Negli scorsi giorni è stato firmato in Prefettura a Verona un accordo che chiude la lunga vertenza che ha visto i lavoratori della cooperativa Smart – da anni in servizio presso Coca Cola di Nogara- lottare contro l’esclusione di una parte di loro con il solito strumento usato dalle cooperative e dai committenti, il cambio appalto. Una lotta dura, contro la precisa volontà di una potenza come la multinazionale Coca Cola di eliminare di una presenza sindacale scomoda come quella di ADL Cobas, che in questi anni, con le lotte, ha riportato legalità all’interno di magazzino gestito per anni in forme irregolari dai vari appaltatori, con il mancato rispetto dei contratti, con forme di caporalato, con comportamenti vessatori nei confronti dei lavoratori: questa era la situazione prima della scelta dei lavoratori di iscriversi in massa all’ADL Cobas.
Lottare per i propri diritti è quindi un delitto di lesa maestà, per la multinazionale di Atlanta, che ha ben pensato di incaricare la filiera di appalto di eliminare questi uomini e donne che da anni si spaccavano la schiena all’interno del magazzino, contribuendo agli enormi profitti della committente.
Contro i lavoratori in lotta da fine febbraio si sono scatenati tutti, dai sindacati confederali (che Coca Cola ha debitamente ringraziato per essersi schierati al fianco dell’azienda contro i lavoratori), fino addirittura all’intervento dell’ambasciata degli Stati Uniti nei confronti del governo italiano affinché intervenisse a stroncare la lotta dei facchini, cosa che si è poi regolarmente verificata con lo sgombero dei lavoratori che hanno passato una decina di giorni sui tetti dello stabilimento in sciopero della fame, e con la complete prolungata militarizzazione dell’intera area produttiva.
Una sproporzione di forze allucinante, che avrebbe fatto desistere chiunque. Coca Cola e i consorzi e le loro cooperative non avevano però fatto i conti con la determinazione di chi, per difendere i propri diritti, era disposto a lottare fino alla fine. E per contenere questa determinazione operaia si sono viste scene allucinanti, addirittura guardie private utilizzare pistole elettriche contro i lavoratori e le lavoratrici e persino contro i loro familiari e i bambini.
La vertenza si è conclusa con la scelta di lavoratori e lavoratrici di definire un accordo che permettesse a chi voleva rientrare al lavoro di poterlo fare, e di ottenere una sostanziosa buonuscita per chi di rientrare in quel magazzino, visto quello che aveva subito, non aveva più nessuna voglia.
Su questo preciso mandato ADL Cobas ha sottoscritto quindi un accordo che definisce il rientro di 9 lavoratori, e il riconoscimento di una buonuscita con 20.500 € di base fissa per tutti, ai quali vanno aggiunti altri importanti importi per ogni anno di anzianità e per ogni figlio a carico. Si è venduta cara la pelle, insomma.
Come è stato possibile tutto questo, come si è potuto fare strage dei diritti che ancora qualche legge garantisce? Perché, nel silenzio delle forze politiche e nell’ossequio delle Istituzioni, Coca Cola ha potuto dare i consorzi al suo servizio la libertà di scatenare questo conflitto sindacale e sociale, lasciando sulla strada 46 famiglie?
Per un motivo solo, perchè la legge, nonostante le ultime riforme del 2016, ancora non tutela realmente i lavoratori in sede di cambio di appalto: uno strumento, questo, utilizzato per azzerare i diritti acquisiti dei lavoratori, per abbattere i costi del lavoro, per tenere costantemente sotto ricatto chi lotta per migliori condizioni economiche e di vita all’interno dei magazzini,in continuo peggioramento per la cancellazione delle tutele previste dal Jobs Act. Per questo i lavoratori hanno lottato, sostituendosi a leggi che mancano o non li tutelano più, imponendo l’esclusione del Job Act nel magazzino Coca Cola, anche se poi altri ne beneficeranno.
Per questo ADL Cobas da anni si batte per far introdurre nei contratti nazionali una clausola di salvaguardia che obblighi i committenti a garantire, nei cambi di appalto, il passaggio di tutti i lavoratori e lavoratrici dalle cooperative e consorzi uscenti a quelli subentranti, alle medesime condizioni contrattuali, con la salvaguardia dei diritti e delle anzianità acquisite nel tempo, per impedire che un lavoratore applicato in un appalto da anni debba vedersi cancellato tutto ripartendo da zero ogni volta che il committente decide di cambiare fornitore.
Questa battaglia di civiltà in Coca Cola ha contribuito in maniera determinante – con la sua rilevanza nazionale- a riaprire il dibattito sul tema degli appalti, costringendo non solo le istituzioni a confrontarvisi, ma anche i sindacati federali, da anni inermi complici di questo sistema.
Una battaglia di civiltà su cui non siamo assolutamente disposti a fare sconti, e che riprenderà sin dalle prossime settimane con la piattaforma, votata da migliaia di lavoratori di ADL Cobas e di SI Cobas, sul rinnovo del CCNL Logistica e Trasporti.