In questi 45 giorni di quarantena sociale l’Italia ha vissuto due realtà parallele. Da un lato milioni di persone hanno visto pesanti limitazioni alle proprie vite quotidiane, con drammatiche conseguenze di natura economica e sociale. Dall’altro, alla faccia del lockdown, moltissime attività economiche tutt’altro che essenziali hanno proseguito indistrurbate, costringendo milioni di lavoratori e lavoratrici ad esporsi inutilmente al rischio di contagio e contribuendo così alla crescita della propagazione del virus, con l’emergenza sanitaria che ad oggi sembra purtroppo tutt’altro che risolta.
Eppure da giorni assistiamo al macabro balletto di Ministri, Presidenti di Regione, imprenditori e politici che scalpitano per ripartenze e riaperture anticipate, mentre, al di là dei comizi social, il Governo italiano ha varato misure economiche di sostegno assolutamente insufficienti per ampi strati della popolazione. In queste ore milioni di lavoratori e lavoratrici in Cig/Fis hanno ricevuto buste-paga vuote a causa del mancato anticipo da parte delle aziende, tempi di liquidazione INPS lunghi e incerti e anticipazione bancaria piena di complicazioni e di fatto largamente bloccata. Senza pensare all’insufficienza delle misure una tantum (indennità autonomi e parasubordinati, buoni spesa) già svanite tra affitti, bollette, spese in genere.
In pratica, in un paese dove il patrimonio del 5% più ricco degli italiani è superiore a tutta la ricchezza detenuta dall’80% più povero, l’altissimo prezzo di un’emergenza sanitaria divenuta ormai conclamata crisi economica e sociale è ancora una volta addossato a chi negli anni ha già visto progressivamente negate garanzie di reddito, salute, welfare.
In questo senso, l’Emilia-Romagna non fa eccezione. Il presidente Stefano Bonaccini è in prima fila nella richiesta di scioglimento anticipato del lockdown e, insieme all’assessorato al Lavoro, si è fatto alfiere di un rinnovato “patto dei produttori” con al centro il primato della produzione ad ogni costo. Nel frattempo, però, poco o nulla si è fatto per rispondere ai bisogni sociali più impellenti: garantire veramente per tutti e tutte diritto alla salute, al reddito, alla casa ed a un nuovo welfare.
Non è un caso che la Regione abbia deliberatamente relegato nel dimenticatoio le istanze di quei settori e ambiti lavorativi e sociali tra i primi e più colpiti dall’attuale emergenza sanitaria ed economica, come il terzo settore, la logistica, la pubblica amministrazione e i servizi a rete, il turismo e il lavoro precario in genere, espresse da organizzazioni sindacali conflittuali e da esperienze di autorganizzazione diffusa e spontanea, mai riconvocate ai Tavoli in Regione.
La tanto agognata “fase 2” è già un presente dove il prezzo sarà salatissimo per i settori sociali del precariato e del mondo del lavoro in genere e dove si acuiranno le contraddizioni che già prima della pandemia generavano costantemente disuguaglianze, sfruttamento, precarietà e povertà strutturali, assenza di tutele e di diritti sociali.
La nuova normalità rischia certo di essere una versione ancora peggiore di quella difficile condizione che già in tante e tanti vivevano. Contro questa ipotesi è necessario organizzare una forte capacità di reazione. Ecco perché con la ripartenza ufficiale della gran parte delle attività produttive è necessario che riprendano apertamente e in forma pubblica e organizzata le lotte nei luoghi di lavoro e nelle piazze.
Lanciamo dunque un appello ad intraprendere un piano di mobilitazione diffuso già a partire dal 4 maggio, in particolare individuando in quella settimana una giornata di scadenza unitaria presso la Regione Emilia-Romagna.
Riteniamo che sia urgente, necessario e imprescindibile rivendicare innanzitutto:
– riforma radicale e strutturale del sistema di welfare. Stop alle privatizzazioni in sanità, reintenalizzazione dei servizi pubblici in appalto e piano straordinario di rifinanziamento ed assunzioni nei sistemi sanitari e socio-assistenziali pubblici; tutela del diritto all’abitare attraverso il blocco di mutui, affitti e utenze, la moratoria sugli sfratti e stanziamento straordinario di risorse per il “Fondo sociale per l’affitto” e per la ripresa dell’Edilizia Residenziale Pubblica;
– diritto alla salute pubblica e nei luoghi di lavoro, individuando adeguate e vincolanti condizioni igenico-sanitarie per lo svolgimento delle attività lavorative, prevedendo controlli da parte delle autorità sanitarie e impianto sanzionatorio per i datori di lavoro inadempienti;
– difesa del lavoro precario e in genere, del salario e diritto al reddito per tutti.
Semplificare il quadro degli ammortizzatori sociali e garantirne il pagamento in tempi rapidi, e istituire un dispositivo di Reddito garantito universale e incondizionato a copertura di tutte le figure del lavoro precario; tutelare l’occupazione prolungando il divieto di licenziamenti.
– aumento delle risorse finanziarie e riconversione in senso ecologico del modello produttivo. Patrimoniale e tassazione del profitto e della ricchezza; stop alle opere inutili e dannose e impiego di quelle risorse per welfare e sostegno al reddito e al salario; riconversione ecologica della produzione, delle infrastrutture e dei trasporti.
ADL Cobas Emilia-Romagna
SGB Emilia-Romagna
Si Cobas Regionale