Si fa retoricamente un gran parlare di un ritorno alla normalità che non deve essere semplicemente un ritorno a prima dell’emergenza covid-19, bensì un nuovo inizio in grado di far tesoro dei limiti e delle storture del sistema politico, economico e sociale evidenziatesi in questi mesi. Belle intenzioni per chi ci voglia credere. La realtà, come stiamo vedendo, è ben diversa, registrata dalla rinnovata aggressività delle categorie economiche per rifarsi dei mancati o rallentati profitti e ripartire, magari, sfruttando a proprio vantaggio le limitazioni delle libertà individuali e collettive imposte dai provvedimenti anti pandemia.
Ecco allora l’associazione dei costruttori chiedere maglie più larghe e semplificazioni per riaprire i cantieri o l’associazione degli industriali dell’auto chiedere la sospensione delle limitazioni alla circolazione di auto disel e inquinanti e, più ambiziosamente, ancora l’accantonamento (assicurando si tratti solo di uno stop temporaneo) di qualsiasi investimento pubblico a favore della green economy.
In questo clima il solo annuncio dell’intenzione del governo di imporre un calmiere nazionale al prezzo al dettaglio delle mascherine protettive non poteva che sollevare immediate proteste, guarda caso, proprio delle associazioni dei farmacisti (che ovviamente non si erano indignate quando vendevano mascherine a partire da 5 sino a 10 euro) e delle imprese che le dovrebbero fornire. A essere colpito secondo questi sarebbe il sacrosanto diritto liberista di fissare il prezzo delle mascherine secondo il libero mercato della domanda e dell’offerta.
Di questa polemica ne scrive uno dei tre articoli che alleghiamo a queste note tratti dall’edizione del 29/04/2020 del Il Manifesto dal titolo “Mascherine a 50 centesimi, Arcuri contro la rivolta liberista”. Ne rende conto nella prima parte dell’intervista mentre nella seconda si tracciano gli scenari dell’introduzione dell’app di tracciamento “immuni”, altra questione spinosa per altri aspetti che attengono la privacy e le politiche di controllo sociale sulla quale si dovrà necessariamente tornare con specifiche riflessioni critiche.
La smania “liberi tutti” che sembra aver contagiato i grandi media, le forze politiche di opposizione e presenti nella stessa maggioranza di governo, così come il mondo delle imprese si concentra esclusivamente da giorni sui tempi e le modalità di riapertura delle fabbriche, dei magazzini, dei negozi, degli hotel ecc. Nessuno o quasi parla degli effetti negativi che sta producendo nei minori il protrarsi della quarantena e della mancanza di prospettive certe di riapertura di scuole d’infanzia, materne, primarie, secondarie e superiori. Su questa grave mancanza di attenzione rimandiamo all’articolo “Il tema infanzia è stato trascurato dal governo” che riporta una lunga intervista al pediatra Paolo Siani. Il nodo sollevato tocca la questione del welfare relativo all’istruzione e alla cura dei bambini, alle problematiche della salute dei bambini e degli adolescenti ma allude anche alla necessità di rimettere al centro dell’attenzione e del dibattito politico tutta la questione del welfare sociale.
Qualcosa si sta muovendo di positivo sul terreno delle lotte sociali: non solo le tante fermate nei posti di lavoro poco raccontate o sottostimate e le iniziative concrete di solidarietà con chi è in povertà o in maggiore difficoltà economica promosse da parte di reti solidali associative ma anche iniziative che mettono il dito sulla questione della casa e degli affitti che vanno pubblicizzate per la loro interessante indicazione di possibili concrete pratiche di lotta.
E’ quanto raccontato in “Il palazzo in sciopero dell’affitto alla Bolognina” dove si riporta l’iniziativa intrapresa dagli inquilini di uno stabile di Bologna di uno sciopero dell’affitto. Per maggiori informazioni si rimanda alla pagina facebook degli stessi inquilini resistenti RendStrike Bolognina.
29/02/2020 ADL Cobas