– CONTRO LE POLITICHE DEL GOVERNO RENZI E LA MODERNA SCHIAVITÙ SALARIATA IMPOSTA DAL JOBS ACT
– CONTRO OGNI COINVOLGIMENTO DELL’ITALIA IN MISSIONI DI GUERRA CONTRO I POPOLI DEL MEDIORIENTE E DEL MAGHREB
– PER IL NO AL REFERENDUM COSTITUZIONALE IN NOME DEGLI INTERESSI MATERIALI DEI LAVORATORI
– PER RILANCIARE CON LE LOTTE LA CONQUISTA DI NUOVI CONTRATTI COLLETTIVI DI LAVORO, DAL PUBBLICO IMPIEGO ALLA LOGISTICA
– PER LA RIDUZIONE DELL’ORARIO DI LAVORO A PARITÀ DI SALARIO, IL LAVORO STABILE E SICURO E IL SALARIO GARANTITO A TUTTI I DISOCCUPATI
– PER IL DIRITTO ALL’ACCOGLIENZA E AL SOGGIORNO PER CHI SCAPPA DALLE GUERRE O DALLA MISERIA: NO ALLA PROPAGANDA RAZZISTA CHE DIVIDE I LAVORATORI TRA PROFUGHI E CLANDESTINI
– CONTRO LE INUTILI “GRANDI OPERE” CHE DEVASTANO IL TERRITORIO
PER IMPEDIRE CHE SI RIPETANO ALL’INFINITO NUOVE STRAGI AD OGNI SCOSSA DI TERREMOTO
– PER IMPORRE POLITICHE URBANISTICHE CHE METTANO AL PRIMO POSTO LA VITA DEI LAVORATORI E NON IL PROFITTO
A partire dalle realtà che rappresentiamo nel mondo del lavoro, con particolare riferimento alla logistica, ma anche a vari altri spezzoni di lavoratori di settori dell’industria e del Pubblico Impiego, riteniamo sia necessario andare a costruire insieme questa giornata di sciopero, mobilitazione e lotta a partire dalle contraddizioni materiali che quotidianamente attraversiamo nei territori, nei quali è presente la nostra azione di lotta.
Dall’emergenza-casa alla devastazione dei territori, alla scuola, alla salute, vogliamo cogliere questo momento di lotta più generale per riuscire a collegare le battaglie che conduciamo in special modo nella logistica con tutte le altre realtà di lotta che esprimono una tensione sul terreno della necessità di trasformare lo stato di cose presente. Abbiamo in piedi una infinità di vertenze specifiche e generali che riguardano vari comparti della grande distribuzione, della produzione, del commercio e dei servizi.
La giornata del 21 ottobre deve diventare per noi il tentativo di ricomporre tutte queste vertenze all’interno dei vari territori, assumendo una visione più complessiva della lotta politica e di classe per indicare che oggi è possibile vincere battaglie, è possibile costruire nuove forme di autoorganizzazione in grado di scompaginare le vecchie e corrotte organizzazioni sindacali ridotte ormai ad una azione notarile rispetto alle scelte capitalistiche e governative.
Il 21 ottobre, per noi, deve servire anche a ribadire, rispetto al cosiddetto “sindacalismo di base”, che non è più tempo di scadenze rituali o di perseveranze con asfittiche quanto opportunistiche logiche concorrenziali. Urge ed è necessario fare un salto di qualità e saper puntare a costruire una vera unità di lotta su contenuti chiari e pratiche reali di lotta.
Per questo, per noi il 21 sarà un’occasione per rafforzare ed estendere le conquiste ottenute in molti magazzini della logistica a tutte quelle altre realtà nelle quali esistono ancora forme di sfruttamento di tipo schiavistico, per contrastare le nuove normative sul lavoro (jobs act, voucher, ecc), con quelle pratiche di lotta che in molti luoghi hanno portato ad imporne la disapplicazione. Perchè è quello che sta avvenendo nella realtà. Nella logistica abbiamo raggiunto molti obiettivi che vanno ben oltre i CCNL, arrivando a siglare per la prima volta in Italia, con i principali corrieri, una clausola sociale in caso di cambio di appalto che garantisce la continuità lavorativa. Alla faccia dei referendum della CGIL sui cambi di appalto!
Ora si tratta di estendere queste conquiste a tutti i magazzini d’Italia, e di conquistare un vero tavolo di trattativa nazionale sul rinnovo del CCNL che è scaduto il 31 dicembre 2015.
Per questo il 21 ottobre chiamiamo alla massima mobilitazione tutti i facchini, i drivers e gli autisti!
Ma questo sciopero ha per noi anche una valenza più generale: il governo Renzi e la maggioranza che lo guida, dopo anni di attacchi al salario, taglia in modo indiscriminato la spesa sociale: i provvedimenti reazionari come la Buona Scuola e lo Sbloccaitalia muovono verso un tentativo di rafforzare i propri poteri, cancellando ogni residuo spazio democratico. L’obiettivo di Renzi è quello di rendere le camere ancor più simili a un Consiglio di Amministrazione aziendale, il cui unico scopo è quello di esaudire le volontà dei padroni e dei grandi capitalisti sotto l’aura la cornice legislativa della democrazia borghese.
È chiaro che ciò che attiene ai mutamenti in senso limitativo della costituzione formale ha a che vedere anche con un processo di peggioramento delle condizioni di vita del proletariato e di quei segmenti della borghesia in via di proletarizzazione; ed in questo senso non possiamo che schierarci per il no al referendum proposto da Renzi. Ma ciò che ci spinge a organizzare questo sciopero generale è la necessità di costruire percorsi di lotta in grado di incidere sulla costituzione materiale, così come abbiamo fatto in tutti questi anni. Un esempio di quanto andiamo dicendo è quanto è successo sul terreno della rappresentatività sui posti di lavoro.
Come è risaputo, grazie agli accordi siglati dalla triplice nel 2013 con Confindustria sono state poste ulteriori limitazioni sul terreno della democrazia rappresentativa all’interno dei posti di lavoro. Ebbene, laddove si sono costruiti percorsi di lotta radicali – vedi la logistica –, alla faccia della costituzione formale che esclude dalle trattative tutti i sindacati non firmatari dei CCNL, il SI COBAS e l’ADL COBAS sono riusciti a conquistare diritti inesigibili sul piano formale. Le lotte sul terreno del salario innanzitutto, ma anche quelle dei bisogni e della qualità della vita, si muovono su un terreno totalmente indipendente dal piano istituzionale e formale.
Sono i rapporti di forza tra le classi a determinare “le regole del gioco” e non il contrario: per questo riteniamo che, per gli interessi di classe, se è fondamentale far cadere questo governo con ogni mezzo utile, altrettanto centrale sarà la costruzione di una mobilitazione nazionale capace di spostare l’asse dello scontro dalle urne ai cancelli delle fabbriche e alle piazze, dal terreno parlamentare delle alleanze tra blocchi di potere a quello degli interessi immediati di milioni di lavoratori, precari e disoccupati.
Per questi motivi vogliamo che lo sciopero del 21 ottobre sia da declinare attraverso concrete pratiche di blocco nei territori metropolitani così come nei luoghi di lavoro, partendo dai settori organizzati per estendersi alle figure sociali e produttive che non hanno mai scioperato, perché non possono o faticano a farlo, schiavi delle formule tradizionali della non-lotta.
Questo sciopero deve mirare a costruire ponti e relazioni tra il mondo del lavoro che si organizza e si mobilita in maniera “classica”, seguendo la straordinaria tradizione della lotta operaia, e quel segmento della classe che deve tornare a dotarsi di strumenti in grado di far male a chi comanda e, per il proprio profitto, getta nella miseria i lavoratori.
Sarà uno sciopero contro le politiche di precarizzazione del lavoro, contro l’aumento dei ritmi produttivi e l’abbassamento dei livelli salariali, dirette conseguenze della distruzione progressiva della contrattazione nazionale in atto oramai da decenni tra il lavoro e il padronato.
Sarà uno sciopero per il rispetto delle conquiste salariali fin qui ottenute con la lotta, e di tutte le forme di tutele e di diritti che, attraverso le battaglie radicali intraprese in questi anni, alcuni settori del mondo del lavoro sono riusciti a far rispettare. Sarà uno sciopero per richiedere un salario e un reddito garantito per sfuggire al ricatto della precarietà e alla trappola della miseria.
Sarà una giornata che insisterà sul diritto di sciopero, per chi può esercitarlo e per chi deve strapparlo quotidianamente: in Italia c’è una parte gigantesca della forza lavoro che non può scioperare e una parte che, pur potendo esercitare questa forma di lotta, viene attaccata violentemente, fino ad estreme conseguenze. Il SI COBAS e l’ADL COBAS hanno sempre scioperato laddove fosse necessario, ribadendo e rivendicando più che il “diritto” la pratica plurisecolare dello sciopero come l’arma più potente in mano ai lavoratori, per praticare tutte le forme di lotta atte a mettere in ginocchio i padroni.
Sarà uno sciopero, inoltre, contro i morti sul lavoro e nella lotta, il quotidiano bollettino di guerra che gli ultimi drammi di Piacenza e di Taranto riportano alla luce con forza. Non solo non si può e non si deve morire di lavoro, ma non si può e non si deve morire nella lotta.
Sarà uno sciopero contro il Jobs Act e l’attuale organizzazione del lavoro, contro la Bossi-Fini che produce sfruttamento, per garantire la mobilità di tutti, richiedenti asilo e non, per la creazione di reali canali d’ingresso per la libertà di movimento in Italia e in Europa dei lavoratori immigrati, contro l’articolo 5 del Piano Casa che produce marginalizzazione, perché tutti devono avere accesso a una casa.
Sarà uno sciopero contro le aggressioni di guerra che l’Italia, insieme alle altri grandi potenze imperialistiche, continua a perpetrare in tutto il mondo, accumulando ricchezze e profitti e portando distruzione e miseria. Si moltiplicano sempre di più gli scenari di guerra, con l’immediato risvolto di flussi migratori senza precedenti che amplificano nel mondo i disastri prodotti dalla crisi.
Sarà uno sciopero che guarda al di là dei confini nazionali, in contemporanea con i meeting di costruzione di scioperi transnazionali europei, che guarda all’esperienza francese di battaglia alla Loi Travail come modello da seguire, se non nella sua conduzione, come movimento della massa lavoratrice.
Sarà uno sciopero per affermare con forza il diritto all’asilo, al soggiorno e al lavoro a salario pieno per tutti gli immigrati.
SOLO LA LOTTA PAGA
UNITI SI VINCE