Proviamo a fare un quadro complessivo e contestualizzare i fatti dell’ultimo mese, tra scioperi, picchetti, interventi delle forze dell’ordine, lettere di contestazione e licenziamenti comminati a degli iscritti ai sindacati di base per quanto riguarda la situazione dei principali magazzini logistici nell’Emilia-Romagna di COOP ALLEANZA 3.0.
Va dunque premesso che stiamo parlando di un colosso della GDO che nasce nel 2016 dalla fusione di tre soggetti dell’universo Coop – Coop Adriatica, Coop Estense e Coop Consumatori Nordest – imponendosi come la prima Coop italiana per numero di punti vendita (388 negozi, di cui 62 ipermercati), soci e fatturato che nel 2021 ha raggiunto gli oltre 4.5 miliardi di euro.
I magazzini in questione, quelli di Reggio Emilia e Forlì per i prodotti alimentari freschi, quelli di Cesena e di Parma, (di proprietà dell’appaltatore Kamila), servono quotidianamente oltre duecento punti vendita della regione e anche della bassa Lombardia.
Magazzini saldamente organizzati attraverso il sistema degli appalti, dove tre dei principali hub sono appaltati a società facenti capo a Legacoop FVG (la cooperativa Astercoop e la AFV srl) mentre l’attività che sviluppa da Parma è delegata alla Kamila srl, del gruppo Italtrans, la quale a sua volta gestisce il magazzino attraverso plurimi subappalti che hanno coinvolto nel corso del 2022 almeno 4 società.
Nel corso del 2022 quindi si è sviluppato ed esteso a livello regionale un percorso di organizzazione e rivendicazione tra i lavoratori dei quattro principali magazzini della rete logistica di COOP Alleanza 3.0 dell’Emilia Romagna, che arriva oggi a rappresentare il 30% della forza lavoro in appalto.
Ma già qui emerge un primo, fondamentale problema dei magazzini che riforniscono la filiera: la democrazia sindacale.
Infatti, tranne nel magazzino di Reggio Emilia dove sono già stati sottoscritti degli accordi di secondo livello, tra il sindacato ADL COBAS, FILT CGIL e AFV Logistica, vi è il rifiuto da parte delle cooperative che gestiscono in appalto questi magazzini, di sottoscrivere alcun tipo di accordo con uno dei sindacati maggiormente rappresentativi tra i lavoratori. Rifiuto motivato dalla solita scusante che ADL COBAS non è firmataria del contratto collettivo nazionale. Peccato che, oltre ad essere effettivamente rappresentativo tra i lavoratori, in tutti questi mesi ha semplicemente chiesto il rispetto del contratto stesso a cui i gestori si appellano. È evidente quindi come questa motivazione sia pretestuosa.
E qua arriviamo al dunque. Perché la necessità di raggiungere un’intesa all’interno di questi cantieri?
Perché in un sistema di appalti e subappalti che comprime livelli salariali, diritti basilari e agibilità sindacale, le cooperative hanno sempre agito indisturbate negli ultimi anni, applicando livelli contrattuali non corretti, evitando di riconoscere a centinaia di lavoratori adeguate indennità integrativa (buoni pasto, welfare aziendale) a fronte del carovita crescente, e talvolta sottoponendo i lavoratori a regimi orari al di fuori della legge, con conseguente sofferenza fisica e psicologica degli stessi prolungata nel tempo.
Analizziamo la situazione del magazzino di via dell’industria di Parma, città in cui si è sviluppato un distretto industriale, nonché snodo logistico della Grande Distribuzione Organizzata, discretamente rilevante per i flussi che investono il Nord-Est.
In questo magazzino, all’inizio della vertenza sindacale portata avanti da ADL COBAS (parliamo del maggio 2022) operavano ben tre cooperative di cui due – la cooperativa MAXI del consorzio SAFRA e la cooperativa MD SERVICE del consorzio CISA, – ricevevano l’appalto per le attività di preparazione degli ordini (picking) dalla società Kamila srl, del gruppo ITALTRANS. Kamila srl che, a sua volta, riceve da Coop Alleanza 3.0 l’incarico di gestire i flussi delle merci allo scopo di rifornire i punti vendita distribuiti in Regione.
Al nostro arrivo le condizioni di oltre un centinaio di lavoratori ci sono apparse molto critiche: vi era una situazione di totale irregolarità per quanto riguardava il numero dei lavoratori a tempo determinato, alcuni lo erano praticamente da due anni, ben al di fuori delle previsioni di legge e di contratto che limitano la percentuale complessiva di contratti a termine per evitare che il sistema sia basato sulla precarietà lavorativa. Questo primo dato appariva particolarmente rilevante alla luce del fatto che il rinnovo del rapporto di lavoro era spesso subordinato al pagamento di vere e proprie mazzette consegnati a soggetti, più o meno conosciuti dalla cooperativa MAXI, e che operavano all’interno del magazzino. In una parola: CAPORALATO.
Considerando il fatto che la manodopera all’interno del cantiere di Parma è al 99% di origine straniera, si può facilmente capire come i lavoratori siano stati sottoposti per anni a dei veri e propri ricatti, di stampo psicologico ed economico, a cui dovevano piegarsi per poter avere il rinnovo del permesso di soggiorno.
Su questo abbiamo subito provveduto a segnalare i fatti di cui eravamo a conoscenza all’Ispettorato del lavoro ed agli uffici che si occupano di tali eventi discriminatori del Comune di Parma. Dopo 8 mesi siamo ancora in attesa che vengano accertate le responsabilità.
Oltre a questo vi era una situazione di iper- sfruttamento dei lavoratori, con “produttività” richieste fino a 180/200 colli l’ora, assenza di spazi per poter consumare un pasto caldo, turni comunicati sistematicamente la sera prima per il giorno dopo, nonché impossibilità di poter usufruire di giorni di ferie per tutti questi due anni. Si può immaginare cosa questo ha significato per la salute psico – fisica di queste persone, alcune delle quali si sono ritrovate a non poter accettare il rinnovo del contratto, o a doversi licenziare, a causa dei dolori lancinanti a varie parti del corpo.
In tutto ciò il livello di inquadramento contrattuale (che corrisponde a uno specifico livello salariale) è ben al di sotto della regolarità, come invece riscontrabile in quasi tutti i magazzini della logistica (quanto meno dove è presente un sindacato degno di questo nome), con tutti i lavoratori con uno / due livelli economici inferiore a quello corretto, con relativi ammanchi mensili nella busta paga di da 200 a 450 euro al mese a seconda delle singole situazioni.
A seguito di un primo ciclo di lotte tra i mesi di maggio e giugno 2022 portato avanti dalla determinazione dei lavoratori che hanno deciso di alzare la testa e reclamare i propri diritti con ADL COBAS e supportati da alcune realtà cittadine legate ai movimenti per la casa, spazi sociali e colletivi ambientalisti, tra scioperi, presidi, interventi della polizia, un primo e faticoso accordo, risalente al 5 luglio 2022, siglato alla presenza del Prefetto di Parma, con la cooperativa MAXI, ha portato alla stabilizzazione di circa 50 lavoratori.
Ripristinata una prima condizione di legalità contrattuale all’interno del magazzino, abbiamo sollecitato più volte, partecipando a svariati incontri con entrambe le cooperative, insieme ai delegati dei lavoratori circa la regolarizzazione della comunicazione dei turni (che come ricordato, continua tuttora ad avvenire con un SMS mandato la sera prima, anche per i lavoratori a tempo indeterminato) nonché il livello di inquadramento e l’introduzione di indennità integrative, ad oggi totalmente assenti, a maggior ragione a fronte di un inflazione che si attestava, in seguito ai mesi estivi, ad un livello che oscillava tra il 9 e il 10 %, confermato poi dai dati ufficiali al termine dell’anno solare 2022.
In seguito ad uno sciopero, arrivato a metà ottobre, dopo aver atteso per mesi delle risposte circa le problematiche che abbiamo posto fin dall’inizio della vertenza, e quindi dal mese di maggio 2022, la cooperativa MAXI si è congedata dal magazzino a partire dal 1 novembre 2022, dandone notizia solo qualche giorno prima. Cooperativa che tuttora si rifiuta di interloquire per il riconoscimento di alcuni arretrati riguardanti ore non retribuite.
La cooperativa MD SERVICE ha dunque assorbito, quasi completamente, la forza lavoro proveniente da MAXI, passaggio che ha comportato, dopo anni di attesa, il pieno riconoscimento economico della malattia ed infortunio per i lavoratori, che prima non avveniva. Con essa è continuato un piano di interlocuzione, su cui però la cooperativa stessa, nonostante fossimo giunti a vari punti di mediazione (inquadramenti graduali al livello corretto, programmazione quantomeno settimanale degli orari di lavoro) non ha mai davvero preso in considerazione nessuna di queste richieste. Una su tutte il corretto, nonché legittimo, livello contrattuale e salariale dei cd “pickeristi” al 5° livello del Contratto nazionale collettivo della Logistica.
Nel mese di dicembre, vari scioperi che hanno coinvolto, quasi per intero, la filiera dei MAGAZZINI COOP Alleanza 3.0 (che, al pari dell’operatore Kamila, si rifiuta tuttora di sedersi ad un tavolo per esaminare le richieste del sindacato e dei lavoratori) della regione hanno portato ad un nuovo intervento delle forze dell’ordine, che nella giornata del 20 dicembre 2022 sono culminati con il ferimento di attiviste del sindacato e di lavoratori che scioperavano.
Nuovi incontri in Prefettura avevano nuovamente portato ad avvicinarsi un’intesa, frutto di una mediazione tra le parti che, comunque, l’assemblea dei lavoratori aveva approvato dando mandato al sindacato ADL COBAS di portare a termine, sospendendo lo stato di agitazione.
La Cooperativa, anziché procedere nella direzione più ragionevole, ha invece preferito fare passare il periodo più redditizio delle feste natalizie per poi nascondersi dietro ad un muro di gomma, forse perché sottoposta a pressioni da parte della committenza, ed, oltre a far saltare ogni possibilità di accordo ragionevole, ha risposto con contestazioni disciplinari, un licenziamento ad un lavoratore protagonista dello sciopero di metà ottobre, e, fatto grave che costituisce un precedente inaccettabile, la sospensione cautelativa di 31 lavoratori, tutti iscritti al sindacato e attivi nelle mobilitazioni per la conquista dei propri diritti, avvenuta nella giornata del 13 gennaio 2023 e che anche dopo l’incontro convocato dalla Prefettura di Parma il 23 Gennaio non sono state ritirate e anzi peggio potrebbero tradursi in licenziamenti in massa degni degli anni ’50 del secolo scorso.
La loro colpa? Aver scioperato per alcune ore il giorno prima, in difesa di un altro lavoratore iscritto al sindacato che era stato a sua volte sospeso per fatti pretestuosi, al solo scopo di creare tensioni all’interno del magazzino stesso.
D’altra parte un trattamento simile (un licenziamento ad un lavoratore iscritto al sindacato di base SGB, che collabora con ADL in quel magazzino, ed alcune sospensioni cautelari) è stato comminato a dei lavoratori del magazzino gestito dalla cooperativa Astercoop a Cesena, i quali hanno preso parte alle mobilitazioni regionali che abbiamo descritto. Qui, e nel magazzino di Forlì, dove sono presenti le due società legate alla Legacoop invece vi è una totale, ideologica ma a ben vedere interessata preclusione ad ogni riconoscimento del sindacato come controparte nonostante decine di lavoratori iscritti, che rivendicano trattamento rispettoso ed equo, la piena applicazione del CCNL Logistica e quei miglioramenti lavorativi ed economici necessari per definire “etico” e “senza sfruttamento” il lavoro nella filiera COOP.
Ricostruire l’intera vicenda che coinvolge i magazzini che riforniscono i supermercati dell’etica Coop Alleanza 3.0, il cui volto pubblico parla di sensibilità a tematiche quali lo sfruttamento nel mondo del lavoro, ci aiuta a comprendere questi ultimi atti, che ci parlano di un chiaro e inaccettabile attacco al diritto di sciopero nonché di organizzarsi in un legittimo sindacato.
Attacco al diritto di sciopero che, oltre a rischiare di creare un gravissimo precedente nel panorama delle lotte che rivendicano diritti e dignità sul lavoro, insieme ai lavoratori tutti, respingiamo al mittente.
GIù LE MANI DAL DIRITTO DI SCIOPERO E DI LIBERTà SINDACALE!
BASTA APPALTI E SFRUTTAMENTO NEI MAGAZZINI DI COOP ALLEANZA 3.0!