Dal Governo è arrivato il via libera alla tracciabilità dei voucher.
Come abbiamo scritto qualche giorno fa a seguito del rinvio della votazione delle modifiche allla normativa sul lavoro accessorio, al netto del nero coperto dai buoni lavori, nel 2015 ci sono stati 115 milioni di voucher attivati, di cui 15 milioni solo in Veneto. Un numero spaventoso, che giusto per farsi un’idea corrisponderebbe a circa 170.000 unità di lavoro part-time e che non accenna a stabilizzarsi, visto che nel primo trimestre del 2016 l’INPS certifica un aumento del 45% rispetto al primo trimestre del 2015.
Non è tanto il possibile uso fraudolento dei voucher che ci indigna, ma il fatto che il lavoro accessorio stia favorendo la sostituzione di lavoro subordinato con una tipologia di lavoro totalmente flessibile, povera (non si applicano i minimi contrattuali) e priva di diritti e tutele (quelle del ccnl, del codice civile e delle leggi sul lavoro subordinato)
Cosa cambia con questo intervento del Governo? Quasi nulla. Le imprese, certo, non potranno più tirare fuori i voucher alla bisogna, e quindi coprire il nero sarà teoricamente più difficile, ma il punto qui è che i controlli non si fanno! Per di più viene abolito il tetto dei 2000 € per le aziende agricole. Non crediamo che nelle tante Rosarno, del nord e del sud Italia, la tracciabilità cambierà la vita dei braccianti.
Qui sotto trovate l’articolo originale scritto prima dell’approvazione del decreto da parte del Consiglio dei Ministri.
“Al fine di eliminare comportamenti illeciti o aggiramenti della norma, nel prossimo intervento di modifica dei decreti del Jobs Act introdurremo un intervento che amplia la strumentazione per la tracciabilità dei voucher, stabilendo l’obbligo per l’impresa di una comunicazione via sms o telematica prima di utilizzare questi strumenti”.
Questo è quanto affermava il Ministro Poletti a marzo rispondendo ad una interrogazione parlamentare conseguente alla “scoperta” dell’epidemia di voucher che ha colpito il nostro Paese a partire dal 2012, anno in cui è stato completamente liberalizzato il loro utilizzo.
Il Ministro, sbandierando questo provvedimento per settimane e settimane, ha cercato di fare passare la tesi del rischio di buttare il bambino con l’acqua sporca. Il lavoro accessorio è infatti per il Governo un’innovazione positiva che ha permesso l’emersione di lavoro nero, che però deve essere rivista nella parte relativa all’attivazione dei buoni per evitare abusi da parte di imprese disoneste.
Come avevamo evidenziato in un nostro articolo, i buoni lavoro mettono a disposizione dei datori di lavoro un efficacissimo strumento per tutelarsi da eventuali controlli degli organi ispettivi. Basta comprare qualche voucher, da tirare fuori alla bisogna (ispezione o infortunio del lavoratore) per poter tenere serenamente a nero un lavoratore: con un buono lavoro al giorno, ad esempio, si possono coprire 269 giornate lavorative!
Per intervenire su questa “svista” la settimana scorsa il Consiglio dei Ministri avrebbe dovuto varare un sistema di tracciabilità che a quanto pare sarebbe basato sulla comunicazione preventiva dei dati anagrafici del lavoratore, del luogo e della durata dell’impiego accessorio. Il testo prevederebbe anche una sanzione compresa tra un minimo di 400 € e un massimo di 2400 € in caso di violazione della comunicazione…ma qui si sa il problema è quello delle ispezioni.
Il Ministro Poletti però, dopo tutte le aspettative generate da una continua esposizione mediatica sulla questione, ha annunciato all’ultimo che le modifiche al lavoro accessorio non sarebbe state discusse in quella seduta.
Che si tratti di una retromarcia del Governo o di un semplice slittamento a dopo le elezioni il punto per noi è un altro. Al netto del nero coperto dai buoni lavori, nel 2015 ci sono stati 115 milioni di voucher attivati, di cui 15 milioni solo in Veneto. Un numero spaventoso, che giusto per farsi un’idea corrisponderebbe a circa 170.000 unità di lavoro part-time e che non accenna a stabilizzarsi, visto che nel primo trimestre del 2016 l’INPS certifica un aumento del 45% rispetto al primo trimestre del 2015.
Non è tanto il possibile uso fraudolento dei voucher che ci indigna, ma il fatto che il lavoro accessorio stia favorendo la sostituzione di lavoro subordinato con una tipologia di lavoro totalmente flessibile, povera (non si applicano i minimi contrattuali) e priva di diritti e tutele (quelle del ccnl, del codice civile e delle leggi sul lavoro subordinato). E non parliamo qui di lavoro marginale, quello degli “extra” nel fine settimana, come gli ultras dei voucher vorrebbero far credere. Ad essere sostituito è sempre più spesso il lavoro “ordinario” nei servizi, nel commercio, nel turismo. Ai nostri sportelli si rivolgono però non di rado autisti, magazzinieri, operai metalmeccanici, grafici, web designer… e recentemente pure impiegati amministrativi e responsabili del marketing!
La deriva neoliberista verso una crescente manomissione del lavoro subordinato – del suo prezzo e delle sue tutele – è qui evidente e va combattuta con forza. Per questo come ADL COBAS continuiamo nella nostra campagna contro i voucher che oltre alla denuncia e alla richiesta di abrogazione di questo strumento di precarizzazione, passa per la costruzione di vertenze individuali e collettive, unico modo concreto per disincentivare l’utilizzo del lavoro accessorio da parte delle aziende.