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ADL Cobas > Blog > Approfondimenti > L’ECONOMIA CIRCOLARE DEI PESTICIDI.
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L’ECONOMIA CIRCOLARE DEI PESTICIDI.

adlcobas
di adlcobas Pubblicato 12 Marzo 2021 1.6k Visualizzazioni 11 minuti di lettura
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11 minuti di lettura
Sindacato di Base ADL Cobas - L’ECONOMIA CIRCOLARE DEI PESTICIDI.
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Mesi fa, precisamente da settembre scorso, il RASFF o Sistema di Allerta Rapido per Alimenti e Mangimi ha lanciato un allarme nell’Unione Europea per la presenza di livelli molto elevati di ossido di etilene (più di 1000 volte il limite massimo di residui ammessi dalla normativa europea) in alcuni lotti di semi di sesamo provenienti dall’India. Per la Commissione Europea si tratta di una contaminazione molto rischiosa per la salute umana in quanto l’ossido di etilene è un pesticida mutageno, cancerogeno e tossico per la riproduzione e per questo il suo utilizzo è proibito nella UE. In India si usa invece tranquillamente come disinfettante gassoso per inibire lo sviluppo di muffe durante la conservazione dei semi di sesamo.
I semi contaminati sono penetrati in una vasta gamma di prodotti alimentari venduti in Europa come le miscele di semi e di cereali, l’olio di sesamo, le insalate, il cioccolato e vari prodotti da forno come biscotti, pane, cracker e bagel costringendone il ritiro dal commercio in vari Stati dell’Unione.
La Commissione Europea si è difesa assicurando una intensificazione dei controlli in entrata per evitare altri casi come questo e il miglioramento della normativa in materia ma il caso dei semi di sesamo importati dall’India va inquadrato in una prospettiva più ampia, soprattutto se leghiamo questa notizia a quanto denunciano Greenpeace UK e Public Eye in una loro recente inchiesta investigativa sulla produzione e commercio di pesticidi dall’Europa verso gli Stati extraeuropei.
Secondo quanto riportato nell’inchiesta l’Italia nel 2018 ha esportato fuori dall’UE oltre 9.000 pesticidi il cui uso negli Stati dell’Unione è proibito, collocandosi al secondo posto dopo la Gran Bretagna come produttrice e esportatrice di questi prodotti (con l’uscita della Gran Bretagna dall’UE l’Italia ora detiene il triste primato in questa classifica, seguita da Germania e Olanda). A consentire questo sporco commercio sono le maglie larghe della normativa europea in merito alla produzione e esportazione fuori dall’UE di pesticidi ritenuti dannosi per le colture, l’ambiente e la salute umana.
I prodotti proibiti nell’UE più esportati sono erbicidi e insetticidi per uso agricolo; il più frequente è il paraquat, diserbante da tempo vietato, molto tossico e sospetto di aumentare i rischi per l’uomo di contrarre il Parkinson. L’Italia ha esportato in particolare il trifuralin puro (rappresenta i due terzi del totale dei pesticidi esportati nel 2018), prodotto cancerogeno proibito nell’UE dal 2007 per la sua forte tossicità nei confronti dei pesci e di altri organismi acquatici e per la sua elevata persistenza nociva nel suolo. Altro prodotto molto esportato è stato l’erbicida ethafluralin, anch’esso cancerogeno per gli esseri umani (1.820 tonnellate vendute soprattutto in Canada e negli Stati Uniti). Greenpeace denuncia anche la notifica da parte di un’azienda italiana di un piano di esportazione di 300 tonnellate di diserbante a base di atrazina verso Paesi come Sudan, Israele, Stati Uniti e Sud Africa nonostante si tratti di un erbicida tossico proibito in Europa sino dal 2004; denuncia anche il proposito di altre aziende italiane di esportare in Marocco 400 tonnellate di fumigante 1,3-dicloropropene e 326 tonnellate di insetticidi a base di propargite oltre che in Marocco anche in India e Vietnam.
Ma a sfruttare al meglio le maglie larghe di una legislazione poco attenta non solo in Europa ai controlli su cosa si produce e cosa si esporta non sono solo le aziende agrochimiche europee ma, ovviamente, anche

la “bottega” più efficiente del mondo, cioè Amazon che, nonostante le numerose denunce ricevute dall’Agenzia statunitense per l’Ambiente (EPA) che sembra gli siano costate in termini di sanzioni tra il 2013 e il 2018 ben 1,2 milioni di dollari, vende nella sua piattaforma regolarmente molti di questi prodotti nocivi (circa una settantina attualmente). Si tratta di un ricco business nel quale non poteva mancare Amazon: secondo Fao/ONU il giro d’affari si aggira intorno ai 34,4 miliardi di dollari.

Siamo, quindi, di fronte a un limpido esempio di economia circolare di pesticidi nell’epoca del dominio del neoliberismo visto che questi prodotti, il cui uso è proibito in Europa, vengono comunque qui prodotti e commercializzati verso l’estero; usati poi nella produzione agricola nel resto del mondo e in parte destinati a rientrare in Europa all’interno di derrate alimentari o di prodotti agroalimentari come potrebbe essere successo per i semi di sesamo contaminati arrivati dall’India. Tutto si tiene e senza sprechi in quanto l’economia circolare e la transizione ecologica, obiettivi strombazzati come strategici per la ripresa economica del dopo pandemia all’insegna del green in Europa come negli USA non rappresentano affatto un cambio radicale di marcia, seppure graduale come molti esponenti politici europei e mondiali dichiarano, bensì la semplice faccia “pulita” di un sistema basato sull’etica del profitto, estrattivista e predatorio.
Per questo da soli i pressanti appelli rivolti alle autorità europee da molte associazioni tra cui Slow Food e dagli estensori dell’inchiesta qui citata – Greepeace e Public Eye – per proibire questo sporco commercio e inibire l’azione di lobbie del settore agrochimico per il mantenimento dello status quo, seppur condivisibili e meritevoli, non possono bastare. Se in molte parti del mondo le popolazioni indigene e i movimenti contadini hanno da tempo ingaggiato una lotta impari contro i padroni dell’agrochimica e dell’agroalimentare per difendere risorse naturali, sementi e sistemi di produzione ecocompatibili con gli ambienti in cui vivono, anche da noi non si può pensare di delegare tutto alla sola denuncia degli abusi, al sostegno di forme bio di produzione agricola e alla diffusione di un consumo consapevole.
Se da un lato si dovrà prima o poi arrivare a una critica-pratica contro la produzione di questi pesticidi da parte di chi materialmente li fa – i lavoratori inseriti in questi settori – dall’altro è forse maturo praticare forme di blocco della loro esportazione a partire dai punti logistici di raccolta e invio per gli Stati extraeuropei rivendicando una sacrosanta obiezione di coscienza collettiva in nome della salvezza delle risorse e delle specie di questo pianeta.

Mappa delle esportazioni europee di pesticidi nocivi proibiti nella UE e lloro destinazione ripresa dall’inchiesta di Greenpeace UK e Public Eye

-ISEE-
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Sindacato di Base ADL Cobas - L’ECONOMIA CIRCOLARE DEI PESTICIDI.

NOTE

1 – Il RASFF la settimana scorsa ha allertato l’Europa su 69 prodotti da ritirare dal commercio al dettaglio; 9 di queste segnalazioni sono state inviate all’Italia e non riguardano solo la partita di semi di sesamo provenienti dall’India ma anche prodotti che arrivano da altri Stati membri dell’UE come le fette di squalo mako congelato in Spagna contaminate dal mercurio o il salmone affumicato congelato smerciato l’Italia che presentava tracce del batterio listeria monocytogenes.
2 – La sintesi dell’inchiesta e il testo della stessa si possono leggere nel sito web di Greenpeace Italia in https://www.greenpeace.org/italy/comunicato-stampa/12350/inchiesta-di-greenpeace-e-public-eye-italia-secondo-maggiore-esportatore-di-pesticidi-vietati-in-ue/ o in quello di Altraeconomia in https://altreconomia.it/il-business-dei-pesticidi-europei-vietati-nellue-ma-esportati-verso-i-paesi-piu-poveri/
3 – Secondo Federica Ferrario, responsabile della Campagna agricoltura di Greenpeace Italia l’esportazione da parte del nostro Paese delle 9.500 tonnellate circa di pesticidi proibiti rappresenta il 12% delle oltre 80.000 tonnellate commercializzate dai vari Stati verso 85 Paesi extracomunitari. Si veda su questo Giorgio Vincenzi “Pesticidi made in Italy” in “ExtraTerrestre”, supplemento del giovedì, Il Manifesto del 4 marzo 2021.
4 – Per conoscere le aziende italiane coinvolte nell’esportazione di pesticidi proibiti nell’UE si riporta il link relativo alla tabella riportata nell’inchiesta fatta da Greenpeace e PublicEye: https://docs.google.com/spreadsheets/d/e/2PACX-1vSbJPEpMfyhuLYNmgqW7RZVCdG6LQgtDNVlZOKJEsV39Kr9Ju_3TQTpEtUSmI1PQ3j19KI77B9KWdwT/pubhtml
5 – Vedi “Se Amazon vende insetticidi illegali” in “ExtraTerrestre”, supplemento del giovedì, Il Manifesto del 4 marzo 2021.
6 Si veda sull’appello rivolto all’UE da un vasto numero di associazioni https://www.slowfood.it/ue-fermi-esportazione-pesticidi-vietati-in-europa/
7 – La questione di cosa produrre e della legittimità di rifiutare in massa la produzione di merci nocive come sono questi pesticidi o, allo stesso modo, gli armamenti è un nodo controverso da sempre come il ricatto occupazionale e salariale. Ma la contraddizione tocca nel profondo la questione etica dell’essere o meno sostanzialmente complici di produzioni di morte, un pò come chi durante la guerra produceva le sostanze chimiche necessarie all’industria della sterminio nei campi di concentramento nazisti: solo lavoratori o nella sostanza complici seppure a distanza del genocidio?
8 – Un esempio in tal senso lo hanno fornito i portuali genovesi nell’aprile scorso bloccando nel porto di Genova navi che trasportavano per conto dell’Arabia Saudita armi destinate alla guerra di aggressione dello Yemen che sta ancora procurando gravi lutti tra la popolazione civile, facendo seguito ad analoghi blocchi fatti nelle settimane precedenti dai portuali francesi a Le Havre e dai portuali baschi a Bilbao.

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