Prima le spinte d’ordinanza. Poi i pugni senza complimenti, anche alle donne. Infine hanno spianato i taser, gli storditori elettrici. Ieri intorno alle 10.30, nello stabilimento più grande d’Europa della Coca Cola (450 dipendenti), la vertenza sindacale è stata “risolta” così dagli addetti alla sicurezza privata.
È l’ultima manifestazione di una protesta che da settimane fa pessima pubblicità al logo della bevanda planetaria. Si tratta della lotta avviata da Adl Cobas con i lavoratori della logistica interna, per lo più migranti. Sciopero l’8 marzo e presidi davanti ai cancelli di via Molino di Sopra; occupazione del tetto della fabbrica con i carabinieri in assetto anti-sommossa; un corteo l’11 marzo dalla chiesa al municipio (per la prima volta in 42 anni di presenza della Coca Cola a Nogara). Adl Cobas difende 14 “esuberi” fra cui 12 iscritti al sindacato, compresi due delegati della Rsu. Ieri di nuovo tutti all’ingresso dello stabilimento, fino ai tafferugli con la security culminati nell’inedito episodio delle “pistole elettriche” usate nei confronti dei manifestanti. Due hanno avuto bisogno di cure mediche all’ospedale di Legnago.
Una vicenda sintomatica quanto inquietante che oggi approda in parlamento con l’interrogazione urgente dei deputati Nicola Fratoianni, Giulio Marcon e Giovanni Paglia (Sinistra Italiana) al ministro dell’interno Minniti e a quello del lavoro Poletti.
A Nogara, la Coca Cola da sempre “disseta” l’occupazione con una sorta di pace sociale mai scalfita, tanto più in tempi di crisi. Ma come in tutto il Nord Est è la logistica a far esplodere la facciata di cartapesta nella gestione del lavoro, che per molti versi ha anticipato di lustri le “riforme” del governo Renzi. Sono un centinaio gli addetti al magazzino che da poco meno di tre anni è affidato alla multinazionale svizzera Kuhene Nagel, che appalta la logistica al Consorzio Soluzioni Globali. Non basta, perché la catena si allunga fino al Consorzio Vega. Attraverso Zetajob (una delle sigle consorziate) Vega dal 1 marzo subentra alla coop Smart e s’innesca la miccia. Nel cambio d’appalto, all’interno dell’intricata filiera che contraddistingue gli “imprenditori” del settore, si azzerano i diritti di chi lavora. La nuova organizzazione comporta 14 contratti a tempo indeterminato in meno, anche se si sollecita l’aumento di lavoratori stagionali. E per di più l’elenco di chi deve lasciare Nogara combacia quasi del tutto con gli iscritti di Adl Cobas. Così da tre settimane la vertenza è salita di tono, fino alla clamorosa “sparatoria elettrica” di ieri mattina.
«Coca Cola e le cooperative usano i licenziamenti contro i lavoratori: ciò è gravissimo, mentre ripropone la questione dello sfruttamento da parte dei committenti. Proprio quando norme europee e un referendum impongono invece l’ampliamento delle tutele, a partire dal mantenimento dei diritti acquisti nei cambi di appalto che si configurano come cessione di ramo d’azienda» evidenzia Roberto Malesani di Adl Cobas Verona.
Infine, la vicenda porta alla luce due aspetti poco noti. Come già raccontato nell’inchiesta di “Altraeconomia” del 2013, la multinazionale ha ottenuto dalla Regione Veneto una concessione per sfruttare tre pozzi d’acqua a Nogara pagando 13.406 euro all’anno invece dei quasi 600 mila della normale tariffa.
L’uso del taser, invece, riporta alla circolare numero 559/C-50.652-E-97 del 10 dicembre 1997 con cui il Viminale inseriva il Thomas A. Swift’s Electronic Rifle – inventato negli Usa alla fine degli anni ’60 – come “arma propria” alla stregua del tirapugni. Si legge: «Questi strumenti possono essere acquistati solo da chi ha una licenza di porto d’armi o il nulla osta all’acquisto, debbono essere denunziati e ne è vietato il porto in modo assoluto (arresto da 18 mesi a tre anni per i contravventori)».