Giù le mani dalla città. Come si fa? Anche attraverso l’organizzazione sindacale. Nell’intreccio tra studenti e nuove forme di precariato, resistere allo stritolamento della città da parte della rendita fondiaria, dei palazzinari, del binomio Ryanair – Airbnb è fondamentale.
Il processo che, in maniera ormai violenta ed esplicita, sta cambiando i contorni delle nostre città si muove veloce e in profondità. Ne abbiamo avuto un assaggio in queste ultime settimane a Bologna dove, come Sportello per il Diritto all’Abitare, abbiamo impedito che Helena venisse gettata per strada per una procedura di sfratto, nonostante avesse dato ampie garanzie di ripianare il debito accumulato, peraltro non per causa sua ma di un precedente coinquilino moroso.
Si moltiplicano infatti le storie come quella di Helena, emblema, se così possiamo chiamarlo, del processo di espulsione che sta investendo città come Bologna, Roma, Napoli, Milano, per fare gli esempi più eclatanti.
Helena ha 50 anni, un reddito medio, migrante di lungo corso con cittadinanza italiana, come molte altre persone intercettate negli sportelli non si trova in una condizione di vera e propria indigenza. Stranieri, italiani, residenti storici o migranti recenti: il fenomeno è ampio e trasversale, segno che ormai il processo di espulsione legato al cambiamento del tessuto urbano dei principali centri abitati non riguarda più solamente una composizione principalmente straniera, senza diritti di cittadinanza ed a medio-basso reddito, come durante il ciclo della crisi abitativa post 2011/2012. Colpisce invece sempre più quella che viene definita la “classe media”, trascinata non solo nel circuito della precarietà economica ma anche in quella abitativa. Con 1400/1500 Euro al mese risulta ormai faticoso vivere in città come Bologna o Firenze, a maggior ragione se ci si trova a dover affrontare le spese per ricercare una nuova abitazione, tra innalzamento dei prezzi, garanzie, depositi cauzionali, o peggio ancora quelle legali che mai lavoratori e lavoratrici avrebbero pensato di affrontare per fronteggiare i sempre più numerosi sfratti per finita locazione.


Paradosso massimo, Helena, iscritta all’ADL COBAS da quasi due anni, svolge la mansione di addetta alle pulizie nei principali edifici pubblici del Comune di Bologna, come ad esempio una sede dei servizi sociali territoriali (!) o la Sala Borsa, uno degli edifici più attraversati in città, la stessa città travolta dalla rendita fondiaria e che sembra dirle, quasi beffardamente “…qua non c’è più posto per te…”. Con l’ingresso nel sindacato aveva ritrovato la dignità di potersi recare al lavoro a testa alta senza più sottostare ai ricatti delle responsabili; ora per fortuna la rete di attivisti e solidali le ha permesso di evitare, per il momento, l’incubo dei dormitori o, peggio ancora, della strada.
Le città sono strette sempre più spesso nella morsa di locazioni a breve termine e affitti alle stelle, e a farne le spese sono sempre più precari, lavoratori e lavoratrici, studenti, chi la città la vive, ci lavora, ha le proprie passioni, sogni e progetti. Chi contribuisce a rendere vive le città, anche economicamente parlando, pagando le tasse e quant’altro, rischia di non riuscire più a viverci.
Gli sportelli sindacali devono essere parte attiva di un processo di consapevolezza intorno al tema dell’abitare, specialmente nelle città ad alta tensione abitativa: non possiamo pensare che vinca la rendita in tutto e per tutto e che le città siano abitate solamente da turisti o lavoratori facoltosi ad alto reddito.
ADL COBAS lotta anche per una città a misura di tutti e di tutte, affinché la ricchezza, che negli ultimi anni si è spostata sempre più verso la rendita fondiaria, venga redistribuita e le persone non debbano per forza fare due lavori, o lavorare 50 ore a settimana, per potersi permettere di vivere neanche in centro ma nei quartieri alla periferia delle città.
Organizzarsi insieme per sottrarre alla rendita e alla speculazione pezzi di città, e per dire che non si cede alla rassegnazione, fa parte di quel movimento di riappropriazione di reddito e vita degna che non dev’essere un privilegio per pochi, ma un diritto per tutti e tutte.
Le città sono di chi le vive, non di chi le spreme per ricavarci introiti milionari: per tutti questi motivi anche il 28 ottobre saremo in tanti e tante per impedire lo sfratto di Helena e dire non può finire per strada, dopo che per 16 anni ha vissuto, lavorato e faticato in questa città!
Basta rendita e precarietà, casa reddito e dignità!