Rise Up 4 Climate Justice, Centri Sociali del Nord Est e Adl Cobas hanno lanciato una mobilitazione per sabato 9 luglio alle 11.00 davanti alla fabbrica della Coca Cola di Nogara (VR). Lo stabilimento estrae quasi un miliardo e mezzo di litri d’acqua all’anno dalla vicina falda a un prezzo poco più che gratuito (13.400 € all’anno) e guadagnando milioni che, grazie a un sistema di holding, vanno tutti in paradisi fiscali.
Potremmo ricordare questa estate come la più fresca dei prossimi vent’anni. Almeno questo è quello che ci dicono le previsioni sull’innalzamento delle temperature a causa della crisi climatica. Ma se leggiamo i giornali di questi giorni, in un’Italia alle prese con la più grave siccità questa volta degli ultimi vent’anni, ci accorgiamo che si continua a non voler vedere l’elefante nella stanza.
Il cambiamento climatico è il grande rimosso del dibattito pubblico, come se le temperature a cui stiamo assistendo avessero una causa del tutto naturale. D’altronde in un momento in cui ci si prepara a razionare l’acqua per l’utilizzo domestico, mentre la grande industria continua a produrre, sfruttare e inquinare indisturbata, ammettere le responsabilità dirette del nostro sistema produttivo sarebbe come affermare pubblicamente che il movimento per la giustizia climatica ha ragione da decenni.
Per capire la gravità della situazione basta pensare che il fiume Po, ormai praticamente in secca, è il bacino dove si riforniscono sedici milioni di italiani oltre a industrie e attività agricole. Nel mentre la rete elettrica è messa a dura prova dalle temperature elevate.
In questa situazione il governo Draghi sta intervenendo con l’ennesima gestione emergenziale della crisi, dopo aver affrontato la pandemia e la guerra con la stessa prospettiva. Senza toccare il meccanismo marcio che ci ha portato in questa situazione, ma scaricando su tutti noi e soprattutto sulle fasce più deboli il costo di questa ennesima crisi.
Ecco allora che ci troviamo ancora nel pieno di una crisi sanitaria senza che il sistema sanitario e di cura delle persone sia stato minimamente potenziato, ma – al contrario – è sempre più provato dalla situazione a cui si trova a fare fronte. I costi sociali della guerra stanno venendo fatti ricadere sulla popolazione: basti pensare alle bollette aumentate in maniera sproporzionata mentre Eni, partecipata pubblica, guadagna miliardi sulle sofferenze di milioni di persone in Italia e in tutto il mondo. E ora si interviene con la proclamazione di una nuova crisi, questa volta idrica, che non fa che evidenziare quanto il sistema stesso sia del tutto inadeguato a gestire un bene comune come l’acqua.