«Il prisma del lavoro», un meeting per organizzare risposte
La parola alle lotte nei magazzini Amazon in Polonia, Germania e anche in Spagna
Che cosa unisce i riders della gig economy e i lavoratori dei magazzini Amazon, i flussi migratori e il lavoro di cura domestico? È a questa domanda che gli organizzatori del convegno Il prisma del lavoro/ 1 (presso l’Università di Padova) hanno provato a dare una prima risposta.
Il collettivo di studiosi e attivisti dell’Archivio dedicato a Luciano Ferrari Bravo e i sindacalisti di Adl Cobas, insieme a oltre duecento partecipanti all’incontro hanno posto l’accento sulla produttività dell’intendere la logistica non soltanto come una specifica tecnologia per la distribuzione di merci o come formula informatizzata delle supply chains per la produzione globale, ma come immediato dispositivo di valorizzazione sul quale si è venuto ristrutturando il capitalismo globale.
Un dispositivo che trasforma le dimensioni spaziali della produzione, che modifica la classica distinzione tra pubblico e privato, che insegue il lavoro vivo cercando di disciplinarlo all’algoritmo. La logistica come una lente, attraverso la quale leggere le trasformazioni del lavoro in un capitalismo, quello di piattaforma, che si fa ogni giorno di più digitale, senza dimenticare, sul lato della composizione tecnica e politica della forza lavoro, il ruolo cruciale, tanto nell’analisi quanto nelle pratiche soggettive, giocato da elementi quali il genere, la razza e la classe, come ci insegnano il femminismo e i movimenti decoloniali.
Ci troviamo davanti all’estrazione di valore dai flussi, siano questi di merci, di dati o progetti migratori: alla semplice coppia binaria «inclusione/esclusione» si sostituisce un filtro delle migrazioni, una loro amministrazione e governance in direzione di un utilizzo del lavoro migrante up to the point e just in time, come hanno riportato Maurizio Ricciardi e Sandro Chignola nella prima sessione del convegno, «Ripensare la logistica, dalla scala globale all’Europa. Le trasformazioni in atto tra produzione, riproduzione e diritto del lavoro».
Sergio Bologna ha ricostruito la storia della logistica in Italia e Germania, analizzandone le trasformazioni lungo gli ultimi decenni per poi focalizzare la situazione dello shipping portuale, tra processi di concentrazione, gigantismo e bolle finanziarie, mentre il giuslavorista Michele Forlivesi ha delineato il panorama secondo processi di decostituzionalizzazione del lavoro, le cui forme non possono essere più ricondotte all’unico paradigma della subordinazione.
Francesca Alice Vianello ha invece sottolineato come nella logistica spazi e tempi del lavoro e della riproduzione sessuata della forza-lavoro coincidano, mentre Devi Sacchetto si è concentrato sulle migrazioni interne all’Europa dei lavoratori della distribuzione e sui processi di costituzione di filiere produttive transnazionali giunte a disegnare un «caporalato globale».
Durante il meeting hanno preso parola le esperienze di organizzazione delle lotte nei magazzini Amazon in Polonia, Germania e Spagna grazie agli interventi di Magda Malinowska (Ozz Inicjatywa Pracownicza, Polonia), Victor Cerra Becerra (Cgt – Spagna) e Wilfried Schwetz (Ver.Di., Hannover), mentre Giorgio Grappi e Beppe Caccia si sono concentrati nell’analisi delle tendenze del paradigma logistico e delle trasformazioni che quest’ultimo implica. Sylvain Alias e Jérôme Pimot dalla Francia hanno condiviso con i partecipanti rispettivamente le azioni sindacali di Sud solidaires e le battaglie di Clap, Collectif Livreurs Autonomes à Paris, sottolineando la necessità di stabilire alleanze e convergenze di lotta con gli cheminots, i ferrovieri di Sncf e i movimenti studenteschi che stanno bloccando le facoltà di tutta Francia mobilitati contro la Loi Ore e Parcoursup.
Dalla sessione intitolata «Nuove composizioni di forza lavoro, forme del conflitto e dell’organizzazione», introdotta dagli interventi di Gianni Boetto di Adl Cobas, Luca dall’Agnol, Omid Firouzi della rete Sconfinamenti e Maurilio Pirone (Riders Union di Bologna), è emersa la necessità di una concertazione transnazionale delle lotte, in una costruzione solidale delle rivendicazioni che assuma una dimensione immediatamente metropolitana ed europea, fino alla sperimentazione di forme continentali di sciopero capaci di incidere oltre i confini nazionali.
Se il capitalismo di piattaforma si muove allo stesso tempo su una scala locale e globale è a questo livello che è necessario organizzare la risposta: blocco europeo dei magazzini di distribuzione Amazon, astensione generalizzata dalle consegne dei riders delle diverse compagnie di delivery, forme di mutualismo e solidarietà, conquista di protocolli che riconoscano e tutelino nuovi diritti a partire dalla scala municipale, in una Europa lontana sia dal rancoroso ritratto che ne fanno i populisti delle nuove destre, sia dalle ingessate compatibilità dettate dalle politiche di austerity.
da ilmanifesto.it