Il 18 gennaio siamo andati a Prato con un paio di pullman e un pugno di macchine per manifestare la nostra indignazione contro la Legge 77/2019, ex decreto Salvini, nella sua applicazione concreta nei confronti di 19 operai in sciopero e 2 studenti solidali. Sono stati sanzionati con una multa di oltre 70.000€ per aver effettuato un blocco stradale, con i loro, corpi, in concomitanza di uno sciopero contro la Lavanderia Superlativa di Prato, appunto.
Blocco stradale, blocco delle portinerie, picchetto sono secolari comuni pratiche di lotta sociale, divenute reato aggravato da pesanti multe, grazie alla legge Salvini, così come lo sono l’uso di fumogeni, petardi, aste o scudi o altro materiale atto a difendersi nelle piazze. Tutti episodi e comportamenti a cui ciascuno di noi ha partecipato, a cui diamo e daremo vita, per la semplice ragione che sono parte integrante del conflitto sociale, della vita quotidiana di qualsiasi sindacato, di qualsivoglia comunità in lotta.
Una applicazione della legge Salvini alle lotte operaie, questa di Prato, fin’ora, episodica – sappiamo di un caso analogo a Napoli, uno nei confronti dei portuali di Genova o qui si più eclatante il caso dei pastori sardi – ma che contiene una potenziale grande forza di interdizione verso chi lotta e che disubbidisce ai diktat contenuti in questo dispositivo di sicurezza e ordine pubblico. Prefigurando un controllo sociale stringente sulla conflittualità diffusa, tanto allarmante e pericoloso quanto quello previsto per le operazioni di salvataggio in mare ad opera delle ONG. Con la differenza che su quei e per quei episodi si è – con grande determinazione soggettiva, sacrifici e dispendio di energie collettive – riusciti a sollevare un importante vespaio con riflessi istituzionali e parlamentari, su di queste concrete applicazioni interne della Legge 77/19, poco si è detto e fatto.
Tranne che a Prato, dove il sindacato locale Sicobas è stato capace di coinvolgere, di raccogliere la società civile locale, dalle Sardine all’ARCI, dalla RSU Piaggio ai Cobas, oltre a migliaia di lavoratori, sindacalmente organizzati, dando vita ad una ricca e partecipata manifestazione, che ha saputo superare, con leggerezza, il divieto di penetrare il centro storico, ed ha occupato il Palazzo, simbolo del potere cittadino.
E’ stata, dunque, una prima importante e decisa risposta al terrorismo sociale della legge Salvini, un primo passo contro la sua concreta applicazione interna. Una occasione per esserci, farsi vedere e sentire, che è stata sottovalutata da molti, incapaci di coglierne la reale valenza sociale. Le stesse esperienze di movimento e sociali, che hanno dato vita, nell’anno passato, a delle importanti iniziative di relazione e convergenza contro i decreti Salvini, che hanno prodotto diverse e partecipate mobilitazioni e manifestazioni locali e nazionali, sono come svaporate col cambio di governo. Senza valorizzare e partecipare alla manifestazione di Prato, quasi si fosse abbandonato il percorso reale e unificante contro la filosofia istituzionale, trasversale e securitaria, rappresentata dal filo nero che lega la Bossi-Fini alla Minniti-Salvini. Con Salvini in cattedra a pontificare.
Si era creato un vuoto politico, un baratro. Bene lo hanno capito le Sardine, che contro quello che che Salvini e la Lega rappresentano, hanno prodotto una, informale ma molto reale, coalizione sociale di scopo, sottraendo, di fatto, lo spazio pubblico contro la xenofobia e l’autoritarismo, ad una soggettività ingarbugliata e diffidente, ma movimentando e riempiendo festosamente le piazze.