Questo contratto carriva dopo 15 mesi di trattative, qualche sciopero e qualche manifestazione, nel pieno dell’emergenza sanitaria e della crisi di governo.
L’aumento retributivo è un compromesso tra i 145 presenti nella rivendicazione della piattaforma sindacale del 2019 e i 65 offerti dalla controparte datoriale, che però ha ottenuto un allungamento della vigenza contrattuale. I sindacati sono riusciti ad avere l’aumento “a tre cifre” sui minimi, condizione che avevano posto alla ripresa della no stop cominciata martedì nella sede di Confindustria, un aumento che almeno formalmente mette di lato il ‘niet’ di Bonomi rispetto agli aumenti salariali. Proponiamo qui un commento a caldo dal sito ‘union-net.it.
Lo scambio: manomissione dell’inquadramento unico per qualche spicciolo in più
Fim Fiom Uilm hanno sì conquistato 112 euro, sebbene in 4 anni e non in tre come previsto, tuttavia siamo davanti ad una concessione padronale in via straordinaria motivata dall’accettazione da parte sindacale della cosiddetta riforma dell’inquadramento unico. Concessione sottoscritta nero su bianco da entrambe le parti, è bene sottolineare.
Dietro la foglia di fico delle innovazioni tecnologiche e dei profondi mutamenti del sistema produttivo rispetto al 1973 (epoca della conquista dell’inquadramento unico), peraltro tutti elementi reali, si è agito per manomettere quell’inquadramento, fiore all’occhiello dei metalmeccanici, con l’obiettivo di cancellare l’anomalia (positiva) di un sistema di riconoscimento professionale orizzontale teso a valorizzare la capacità in termini di autonomia del lavoratore per condurlo infine verso la reintroduzione progressiva delle paghe di posto.
Il modello è quello dei chimici, categoria che, storicamente, prima di tutte ha innovato in negativo la normativa a tutela dei lavoratori e delle lavoratrici.
La sostanza è che sarà molto più complesso ottenere i passaggi di categoria. Se da una parte è vero che è stato cancellato il primo livello di inquadramento (peraltro praticamente mai applicato) è vero anche che il nuovo sistema spinge verso il basso i livelli più alti.
Com’era prevedibile resta immutato tutto il disastroso impianto contrattuale del 2016. Resta l’assorbibilità del salario che nella scorsa tornata contrattuale ha consentito a molte grandi imprese di non riconoscere un solo centesimo dei miseri 44 euro del triennio.
Resta il potere di impresa sugli orari e nulla è stato fatto contro la precarietà mentre fioriscono nuove commissioni, welfare e enti bilaterali.
Per queste incontestabili ragioni c’è davvero poco o nulla da festeggiare. Cosa dovranno scambiare Fim Fiom Uilm al prossimo rinnovo per avere qualche spicciolo in più?
Oggi Fim Fiom Uilm salutano la presunta sconfitta della linea intransigente di Bonomi. Può essere che il neo presidente di Confindustria volesse emulare il suo poco illustre predecessore Boccia e fare ancora un contratto a costo zero come nel 2016 e che consideri eccessivamente oneroso lo scambio.
Tuttavia c’è poco da appassionarsi tra i lavoratori se questa è la linea vincente del sindacato…
Gli unici veri sconfitti in realtà sono proprio i lavoratori e le lavoratrici a cui per sette anni di lavoro viene riconosciuto un incremento complessivo di 0.97 centesimi lordi (al quinto livello) per ogni ora di lavoro. Un’ulteriore pesante riduzione del potere di acquisto dei salari.
Il contratto nazionale non c’è più, almeno come valore concreto per la condizione di chi lavora e andrebbe riconquistato a partire dalla rottura di ogni regola contrattuale, di ogni gabbia che impedisce ai lavoratori di difendersi.