Ieri e oggi numerosi quotidiani nazionali e locali hanno dato ampio risalto al tema del lavoro accessorio pagato con i voucher.
Alla luce di quanto è stato scritto ci teniamo a fare alcune considerazioni. Dalla lista dei primi 200 committenti emerge chiaramente quello che andiamo dicendo da diverso tempo, ossia che i voucher sono diventati uno strumento per sostituire lavoro dipendente con un lavoro povero, privo di tutele e immediatamente sostituibile. Una sciagura innanzitutto per chi deve subire questo tipo di ingaggio, ma anche un potentissimo dispositivo di ulteriore precarizzazione, svalorizzazione e disciplinamento di tutti i lavoratori o aspiranti tali.
Un ragionamento in più deve essere fatto sull’utilizzo del lavoro accessorio da parte delle Amministrazioni pubbliche. Secondo noi emergono con forza 3 questioni che sono tra loro interconnesse:
1) Innanzitutto è evidente che lo Stato nelle sue articolazioni e funzioni, nonostante i processi di privatizzazione e di esternalizzazione, ha bisogno di lavoratori per coprire numerose attività e mansioni. Che siano manuali o intellettuali, semplici o complesse questo è poco importante perchè si tratta sempre e comunque di lavoro necessario a garantire beni, servizi e diritti per i cittadini.
2) Il blocco delle assunzioni deve essere rimosso il prima possibile. Gli Enti Pubblici devono fare pressione verso il Governo perchè questo avvenga e non cercare facili scorciatoie che scaricano sui lavoratori tutto il peso di questa politica neoliberista. Ricordiamo sempre che tra i 15 e i 20 miliardi di euro sono stati facilmente trovati per finanziare la politica fallimentare della decontribuzione. La scelta di bloccare le assunzioni nel pubblico impiego è quindi una scelta tutta politica.
3) I voucher vengono usati come arma di distrazione di massa per non affrontare il nodo del reddito e del welfare state. La retorica usata dai Comuni è che si tratta di una forma di sostegno al redditto per soggetti costretti alla marginalità economica, disoccupati di lungo periodo o fuori dal perimetro dei sostegni al redditto. Detto che tra i lavoratori accessori della Pubblica Amministrazione troviamo anche numerosi giovani lavoratori altamente qualificati che non riescono a trovare altro forma di lavoro, noi consideriamo la retorica del voucher come sostegno al redditto quanto meno fuorviante (quando viene utilizzata in buona fede), se non nociva.
In Italia, ma non solo, esiste una grave dinamica di impoverimento della società. Non possiamo pensare che questo fenomeno sia affrontato con strumenti parziali, selettivi ed insufficienti, come i voucher, che non risolvono i problemi dei singoli nè le dinamiche più sistemiche connesse all’assenza di un redditto sufficiente tra ampie fasce della società.
Per ADL COBAS invece chiedere l’abrogazione dei voucher significa quindi anche lottare per un ampliamento della base occupazionale, per un welfare inclusivo e non discriminante e per un reddito di base garantito.
PS: aggiungiamo una riflessione dedicata a Padova
La posizione della FP-CGIL di Padova espressa su i quotidiani locali ci lascia senza parole. Invece di mettere al centro del discorso i tagli e la privatizzazioni di molte funzioni e servizi pubblici, invece di impegnarsi a sostenere il referendum, promosso dalla CGIL stessa, per l’abrogazione del lavoro accessorio, minimizza la questione e la giustifica! Di più, arriva a “garantire che a non si sono verificati casi di utilizzo improprio dello strumento” a Padova. Ma come? Il senso del referendum sta proprio nel rifiuto del lavoro accessorio in quanto forma d’impiego. La categoria “uso improprio” non ha alcun valore giuridico. Il lavoro accessorio se rispetta alcuni requisiti economici è sempre legalmente utilizzabile e questa è l’unica cosa che conta.