CGIL, CISL, UIL barattano l’ampliamento dell’hub Alì di via Svezia e il conseguente ulteriore consumo di suolo con la discutibile formula della compensazione e con la conferma del riconoscimento del loro ruolo di totale subalternità alle scelte aziendali di ALÌ
Ci mettono, soddisfatti, la faccia i tre segretari provinciali confederali all’intesa con il Comune di Padova sull’ampliamento dell’hub Alì di via Svezia, ulteriore devastante consumo di suolo contestato da una larga parte di società civile padovana. Da tempo comitati locali, associazioni, sindacati di base, movimenti ambientalisti e una parte della stessa maggioranza in consiglio comunale sostengono una diversa e sostenibile destinazione ambientale dell’area scelta da Alì per ampliare il suo già capiente hub.Non li sfiora alcun imbarazzo a dichiarare che “il consumo di suolo deve essere considerato una priorità, pertanto vanno adottate soluzioni che ne evitino l’incremento e ne riducano la portata […]” (Il Mattino di Padova, 23/05/2024). Sposano la bufala delle compensazioni che servono in questi casi alle amministrazioni comunali per avvallare le operazioni di cementificazione del suolo. Anzi, fanno la voce grossa, ergendosi quasi a garanti della parità di ettari che dovranno essere scambiati tra quelli cementificati dall’ampliamento dell’hub Alì con quelli compensati. Quasi a rimbeccare Legambiente che delibere, dati e numeri alla mano smentisce l’equazione di compensazione estratta dal cappello di Giordani (Ampliamento ALI’=Verde alla Romagnoli). Infatti nel caso dello spazio Romagnoli si trattava già di una destinazione ‘a verde’ ed in ogni caso è circa il 50% dello spazio cementificato da ALI’ a Granze-Camin. Oltretutto in altro luogo, e quindi decidendo di sacrificare quel territorio e quella popolazione già invasi dal cemento e dal traffico e dall’inquinamento. Un’ operazione tra l’altro la cui fattività è tutta da valutare – la destinazione a parco dell’ex caserma Romagnoli che dovrà essere prima acquisita e poi de-pavimentata.
Dunque CGIL CISL UIL si fanno complici del cedimento ad Alì di una larga fetta di territorio di Granze-Camin, si piccano di ricordarci che bisognerà nel futuro avviare “processi di innovazione tecnologica e sostenibilità ambientale” come la costituzione di una Comunità energetica e invitano a vigilare che il Comune di Saonara non conceda proprie aree ad Alì per ulteriori ampliamenti. Guai! Basta la loro intesa con la giunta padovana. Ci sarebbe da ridere di fronte a tanta ipocrisia se non fosse, invece, estremamente grave il cedimento concordato nell’intesa che si fa beffe della volontà espressa da una larga parte della cittadinanza comunale e, soprattutto, di quella residente nel territorio oggetto della speculazione cementificatrice.
Tutto questo avviene proprio nelle settimane in cui nel Veneto molte comunità, interi quartieri e abitati sono stati colpiti dagli effetti devastanti delle forti precipitazioni frutto dei cambiamenti climatici in corso. Nel Tg regionale serale del 22/06 l’assessore regionale all’ambiente, il leghista Gianpaolo Bottacin, dopo aver snocciolato le cifre investite e il numero di opere messe in cantiere per la difesa del suolo, ha accusato comitati e ambientalisti per il ritardo nella conclusione della maggior parte di queste. Se poco o niente è stato completato, se le opere non tengono conto della necessità di riconsiderare complessivamente la tenuta idrogeologica del territorio partendo dal paesaggio agricolo, se queste sono comunque subordinate al costante consumo di suolo permesso dalla Regione, per Bottacin la colpa è degli ambientalisti e dei comitati. Il fatto che il Veneto è secondo solo alla Lombardia per consumo di suolo e che la provincia di Padova ha il primato della cementificazione regionale (18% della sua superficie) non è, secondo la vulgata politica leghista, colpa di una legge del suolo piena di deroghe che consentono di aggirarla, incrementando ogni anno la cementificazione del territorio, bensì dei movimenti che difendono il suolo e ne chiedono al sua messa in sicurezza idraulica. Una vulgata politica che, come nel caso Alì, ha fatto proseliti ben oltre la Lega.
Questa intesa nasconde e mistifica un altro aspetto: il riconoscimento sindacale delle tre organizzazioni all’interno dei magazzini Alì. E’ singolare vedere i confederali, che in passato non si erano mai accorti delle condizioni di sfruttamento e di illegalità presenti nel magazzino di Via Olanda, andare oggi a barattare un impegno di ALI’ a consultarli nella fase dell’apertura del magazzino in cambio del beneplacito ad una devastazione ambientale. Ci viene da dire che i confederali devono essere riconoscenti ad Alì in quanto il defunto Canella già in passato gli ha fatto importanti favori procedendo con una internalizzazione della manodopera in appalto che ha privato dei diritti sindacali Adl Cobas, che aveva combattuto tenacemente contro illegalità e caporalato all’interno di quei magazzini, e offerto la possibilità a CGIL CISL e UIL di avere rappresentanti sindacali pur essendo del tutto minoritari all’interno dei magazzini di via Olanda e via Svezia. Da tempo abbiamo richiesto che venissero convocate le elezioni degli RSU (purtroppo siamo soggetti all’infamia dell’accordo inteconfederale che non consente a noi di convocare le elezioni) ma, in accordo con ALI’, si guardano bene dal farlo per evitare che ci sia all’interno dei magazzini il riconoscimento formale di una rappresentanza di Adl Cobas . CGIL CISL UIL offrono quindi la loro disponibilità consociativa – in pratica la loro adesione ai progetti di ampliamento dell’hub di via Svezia – in cambio del mantenimento di una assenza di rappresentanza reale dei lavoratori per consentire ad ALI’ di fare il bello e il cattivo tempo nei suoi magazzini. Siamo i buoni, siamo riconoscenti, siamo responsabili, sembrano dire ad Alì, quelli che riconoscono gli interessi della proprietà, e che non vogliono i mettere bastoni tra le ruote a chi crea occupazione e benessere. Come a Maserà e Tribano per fare far digerire alla popolazione la costruzione del polo logistico non poteva mancare l’ennesima promessa di nuovi posti di lavoro. Si tratta di promesse che alla prova dei fatti si sono sempre dimostrate bufale, come a Monselice con il Polo di Agrologic. Al nostro territorio non servono nuovi posti di lavoro nella logistica, ma occupazioni qualificate e ben retribuite capaci di dare uno sbocco professionale ai tanti laureati e laureate che altrimenti continueranno ad emigrare fuori regione o all’estero. La giungla di cooperative e società in appalto e subappalto, le internalizzazioni finalizzate a rompere la rigidità dei lavoratori, le retribuzioni irregolari, il caporalato, il reclutamento sempre più frequente di lavoratori dai vari centri di accoglienza straordinaria per avere manodopera ricattabile e disponibile ad ogni condizione: questa è la realtà lavorativa nella logistica. Una realtà che ADL Cobas denuncia e contrasta da sempre con i propri delegati ed iscritti. Altro che intese che servono solo a impoverire il territorio, contribuire a cementificare altro suolo e ad accreditamenti sindacali concertativi con le controparti padronali.