Lunedì 5 febbraio si è svolto presso la sede della provincia di Padova, l’incontro con la Work Ambiente, la Sesa, ADL COBAS ed i sindacati confederali, così come richiesto dalla cooperativa dopo aver fatto saltare l’incontro la settimana precedente, i quali, va chiarito non hanno nessun iscritto tra i lavoratori sospesi.
In questa sede siamo stati informati che il 1° febbraio l’azienda ha avviato la procedura per il licenziamento collettivo dei lavoratori, dopo avere proceduto con un mancato accordo sempre con Cgil Cisl e Uil che, ribadiamo, non rappresentano nessuno dei lavoratori.
La Work Ambiente, infatti, ha riconfermato quanto già espresso nei precedenti incontri: perdita di altri cantieri oltre a quello della SESA (appalto che però non ci risulta ancora disdetto, anzi ancora valido fino alla fine del 2018) e conseguente impossibilità di ricollocazione dei lavoratori.
I sindacati confederali presenti (CGIL, CISL e Uil), dopo aver espresso un debole auspicio di una soluzione per i lavoratori, oltre ad osteggiare apertamente la presenza al tavolo ed il metodo sindacale dell’ADL COBAS, hanno manifestato un perfetto allineamento con le posizioni della cooperativa e della Sesa, giustificando la necessità di procedere con il licenziamento collettivo dei lavoratori ed escludendo qualsiasi responsabilità o obbligo della Sesa stessa di continuare a farli lavorare nei propri impianti.
E’ semplicemente vergognoso sentire in un tavolo istituzionale e davanti alle parti padronali (SESA e WORK) dei sindacati che si schierano in modo così spudorato dalla parte di chi ha lasciato a casa i lavoratori solo perché si sono iscritti ad un sindacato che non rientra nella cerchia dei sindacati di Stato. Perché di questo si tratta, oggi. Ormai gli esempi sono moltissimi e anche in questo caso il comportamento è stato proprio da sindacato di stato o di regime che dir si voglia. Gli stessi lavoratori che provengono dalla Moldavia sottolineavano il fatto che neppure in Moldavia, ai tempi dell’URSS il sindacato di stato si comportava in un modo così vergognoso.
Per noi, invece, abbiamo ribadito la necessità di far rientrare i lavoratori perché il lavoro c’è e non è vero che la ristrutturazione in atto dell’impianto porterà ad una totale automazione, tant’è che già altri lavoratori hanno sostituito quelli attualmente sospesi. L’azienda committente ha la responsabilità morale di garantire la continuità lavorativa a tutti i lavoratori che contribuiscono alla produttività ed alla crescita dell’azienda stessa (anche se lavoratori di ditte in appalto o dipendenti di agenzie interinali).
A maggior ragione se si tratta di una azienda a partecipazione pubblica come la Sesa che non è sicuramente in una situazione di crisi ma, anzi, in crescita costante: gli ammodernamenti degli impianti del reparto in cui lavoravano le persone licenziate, vengono fatti anche in funzione dell’incremento del materiale da lavorare.
È sempre più chiara la volontà di estromettere, insieme ai lavoratori, l’ADL COBAS. Una presenza scomoda, evidentemente, anche ai sindacati di Stato presenti in Sesa, visto l’atteggiamento marcatamente ostile manifestato all’incontro.
Dopo quasi tre ore di confronto, l’incontro si è concluso con un mancato accordo. Stiamo valutando come proseguire la vertenza, per continuare ad evidenziare la gravità della discriminazione sindacale in atto.
Monselice, 7 febbraio 2018
ADL COBAS