Ieri e oggi numerosi quotidiani nazionali e locali hanno dato ampio risalto al tema del lavoro accessorio pagato con i voucher.
Oltre al dato piuttosto noto dell’utilizzo dei lavoro accessorio nel privato è emerso che tra i primi duecento committenti in termini di utilizzo buoni lavoro vi siano anche 7 Comuni di cui il 2° risulterebbe quello di Padova. Alla luce di quanto comunicato dall’Inps e delle informazioni che siamo riusciti ad ottenere dal Comune di Padova circa l’utilizzo dei voucher, nonché delle affermazioni della FP – Cgil di Padova riportate da Il Mattino di domenica 26 dicembre ci teniamo a fare alcune considerazioni.
1) Innanzitutto è evidente che lo Stato nelle sue articolazioni e funzioni, nonostante i processi di privatizzazione e di esternalizzazione, ha bisogno di lavoratori per coprire numerose attività e mansioni. Che siano manuali o intellettuali, semplici o complesse questo è poco importante perchè si tratta sempre e comunque di lavoro necessario a garantire beni, servizi e diritti per i cittadini.
2) Il blocco delle assunzioni deve essere rimosso il prima possibile. Gli Enti Pubblici devono fare pressione verso il Governo perchè questo avvenga e non cercare facili scorciatoie che scaricano sui lavoratori tutto il peso di questa politica neoliberista. Ricordiamo sempre che tra i 15 e i 20 miliardi di euro sono stati facilmente trovati per finanziare la politica fallimentare della decontribuzione. La scelta di bloccare le assunzioni nel pubblico impiego è quindi una scelta tutta politica.
3) I voucher vengono usati come arma di distrazione di massa per non affrontare il nodo del reddito e del welfare state. La retorica usata dai Comuni, e pure dalla FP – Cgil di Padova, è che si tratta di una forma di sostegno al redditto per soggetti costretti alla marginalità economica, disoccupati di lungo periodo o fuori dal perimetro dei sostegni al redditto. Detto che tra i lavoratori accessori della Pubblica Amministrazione troviamo anche numerosi giovani lavoratori altamente qualificati che non riescono a trovare altro forma di lavoro, noi consideriamo la retorica del voucher come sostegno al redditto quanto meno fuorviante (quando viene utilizzata in buona fede), se non nociva.
In Italia, ma non solo, esiste una grave dinamica di impoverimento della società. Non possiamo pensare che questo fenomeno sia affrontato con strumenti parziali, selettivi ed insufficienti, come i voucher, che non risolvono i problemi dei singoli nè le dinamiche più sistemiche connesse all’assenza di un redditto sufficiente tra ampie fasce della società.
4) La posizione della FP-CGIL di Padova espressa su i quotidiani locali ci lascia senza parole. Invece di mettere al centro del discorso i tagli e la privatizzazioni di molte funzioni e servizi pubblici, invece di impegnarsi a sostenere il referendum, promosso dalla CGIL stessa, per l’abrogazione del lavoro accessorio, minimizza la questione e la giustifica! Di più, arriva a “garantire che a non si sono verificati casi di utilizzo improprio dello strumento” a Padova. Ma come? Il senso del referendum sta proprio nel rifiuto del lavoro accessorio in quanto forma d’impiego. La categoria “uso improprio” non ha alcun valore giuridico. Il lavoro accessorio se rispetta alcuni requisiti economici è sempre legalmente utilizzabile e questa è l’unica cosa che conta.
Per ADL COBAS invece chiedere l’abrogazione dei voucher significa quindi anche lottare per un ampliamento della base occupazionale, per un welfare inclusivo e non discriminante e per un reddito di base garantito.