Sveglia all’alba per ospedali lindi e in ordine: l’importanza delle addette alle pulizie
Non solo medici e infermieri. Nel clima di emergenza da Coronavirus che stiamo vivendo, è doveroso ricordare tutte le persone che si stanno sacrificando per fare la loro parte negli ospedali.
Comprese le addette alle pulizie, che ogni giorno si alzano all’alba per svolgere il loro lavoro e far trovare a pazienti e personale sanitario i reparti puliti e in ordine, soprattutto in questi giorni in cui l’igiene, per il rischio di contagio, è particolarmente sotto osservazione.
“Siamo le lavoratrici invisibili. Siamo quelle che si alzano alle 5 del mattino, ma nessuno ci vede. Lasciamo solo il nostro passaggio di pulizia, spesso scontato. Come se non fosse cosi importante. Anche noi ci siamo.
Anche noi, operatrici addette al servizio di pulizia ospedaliero in questo periodo facciamo di tutto per rendere il nostro presidio più sicuro possibile. Noi ci siamo, nonostante nessuno ne parli, nonostante le paure, stante i rischi in cui anche noi e le nostre famiglie potremmo incorrere.
Ci siamo e lavoriamo anche se abbiamo un Contratto Collettivo scaduto da 7 anni, con stipendi ridicoli, spesso con carichi di lavoro insostenibili che causano pesanti ripercussioni fisiche e psicologiche al personale.
Lavoriamo incessantemente come gli altri, per noi e per tutta la comunità”.
Facciamo nostra questa testimonianza resa da una lavoratrice delle pulizie nella sanità in provincia di Bergamo perché purtroppo si tende a mettere in ombra le lavoratrici ed i lavoratori dei servizi in appalto che sono sottoposti agli stessi rischi del personale sanitario.
Nell’ospedale di Schiavonia le lavoratrici del settore delle pulizie stanno vivendo con molta apprensione e disagio questa nuova destinazione della struttura. Nelle cosiddette “Aree protette” (o Covid-19) la vestizione con tutti i DPI non consente, per tutto l’orario di lavoro, di soddisfare le esigenze minime (come bere, andare in bagno ecc.), se non ripetendo tutta la procedura di svestizione e vestizione. C’è anche il timore che l’utilizzo dei DPI non siano sufficienti a garantire la propria sicurezza e che l’eventuale scarsità degli stessi (secondo notizie che circolano insistentemente in questi giorni), possa penalizzare soprattutto loro. Per il momento, inoltre, non sembra necessario ricorrere alla cassa integrazione ma la chiusura di reparti, poliambulatori, uffici e servizi vari, lascia aperta tale possibilità.
Nell’ospedale di Piove di Sacco, alle lavoratrici addette alle pulizie, non vengono neanche fornite le mascherine come avviene, invece, per tutti gli altri lavoratori che operano nei reparti, dove è sostanzialmente impossibile garantire la distanza di sicurezza tra le persone.
Il settore delle pulizie è caratterizzato da una forte presenza femminile con prevalenza di contratti part-time che, negli ultimi anni, ha già visto continui tagli sugli orari di lavoro e sulle retribuzioni determinando un netto peggioramento della situazione dell’igiene all’interno degli ospedali e di molti altri settori del servizio pubblico.
Con la vicenda dell’epidemia si è dovuto far fronte ad un aumento dei carichi di lavoro e del rischio di contrarre l’infezione, ma ciò che è importante far emergere è che il “coronavirus” ha messo clamorosamente in luce come i vari tagli operati sulla sanità pubblica e l’inarrestabile processo di esternalizzazione e privatizzazione, stiano producendo il rischio di un collasso dei servizi di Pronto Soccorso e Rianimazione. Mentre tutto il settore privato della Sanità è proliferato enormemente.
Lavorando in tale contesto, appunto, dobbiamo fare anche i conti con la miseria dei livelli salariali del nostro settore.
Siamo, però, anche cittadini e utenti delle strutture in cui lavoriamo e quello a cui stiamo assistendo ci preoccupa: privare una popolazione di circa 180.000 utenti di un ospedale, ci preoccupa molto. Perché espone noi e i nostri cari a rischi di altra natura, nel momento in cui si presenta la necessità di intervenire urgentemente e si dovrà ricorrere a strutture molto distanti.
Crediamo che con due strutture ospedaliere come quelle di Monselice ed Este, dismesse da poco più di 5 anni (e non da 10 anni come è stato più volte detto), si potevano e si possono ancora fare scelte molto diverse per evitare la chiusura di una struttura fondamentale per il territorio come l’ospedale di Schiavonia.
ADL COBAS/Lavoratrici e lavoratori delle pulizie di Schiavonia/Monselice e Piove di Sacco