Il 21 ottobre è stata una grandissima giornata di lotta! In tutta Italia, sin dalla notte di Giovedì molti lavoratori hanno incrociato le braccia rispondendo alla chiamata di Adl Cobas e Si Cobas oltrechè di altri sindacati e organizzazioni di base. A partire dalla prima mattina di venerdì si è espressa la determinazione dei lavoratori che hanno dato vita a blocchi, rallentamenti e presidi all’esterno di magazzini e aziende, producendo in alcuni casi cortei e manifestazioni per le vie delle città. Il 21 ottobre è stato veramente un passaggio importante perchè si è provato a tessere un filo comune tra numerose lotte che si stanno dando nei diversi settori produttivi per migliorare le condizioni di lavoro, rilanciando la battaglia contro le politiche neoliberiste che producono leggi come il JobsAct e materializzando un NO sociale al Referendum Costituzionale.
Per noi di ADL COBAS, che siamo fortemente radicati nel settore della logistica, il 21 ottobre è stato anche un’occasione per chiedere alle aziende committenti di inserire negli appalti “la clausola sociale” in caso di cambio di appalto, passaggio fondamentale per la stabilizzazione dei tanti facchini che movimentano le loro merci attraverso l’interposizione di cooperative o società terze.
Qui sotto riportiamo la cronaca della giornata nei vari territori in cui ADL è presente
Padova
La mobilitazione è partita alle 4 del mattino dalla zona industriale. Qui si sono dati appuntamento i lavoratori dei magazzini di Acqua&Sapone e di Alì. I facchini hanno presidiato i magazzini procedendo al rallentamento di alcuni camion, ma sopratutto andando a verificare la riuscita dello sciopero in termini di adesione.
Dalle 8.30 il numero dei lavoratori è andato man mano ingrossandosi e si è raggiunto l’Interporto di Padova, cuore della giornata di mobilitazione, poichè là si sta portando avanti una lotta contro il licenziamento tramite esclusione da socio di Abdin, lavoratore del Gruppo PAM (tramite coop. Ellemme).
Durante la mattina ci sono stati anche numerosi presidi e rallentamenti tra la provincia di Padova e Vicenza. In particolare i lavoratori dell Coop. MG che è presente in numerosi magazzini della GDO hanno deciso di manifestare davanti ai cancelli di Unicomm a San Pietro in Gu e Dueville, nonchè al magazzino Aspiag di Mestrino. I lavoratori della Coop. MG sono impegnati da molti mesi in una vertenza volta a ad ottenere alcuni diritti già previsti dal CCNL (Ticket restaurant, malattia e infortunio 100%) nonchè l’introduzione della “clausola sociale” e contro il meccanismo infame del licenziamento tramite esclusione da socio.
Nel pomeriggio tutti i lavoratori si sono concentrati davanti all’Interporto dove oltre al blocco dei camion era stato allestito un presidio permanente e un luogo di ristoro. Da lì è partito un grande e rumoroso corteo di auto, moto e bici che ha provocato forti rallentamenti nella zona industriale. Il corteo dopo aver toccato i tanti magazzini in cui siamo presenti si è mosso alla volta del centro della città, bloccando la rotonda dell Stanga, snodo strategico di Padova. Qui la rabbia dei lavoratori, per lo più migranti, si è indirizzata verso il sindaco razzista di Padova Bitonci e ha chiesto le sue dimissioni.
La giornata è terminata davanti all’Interporto, dove dopo altre 2 ore di blocco ci si è lasciati al grido “TOCCA UNO TOCCA TUTTI”
Report del sit in del 21 ottobre presso la Prefettura di Padova
Nella giornata di sciopero del settore privato a partire dalla Logistica e del Pubblico impiego indetto da varie O.S. del sindacalismo di base, la rsu della Direzione Provinciale delle Entrate di Padova e l’ADL Cobas hanno indetto un sit-in presso la Prefettura che è stato partecipato da una quarantina di dipendenti delle Agenzie Fiscali, Tribunale e Comune di Padova.
Una delegazione è stata ricevuta dal capo gabinetto Dr.ssa Reina a cui sono state esposte le ragioni dell’iniziativa e consegnato il volantino della nostra O.S. che indiceva l’iniziativa e il comunicato della RSU della Agenzia delle Entrate di Padova da trasmettere al Governo.
Sinteticamente i punti esposti sono stati i seguenti: non disponibilità da parte dei lavoratori alla sottoscrizione di un contratto del pubblico impiego che non recuperi quanto perso in questi 7 anni di blocco contrattuale, che applichi l’esclusione di una parte dei lavoratori dal salario accessorio (come previsto dalla Brunetta), che baratti un misero aumento salariale con l’aumento dell’orario settimanale di lavoro passando dalle attuali 36 ore alle 38 così come avvenuto nel contratto dell’Igiene ambientale sottoscritto da CGIL CISL UIL e Fiadel. E’ stato richiesto l’inserimento nel contratto nazionale di una copertura rispetto ai rischi professionali, l’eliminazione della iniqua tassa sulla malattia, e l’eliminazione della gabella posta a carico dagli assunti nel Pubblico impiego dal 2001 in poi che si trovano ad avere una trattenuta mensile ai fini previdenziali come TFS quando invece sono in regime di TFR.
E’ stato inoltre comunicato all’organo decentrato del Governo che il sit-in del 21 ottobre voleva rappresentare l’indisponibilità dei dipendenti pubblici ad una trattativa sul contratto condotta da CGIL CISL UIL a loro insaputa ossia senza rendere chiari e vincolanti i punti su cui deve avvenire la trattativa stessa.
La mobilitazione deve continuare ed estendersi per ottenere un contratto degno!
Verona
Le mobilitazioni del 21 ottobre a Verona e provincia sono iniziate molto presto: dalle 5 di mattina è partito lo sciopero fuori dal magazzino logistico della MaxiDì, grande distribuzione alimentare e discount, che ha causato una coda di centinaia di camion che dovevano entrare. Verso le 10 ci si è spostati verso la città di Verona, dove sono stati raggiunti gli altri lavoratori in sciopero per partecipare a una manifestazione per le vie cittadine a cui hanno partecipato 300 persone. Da Piazza S. Toscana il corteo è arrivato sotto la Prefettura per chiedere con forza il riconoscimento della clausola sociale di salvaguardia in caso di cambio d’appalto, il ritiro del Jobs Act, il rifiuto delle inutili grandi opere. Terminata la manifestazione si è creato un corteo di macchine che ha raggiunto l’interporto di Verona (Quadrante Europa), dove ha sede la Volkswagen. Di fronte ai cancelli della multinazionale tedesca, che non applica interamente il contratto collettivo e non riconosce i livelli, si è svolto un blocco temporaneo della circolazione, che ha paralizzato le strade del l’interporto. La mobilitazione pomeridiana pensata come un tour, che va a toccare i magazzini al centro di vertenze, sta tornando a Belfiore, mentre alle 18 il tour finirà alla Traconf di Sona (Vr), dove alcuni lavoratori sono stati lasciati a casa nei giorni scorsi.
Emilia Romagna
Nella prima mattina, già dalle 4.00, sono iniziati i blocchi ai cancelli di moltissime aziende, tanti i facchini che hanno aderito allo sciopero di Adl Cobas Emilia Romagna, mobilitati dalla provincia di Mantova a Parma, che per 10 ore hanno protratto la protesta davanti alla Number 1 bloccando gli ingressi in entrata ed uscita.
Number 1 è infatti uno di quei grandi hub della Grande Distribuzione Organizzata che serve quotidianamente aziende come Barilla, Mellin, Danone, Rio Pernigotti e dove si sviluppano altissimi tassi di sfruttamento.
Non a caso quindi la mobilitazione si è concentrata qui perché, oltre l’importante dato simbolico, è attualmente in corso un’importante vertenza per il riconoscimento dei corretti livelli di inquadramento che coinvolge più di 200 facchini e facchine della cooperativa Taddei Training.
Al termine dei blocchi s’è poi sviluppato un corteo di macchine che ha portato le ragioni dello sciopero all’interno del reticolato urbano, lo stesso in cui al trasporto singolare si unisce quello delle merci e della logistica.
Da anni ormai l’intero settore della Logistica è diventato un terreno pionieristico nell’emersione di nuovi dispositivi di sfruttamento all’interno del sistema cooperativo e delle commissioni su appalto, a comiciare dalla figura stessa del socio-lavoratore su cui ricadono oneri impropri e nessun tipo di tutela contrattuale.
Ma la ristrutturazione del lavoro non passa solo dalla specificità di questo settore: dilaga grazie al Job’s Act la frammentazione della classe lavoratrice e il singolarismo dell’esperienza lavorativa, con contratti individuali e arbitrari a favore di chi detiene l’erogazione dei salari e la gestione dei profitti. É quanto avviene per esempio nel settore del ‘food delivery’ come denunciato a Bologna dai lavoratori di For Service S.r.l. durante un presidio informativo davanti ai punti vendita Pam e Carrefour e l’assemblea che ne è seguita e che ha portato ad annunciare il blocco delle ore di straordinario in attesa che venga aperto un tavolo di trattativa, per ridefinire le condizioni di lavoro, per dire basta alle condizioni di sfruttamento cui sono costretti i lavoratori con contratti di lavoro precari, rinnovati settimanalmente o mensilmente, con una paga non adeguata, con pochi operatori a svolgere il servizio a domicilio tra 23 punti vendita.
Grave è l’aumento della disoccupazione e della precarietà, soprattutto giovanile e la diffusione dei Voucher come strumento compensativo, che sostituendo il salario impoveriscono enormemente la vita delle persone nell’assoluta assenza o inadeguatezza di un piano di sostegno contributivo, di servizi alla persona o di reddito che consenta l’indipendenza necessaria per poter vivere.
Lo sfruttamento introduce e produce nuove povertà non condizionate solamente dalla mancanza di lavoro ma anche dall’impossibilità di permettersi un affitto (in generale ad accedere ad una casa) o quella di emergere dalla clandestinità civile e quella di cittadinanza, un fenomeno che contraddistingue la stragrande maggioranza dei nostri territori e che evidenzia l’immediata correlazione tra le nuove forme di schiavismo in campo lavorativo e gli stili di vita che al contempo una certa cultura securitaria tende a reprimere e marginalizzare, disegnando scenari sociali degradanti e irrispettosi della dignità umana.
Davanti all’aggressività di certi dispositivi lo sciopero è uno strumento da adeguare alla società meticcia di migranti, homeless, studenti, giovani, lavoratori e non lavoratori, vittime a vario titolo del #Sì unico del governo Renzi. Quella stessa società si è trovata ai cancelli delle fabbriche e a Rimini, in bicicletta, ha deciso di attraversare i luoghi grigi di una città in cui il turismo è uno dei settori lavorativi più sfruttati, dove i servizi alla persona sono spesso inadeguati e dove il welfare si dà dal basso con l’impegno di tante e tanti volontari e attivisti sociali che mettono a disposizione il proprio ‘know how’ per costituire ed estendere nuovi diritti sociali. Su queste relazioni, attive e cooperanti, si ridisegna una nuova mappatura, una nuova urbanità, basata sul welfare, sulla casa, sul lavoro, come denunciato dalla mobilitazione svolta davanti alcuni dei luoghi attorno a cui si alimentano precarietà e frammentazione sociale: AIA, INAIL, ACER e Conf.Cooperative.