’inizio della pandemia hanno pagato il prezzo più alto in termini di perdita di occupazione e reddito, di impoverimento economico e di emarginazione sociale ed educativa e che per questo si sono mobilitate in mille forme.
Tra questə le lavoratrici e i lavoratori di Spettacolo e Cultura, altra categoria che in questo ultimo anno ha dovuto far fronte al blocco completo del settore e al mancato sostegno economico da parte del governo ma, allo stesso tempo, capace di dar vita a un importante movimento di organizzazione, presa di coscienza e di lotta.
Il 27 marzo, giornata mondiale del teatro, avrebbe dovuto esserci la tanto strombazzata riapertura degli spazi di spettacolo “nelle zona gialle”, senza alcun protocollo di sicurezza comunicato, senza tempistiche adeguate, senza fondi. L’ennesima presa in giro per chi da un anno non riesce a ricevere un reddito dal lavoro che ha sempre svolto. E così, dopo la giornata del 23 febbraio che ha visto svolgersi iniziative in oltre 20 città italiane, la rete di Professionist* Spettacolo e Cultura – Emergenza continua e RISP hanno lanciato due giornate di mobilitazione nel weekend del 26 e 27 marzo.
Sempre venerdì 26, si mobiliteranno anche facchini/e e addetti/e della logistica, settore che, al pari dei riders, durante la pandemia ha continuato a registrare una crescita economica sostanziale e non si è mai fermato, pagando peraltro un alto tributo in termine di vittime per COVID, il quale ha trovato nei magazzini e catene della distribuzione terreno fertile per numerosi focolai. ADL Cobas e SI Cobas hanno proclamato sciopero a livello nazionale per respingere le pretese padronali di rinnovare al ribasso il CCNL scaduto ormai a dicembre 2019, per l’aumento del salario e per l’imposizione di protocolli più stringenti a livello sanitario.
Anche il mondo dell’educazione, tormentato da incessanti valzer su chiusure e riaperture degli Istituti scolastici e sulla DAD, manifesterà il 26 con lo sciopero del personale e dalla DAD indetto dai COBAS Scuola, dal CNPS e dal movimento Priorità alla scuola con l’obiettivo di sollecitare un investimento sostanziale di risorse finanziare, ed in particolare del Recovery Plan, sulla scuola pubblica. Infine incrocerà la braccia anche il trasporto pubblico locale.
Un appello quello dei rider che nei fatti è stato raccolto subito da varie categorie e che porterà il 26 marzo ad essere una prima giornata trasversale di mobilitazioni in tutta Italia in questo 2021.
Categorie che, se pur diverse tra loro, continuano ad organizzarsi da mesi, a scioperare e a manifestare. Perchè ci sono degli importanti pezzi di società che sono rimasti dimenticati o marginalizzati. Categorie completamente tagliate fuori dal vecchio schema degli ammortizzatori sociali preesistenti, che in questo anno sono state (mal)sostenute dal meccanismo dei bonus erogati a singhiozzo e delle misure emergenziali di corto respiro, che rischiano di rimanere ai margini meno remunerativi e più precari del mercato del lavoro. Di contro, le lavoratrici e i lavoratori continuano a tenere in piedi settori come la sanità o i servizi sociali che sono considerati essenziali e che andrebbero riconosciuti come tali anche sul versante dei diritti, della sicurezza e della dignità.
L’anno terribile che abbiamo alle spalle ha fatto emergere con evidenza le enormi fratture che attraversano la società e il mondo del lavoro, acuitesi con la crisi sanitaria e la sindemia attuale. Eppure, nonostante le enormi difficoltà, la forza di tante e tanti che hanno continuato a lottare ci fa capire che non è il momento di fermarsi. Venerdì dunque sarà una giornata, all’interno di una settimana partita con il primo sciopero della filiera di Amazon, in cui si potrà prendere parola nelle piazze di tutta Italia e dare voce alle nostre rivendicazioni. Le tante esperienze e realtà sindacali, mutualistiche e sociali di base come le nostre animeranno queste giornate e quelle piazze nella consapevolezza, come dimostrato nell’ultimo anno, che in questa fase la posta in gioco non è tanto la restaurazione di ciò che c’era prima ma un progetto alternativo per il mondo che verrà, da contendere agli incombenti interessi del capitale transnazionale, finanziario e algoritmico. Una giornata che auspichiamo sia solo la prima di una lunga primavera di mobilitazioni e convergenze di lotte da costruire insieme per un orizzonte comune di diritti e dignità.
*articolo pubblicato anche nella rubrica LETTERE del “il manifesto”