La Commissione Bilancio al Senato, ha bocciato “con riserva” l’emendamento sull’indennità di discontinuità per i lavoratori e le lavoratrici dello spettacolo.
Cosa significa?
L’ indennità di discontinuità è uno strumento che stabilisce una remunerazione per i periodi di “attesa”: ovvero i periodi in cui, pur non essendo “sul palco” ci si prepara, si studia, si mette a punto lo show. Questa è la condizione che vivono tutti i lavoratori dello spettacolo: si chiama “intermittenza” e riconoscerla è fondamentale per garantire un miglioramento alle nostre condizioni di vita ed un introito costante che dia sostegno e continuità di reddito.
È una misura necessaria e non rinviabile, che tutto il comparto ha chiesto (sebbene con declinazioni differenti).
Perché è avvenuta questa bocciatura?
La risposta è la più banale: (per lo spettacolo) non ci sono fondi.
In generale, inoltre, assistiamo ad uno stallo nell’iter di approvazione del disegno di legge delega dello spettacolo, e ad una assegnazione di risorse non sufficienti a finanziare i nuovi istituti e le nuove prestazioni previste dal ddl approvato ad inizio estate dal Governo.
Evidentemente la riforma del nostro settore non è più una priorità per Governo e Parlamento, e per quei politici e partiti che sull’onda della grande mobilitazione dei lavoratori e delle lavoratrici del settore si sono rappresentati come gli alfieri dei diritti e della dignità di chi rende possibili spettacoli ed eventi. Dove sono oggi? Evidentemente oggi hanno altre priorità.
Il ddl di legge non ci soddisfa, lo abbiamo criticato perché poco generoso e coraggioso.
Nonostante le criticità, alcune misure comunque garantiscono passi avanti, diritti e tutele oggi inesitenti o diffcilmente esigibili in un settore in cui sfruttamento e lavoro nero sono endemici e i diritti sono subordinati alla presunta nobiltà di arte e cultura, o grazie ad una “gavetta” senza fine.
Purtroppo però, la riforma del settore non è più una priorità per questo governo e questo parlamento da quando abbiamo smesso di mobilitarci in massa con forza e determinazione.
Non è nostra intenzione appellarci al buon cuore della politica, noi ci appelliamo a colleghe e colleghi, a chi è sopravvissuto allo tsunami della pandemia e non ha definitivamente abbandonato il settore.
Il momento è critico: senza un nostro rinnovato protagonismo diretto, senza uno sforzo di mobilitazione, anche il DDL spettacolo rischia di essere ulteriormente rimandato e rivisto al ribasso facendoci buttare due anni durissimi e facendoci piombare in una guerra tra poveri che non dobbiamo combattere.
In queste settimane si discute della nostra vita: dobbiamo quindi prendere parola e tornare a mobilitarci!