Ci sembra doveroso provare ad analizzare nei dettagli gli esiti di una lotta che ha avuto un clamore internazionale perché ha coinvolto una grande azienda della stampa, guidata da un proprietario che non ha avuto remore a rilasciare dichiarazioni di stampo razzista in una famosa intervista rilasciata al quotidiano La Stampa. Un’azienda, Grafica Veneta che aveva al suo interno una società (BM Service) che lavorava in appalto, capitanata da padre e figlio pakistani , la quale per anni aveva ridotto in schiavitù tutti quei loro connazionali (una trentina circa, dislocati tra Grafica Veneta e Barizza Srl) che hanno lavorato in queste due aziende, arrivando ad organizzare nei confronti di una decina di loro un vero e proprio pestaggio a scopo intimidatorio per dissuaderli dal rivolgersi al sindacato. Come è ormai noto questi lavoratori facevano una media di 10/12 ore al giorno per 7 giorni a settimana in cambio di un retribuzione di circa 1000 € al mese, costretti anche a pagare un affitto, per la casa intestata a BM Services, che produceva altri lauti guadagni. Da qui nasce l’inchiesta giudiziaria che porta agli arresti il 26 luglio dello scorso anno dei titolari di BM Service e di due dirigenti di Grafica Veneta.
Da quel momento, tutti i lavoratori dipendenti di BM Services venivano lasciati a casa in quanto Grafica Veneta decideva di chiudere ogni contratto di appalto.
Un gruppo di una quindicina di lavoratori di origine pakistana, dopo essersi rivolti inizialmente alla SLC-CGIL, non soddisfatti dell’approccio ricevuto, si rivolgevano a noi e con loro si concordava di avviare una lotta per rivendicare l’assunzione di tutti i lavoratori rimasti a casa direttamente da Grafica Veneta, con il riconoscimento delle relative differenze retributive.
Da quella prima riunione si sviluppava una serie di iniziative, a volte organizzate congiuntamente con la Fiom-Cgil (anche loro avevano un gruppo di lavoratori provenienti per lo più dai centri per richiedenti asilo) consistite in presidi davanti ai cancelli di Grafica Veneta, manifestazioni, spettacoli di solidarietà, volantinaggi, azioni di denuncia, che si intrecciavano con gli innumerevoli incontri avuti in Prefettura. In tutti questi mesi, da luglio fino ad oggi, Grafica Veneta, tramite l’Avv. Spata, alias “Dott. Jekil e Mister Hide”, padrone cinico e baro in certi momenti e difensore di lavoratori in altri, – colui che ha gestito per conto di Franceschi tutta l’infame operazione, continuando a mentire spudoratamente sulle responsabilità di Grafica Veneta in merito ai rapporti di lavoro esistenti all’interno dello stabilimento – ha continuato un giorno a dire una cosa e il giorno dopo a smentirla, prendendo per il culo non solo i lavoratori ma la stessa Prefettura. In particolare, quando nell’incontro del 15 settembre l’avvocato Spata dichiarava ufficialmente davanti al prefetto che Franceschi in persona aveva dato via libera alla soluzione della vertenza che avrebbe portato all’assunzione di tutti i lavoratori coinvolti nella vertenza, con un contratto a tempo indeterminato per coloro i quali lo avevano già con BM Services e con tempo determinato per quelli che avevano questa tipologia di contratto e con la disponibilità di Grafica Veneta ad una verifica congiunta sulle differenze retributive. La riunione veniva rinviata alla mattina del giorno dopo solo per problemi di impegni pregressi ma con l’assicurazione da parte del Prefetto che ci sarebbe stato il lieto fine. Tant’è che, usciti dalla Prefettura, la stampa veniva informata sulla svolta positiva che si era prodotta dopo quasi due mesi di iniziative di lotta. Il Prefetto inoltre, si era premurato di informarci, come a suggellare l’evento, che la mattina dopo, alle ore 8, ci avrebbe fatto trovare brioches e cappuccini per festeggiare la conclusione positiva della vertenza. Ma evidentemente, a Grafica Veneta e al suo degno rappresentante “Dott. Jekil & Mister Hide”, manca completamente anche il senso del pudore al punto che il giorno dopo si sono presentati in Prefettura smentendo quanto dichiarato il giorno precedente, adducendo come scusa, il fatto che si poteva concludere la vertenza solo dopo la fine del procedimento penale nei confronti dei due dirigenti di Grafica Veneta, previsto a distanza di circa un mese con la richiesta di patteggiamento. Ma allo stesso tempo “Dott. Jekil & Mister Hide” pretendeva il silenzio assoluto da parte sindacale.
Si può ben immaginare quale possa essere stato lo sconcerto provocato da questa dichiarazione la mattina del 16 settembre, non solo tra le parti sindacali, ma anche da parte della Prefettura che si è limitata a invitarci ad avere fiducia e che, a suo dire, Franceschi avrebbe rispettato l’impegno preso.
Da quel momento, ovviamente il tavolo prefettizio perde di significato proprio per l’inaffidabilità dell’interlocutore e, come parti sindacali, pur non escludendo nulla, si dichiarava che ciò che era accaduto non aveva bisogno di ulteriori commenti. Aggiungendo che, se dopo il patteggiamento, Grafica veneta avesse avuto intenzione di dare seguito alla promessa fatta, ovviamente sarebbe stata ben accolta, ma che noi non avremmo rinunciato a mettere in campo opportune azioni sindacali e giudiziarie.
Va tenuto in considerazione che da luglio tutti i lavoratori dipendenti di BM Services rimanevano senza lavoro e senza stipendio, alcuni avevano problemi di permesso di soggiorno, BM Services aveva dato disdetta del contratto di affitto e di luce e gas della casa dove abitava una decina di lavoratori e che bisognava aprire la richiesta di FIS (fondo integrativo salariale). Come Adl Cobas apriamo immediatamente una cassa di resistenza per sostenere la lotta e la sopravvivenza dei lavoratori che ci avevano dato fiducia. Convinciamo la proprietaria della casa a riformulare il contratto di affitto che puntualmente abbiamo pagato fino ad oggi; facciamo rifare i contratti di luce e gas (veniva tagliata la luce e abbiamo garantito con un generatore la fornitura della corrente elettrica) ; organizziamo cene di solidarietà, collette tra i lavoratori di altri settori, spettacoli e iniziative di vario genere per garantire il sostentamento dei lavoratori in lotta. E’ innegabile che questa lotta assume nel corso del tempo una valenza politica e simbolica molto importante perché fa emergere uno spaccato del ricco nordest che vede convivere all’interno di quelle che vengono definite “eccellenze” del modello produttivo forme di sfruttamento che riproducono meccanismi di controllo che hanno a che vedere con rapporti di schiavitù. Non è la prima volta che come Adl Cobas incrociamo queste situazioni, ma è solo la conferma sull’uso spregiudicato di caporali di origine straniera che garantiscono al sistema economico del Nord Est una forza lavoro estremamente flessibile e ricattabile. Nel corso degli ultimi anni, abbiamo denunciato situazioni analoghe in Gottardo/Tigotà, in Alì spa, in Aspiag, in aziende agricole (Tresoldi), in Maxi D, ecc., che hanno portato anche all’apertura di inchieste per caporalato e a conseguenti arresti.
Il 29 ottobre arriva la sentenza di patteggiamento sui dirigenti di Grafica Veneta che vede il sostanziale riconoscimento delle imputazioni mosse nei loro confronti. Grafica Veneta tenta maldestramente di rilasciare interviste nelle quali vorrebbe far credere che la sentenza scagiona i suoi dirigenti, ma questo atteggiamento non fa altro che rendere ancora più odiosa l’arroganza di un padrone che pensa di stare su un piedistallo al di sopra di tutti. Per quanto riguarda la promessa di procedere con le assunzioni dopo la conclusione del procedimento penale, non se ne fa nulla.., ma non potevano esserci dubbi, visto i precedenti.
Nel frattempo, Grafica Veneta, anche per vie traverse (contatti tra avvocati) ribadiva che non vi era alcuna intenzione di inserire i lavoratori pakistani, nonostante avesse un gran bisogno di assumere un centinaio di lavoratori. Fino a qui la ricostruzione della vicenda per arrivare al colpo di teatro di questi giorni.
UNA VITTORIA CHE LASCIA DISGUSTO E AMAREZZA
Nelle scorse settimane, tra fine gennaio e primi di febbraio, gli avvocati di Adl Cobas, su mandato di 13 lavoratori depositano 13 ricorsi per appalto illecito e per richiedere le differenze retributive, che ammontavano fino a 100 mila € per quei lavoratori che avevano lavorato da alcuni anni. Mentre gli avvocati della Fiom Cgil si muovevano contro Franceschi per le dichiarazioni di stampo razzista rilasciate al giornale La Stampa di Torino.
Cosa sia successo di preciso in queste ultime due settimane e in particolare nella prima settimana di febbraio che ha indotto Franceschi a procedere in un primo momento a far visita alla Moschea frequentata da pakistani ed, in un secondo momento, ad annunciare che i pakistani che erano in causa per il posto di lavoro sarebbero stati assunti, non è dato a sapersi, ma possiamo tranquillamente intuirlo.
Fatto sta che nella giornata di domenica 6 febbraio veniamo a sapere dai giornali che, a seguito di questa imprevedibile e imbarazzante visita alla Moschea e alla annunciata relazione tra Franceschi e la Comunità Pakistana, (viste le dichiarazioni razziste di Franceschi sui pakistani) il giorno dopo, lunedì 7 febbraio, i pakistani in causa con Grafica Veneta, ma non solo loro, erano stati convocati in Grafica Veneta presumibilmente per essere assunti. Nella giornata di domenica, dopo avere letto la notizia dai giornali chiamiamo i lavoratori, che ritenevamo essere ancora da noi assistiti, per incontrarli e per capire cosa stesse realmente succedendo. Nel pomeriggio di domenica ci rechiamo nella loro casa a Trebaseleghe, il cui affitto, da cinque mesi lo stiamo pagando noi come Adl, per capire qualcosa. All’incontro, presenti 6 lavoratori tra i nostri assistiti, non sanno spiegarci, ma in realtà, – lo capiamo solo il giorno dopo – non vogliono spiegarci, il perché non ci avevano avvertito del fatto che erano stati convocati da Grafica Veneta per effettuare le visite mediche e per essere assunti. Con varie acrobazie linguistiche ci assicurano che sono sempre con i Cobas e che il giorno seguente non avrebbero firmato nulla, non prima di averci inviato il contenuto delle proposte di Grafica Veneta. Rimaniamo alquanto perplessi delle spiegazioni che ci vengono fornite e rimaniamo d’accordo che la mattina seguente ci saremmo sentiti perché prima di firmare qualsiasi cosa ci avrebbero fatto vedere cosa veniva chiesto loro di firmare.
Ma la mattina successiva, alle 9, aprendo le mail, scopriamo che il giorno prima, domenica 6, un rappresentante della comunità Pakistana ci aveva fatto pervenire 8 revoche del mandato sindacale per altrettanti lavoratori, con il ringraziamento per tutta la solidarietà che abbiamo loro fornito negli ultimi 7 mesi . Rimaniamo allibiti soprattutto per il fatto che li avevamo incontrati il giorno prima e che non ci avevano detto nulla sul fatto che avevano già firmato le disdette, ma anzi, ci avevano lasciato ad intendere che chiedevano ancora la nostra assistenza per tutte le pratiche da firmare per le assunzioni. Nel corso della giornata veniamo a sapere che Grafica Veneta assumeva 19 pakistani (alcuni assunti a tempo indeterminato e altri a tempo determinato) e che venivano anche sottoscritti dei verbali di conciliazione per sanare tutto il pregresso con importi ben al di sotto di quanto risultava dai nostri calcoli.
Al fine di chiarire quanto successo chiediamo per il giorno seguente un incontro. Ci presentiamo a Trebaseleghe e all’incontro con i lavoratori pakistani troviamo la presenza di una rappresentanza della “comunità pakistana”. E’ difficile riportare l’insieme di bugie e di mancate risposte che ci vengono portate a giustificazione della scelta effettuata di revocare i mandati e di farsi assistere dalla comunità pakistana e dalla UILM.
A conclusione di questa vicenda pensiamo si debbano fare alcune considerazioni.
- La decisione di Grafica Veneta di arrivare ad assumere i lavoratori Pakistani che erano in precedenza alle dipendenze di BM Services è il frutto esclusivamente della lotta che in questi 7 mesi abbiamo condotto con estrema determinazione, coinvolgendo anche la società civile. Avendo subito un danno di immagine enorme, Grafica Veneta non poteva permettersi di andare avanti ancora per mesi trovandosi al centro di altri processi, sia per le dichiarazioni a sfondo razzista, sia per appalto illecito e per le enormi differenze retributive che abbiamo denunciato. Per questo motivo Grafica Veneta aveva bisogno di pulire la pessima immagine che si è fatta in questi mesi, lasciando ad intendere ( con la visita alla Moschea) che Franceschi non ha alcun pregiudizio razzista, al punto di voler assumere proprio quei pakistani che, fino a poche settimane fa, aveva ribadito di non voler assumere, a condizione però che revocassero l’adesione a Adl Cobas.
- Certo si tratta di una operazione estremamente spregiudicata ad uso e consumo dei media che è stata resa possibile grazie alla complicità di una associazione di pakistani, ma nella sostanza si tratta di una vittoria della lotta che in tutti questi mesi abbiamo portato avanti indicando sempre con precisione gli obiettivi che puntualmente Grafica Veneta ha sempre respinto. Vale a dire: in prima istanza assunzione di tutti i lavoratori rimasti a casa (erano 27) a tempo indeterminato, visto che Grafica Veneta aveva da tempo annunciato che aveva bisogno di 100 lavoratori, ed in subordine, assunzione a tempo indeterminato per chi già aveva l’indeterminato con BM Services e determinato per chi aveva questa tipologia di contratto, con il riconoscimento delle differenze retributive accertate. Questi obiettivi ribaditi fino all’ultimo incontro in Prefettura del 15 settembre sono sempre stati respinti da Grafica Veneta. Risulta quindi evidente che il voltafaccia di Grafica Veneta e la decisione di assumere proprio i pakistani si riassume con le due motivazioni che abbiamo già indicato: la prima è quella di cercare di pulire l’immagine, la seconda quella di far fuori Adl Cobas. Un atto estremo, in contrasto con tutte le dichiarazioni prese in precedenza , ma che sta a testimoniare di quanto male abbia fatto a Grafica Veneta la lotta che abbiamo condotto.
- Cosa rimane di questa lotta? Da un lato la netta convinzione che la determinazione che abbiamo messo nel dare continuità alle iniziative messe in campo su più piani, ha indotto alla fine Grafica Veneta ad accettare quasi interamente le nostre rivendicazioni (con la sola eccezione dell’entità del riconoscimento delle differenze retributive). Senza la lotta la vicenda si sarebbe chiusa già da mesi con la perdita del posto di lavoro. Dall’altro però rimane una grande amarezza per come questi lavoratori, con i quali abbiamo sempre condiviso tutti i passaggi sia di lotta, sia sul piano giudiziario, e per i quali abbiamo messo in campo una grande campagna di solidarietà, hanno accettato di essere coinvolti in una operazione molto squallida che li ha portati a cancellare tutto quello che avevamo fatto assieme, mentendoci spudoratamente su quello che stavano facendo. Un’ulteriore considerazione va fatta sul ruolo che ha assunto la cosiddetta “comunità pakistana”, la quale si è messa al servizio di una società e di un uomo che aveva avuto parole gravissime proprio nei confronti del loro popolo e che ha consentito a Grafica Veneta di levarsi di torno l’unico sindacato che aveva avuto il coraggio di mettersi contro il colosso della stampa di Trebaseleghe. Possiamo anche comprendere le difficoltà della vita quotidiana, il futuro incerto e lontano, il clima di ricatti, di intimidazioni che hanno vissuto e subìto questi lavoratori, ma non possiamo giustificare il modo con il quale hanno ceduto a questi ricatti; ci hanno fatto mancare la fiducia, la trasparenza, l’onestà con cui noi ci siamo sempre rapportati a loro. Peccato anche perché, alla fine chi ci guadagna da questo “tradimento” del percorso di lotta che aveva visto centinaia di altri lavoratori scendere al loro fianco contro Grafica Veneta e solidarizzare concretamente con la sottoscrizione anche di contributi economici a loro favore, è sempre il padrone. Uno degli slogan che hanno contraddistinto le lotte di questi ultimi anni è stato “REDDITO, DIRITTI, DIGNITA’” : possiamo dire che quasi sicuramente questi lavoratori avranno reddito, e vedremo fino a quando e a quali condizioni; per quanto riguarda i diritti abbiamo seri dubbi, ma sicuramente questi lavoratori attuando questa scelta hanno perso la dignità. Auguriamo a loro di avere il tempo per rielaborare quello che è successo per poter riconquistare la dignità. Per l’esperienza che abbiamo, spesso succede che se si ottengono dei risultati materiali, ma si perde la dignità, è probabile che poi si perda anche quello che il padrone ti ha concesso in cambio della rinuncia alla dignità.