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Contro le violazioni dei diritti e per la libertà sindacale in Marocco
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Contro le violazioni dei diritti e per la libertà sindacale in Marocco
Migranti

Solidarietà alle lavoratrici e ai lavoratori della DOHA
Contro le violazioni dei diritti e per la libertà sindacale in Marocco

ADL-Cobas Veneto
di ADL-Cobas Veneto Pubblicato 18 Maggio 2016 1.3k Visualizzazioni 7 minuti di lettura
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Oltre 500 operaie e operai della fabbrica agroalimentare Doha di Agadir sono in sciopero dal 16 marzo 2015. La direzione ha voluto licenziare illegalmente i rappresentanti sindacali dell’azienda e – di fronte allo sciopero di solidarietà da parte degli altri dipendenti – ha dichiarato il licenziamento di tutti gli scioperanti.

Lo stabilimento Doha di Agadir è una fabbrica di inscatolamento pesce, frutta e verdura. Fa parte del Groupe Bicha (1), fondo di investimento tra i più potenti della regione, di proprietà della famiglia Bicha. Nel 2011 la fabbrica aveva tra i 1000 e 1200 dipendenti a seconda delle necessità, la grande maggioranza donne. La fabbrica era un esempio estremo dell’assenza di rispetto della legislazione sul lavoro che vige in gran parte delle aziende manifatturiere marocchine. Secondo i lavoratori, centinaia di dipendenti venivano riassunti con contratti temporanei oltre i limiti legali, la paga oraria era di circa 60 centesimi di euro quando il salario minimo legale era di circa un euro all’ora, alcuni lavoratori non godevano di previdenza sociale mentre agli altri venivano versati solo i contributi per una minoranza delle ore di lavoro effettive. Non c’erano vacanze pagate, non c’erano bonus per gli straordinari né bonus per il lavoro nei giorni festivi. La giornata lavorativa durava anche 17 ore. Non c’era il sindacato. Non si tenevano le elezioni dei delegati del personale, ma la direzione nominava arbitrariamente dei delegati privi di appartenenza sindacale. Le norme di sicurezza non erano rispettate e gli incidenti erano frequenti. L’incidente più comune era la perdita di dita nelle macchine, ma una lavoratrice ha addirittura perso una gamba. In caso di infortunio, la direzione cercava di risolvere la questione “all’amichevole”, pagando un’indennità in nero e senza rispettare le procedure legali. Il lavoro si svolgeva in un clima di assenza di rispetto della dignità e molte operaie sono state vittima di molestie sessuali da parte di membri della direzione.
Nel 2011, nel contesto di mobilitazione generalizzata della Primavera Araba, il Marocco ha conosciuto un record storico di scioperi sia nel pubblico che nel privato. Le lavoratrici e i lavoratori Doha decisero che era giunto il momento di alzare la testa e nel maggio 2011 fondarono una rappresentanza sindacale affiliata alla Confédération Démocratique du Travail (CDT). Il giorno stesso la direzione licenziò tutti i rappresentanti sindacali, al ché la mano d’opera entrò in sciopero chiedendo la reintegrazione dei licenziati e la fine di tutte le violazioni della legislazione del lavoro. Inizialmente la direzione rifiutò di negoziare, ma di fronte al successo dello sciopero e al sostegno del Movimento 20 Febbraio e della cittadinanza, fu costretta a cedere dopo venti giorni di cessazione del lavoro. Tuttavia due rappresentanti sindacali non furono reintegrati e accettarono di lasciare l’azienda con un’indennità.
Da allora la direzione riconobbe il sindacato e cominciò a redimere le molte situazioni di violazione dei diritti legali minimi. Ma nel 2014 diversi segnali cominciarono a far presagire che la direzione manovrava per riportare la fabbrica alla situazione pre-2011. Furono assunti nuovi lavoratori a tempo determinato che, incitati dalla direzione, provocavano e insultavano i militanti sindacali. Un esperto legale chiamato dall’azienda scriveva rapporti con valore giudiziario contro i lavoratori per i motivi più futili, bastava andare in bagno per essere accusati di interruzione non autorizzata del lavoro. La direzione rifiutava di trattare questi problemi con i rappresentanti sindacali. In linea con la tendenza più generale, il clima dittatoriale faceva gradualmente ritorno in fabbrica.
Venerdì 6 marzo le lavoratrici e i lavoratori tennero un presidio a fine turno all’esterno della fabbrica per chiedere alla direzione di negoziare con i rappresentanti sindacali. Il giorno dopo – che a Doha era ovviamente lavorativo – i lavoratori trovarono i cancelli della fabbrica chiusi. La fabbrica riaprì soltanto il mercoledì seguente, ma l’ingresso fu vietato a 51 lavoratori, compresi tutti i delegati sindacali. La direzione dichiarò l’avvio di un processo di licenziamento per motivi disciplinari, accusandoli ingiustamente di avere ostacolato il lavoro degli altri dipendenti. Il 16 marzo circa 560 operaie e operai entrarono in sciopero di solidarietà con i licenziati. Il giorno stesso la direzione dichiarò il licenziamento di tutti gli scioperanti e assunse illegalmente e con l’aiuto di altre società del settore circa 500 crumiri.
La questura avviò poi quattro processi contro i lavoratori. Il primo ha visto la condanna dei 51 primi licenziati a un mese di prigione (sospesa) e al pagamento di una multa per violazione della libertà di lavorare. Nel secondo i rappresentanti sindacali sono stati condannati a un ulteriore mese di prigione (sospesa). Nel terzo il segretario regionale della CDT, Abdellah Rahmoun, è stato condannato al pagamento di un risarcimento a Doha di 278.000 euro. Dato che non può pagare, la corte ha chiesto la confisca della sua abitazione. Nel quarto processo la rappresentanza sindacale Doha è stata dichiarata illegale e dissolta. Questo è un esempio estremo della corruzione del sistema giudiziario marocchino, che tollera violazioni macroscopiche della legislazione sul lavoro ma si presta facilmente a condanne esemplari contro la militanza operaia, soprattutto nel settore privato.
Le lavoratrici e i lavoratori Doha in lotta non riconoscono i licenziamenti, avvenuti nel contesto di multiple violazioni dei loro diritti legali – e si ritengono tuttora in sciopero contro la direzione. Chiedono la reintegrazione di tutti i licenziati e l’assoluzione completa in appello di tutti gli accusati. Le violazioni dei diritti minimi dei lavoratori in Marocco sono estremamente gravi, anche rispetto ad altri paesi della regione. Sosteniamo le lavoratrici e i lavoratori marocchini nella loro lotta per i diritti e la dignità e diamo piena solidarietà agli operai Doha per il soddisfacimento di tutte le loro rivendicazioni.

È possibile firmare un appello per le operaie e gli operai Doha a questo link:
http://www.iuf.org/cgi-bin/campaigns/show_campaign.cgi?c=979

(1) http://aveiro-maroc.ma/assets/doc/Brochure%20du%20Groupe.pdf

-ISEE-
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Argomenti:diritti
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L’ADL Cobas (come “associazione difesa lavoratori”) nasce nel 1992 dall’esperienza politica e sociale sviluppatasi lungo il decennio degli anni 80 nella Bassa Padovana attorno alle lotte contro la ristrutturazione, il decentramento, i licenziamenti, la precarizzazione del lavoro e la devastazione ambientale in quei territori. 


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