La manifestazione di domenica 1 ottobre a Monteortone, località all’interno dell’area termale euganea, nel cuore dei Colli Euganei, per la grande partecipazione registrata e per la determinazione ad allargare la partecipazione profusa dal Comitato spontaneo Monteortone, non è stata solo un eccezionale evento locale, bensì un passaggio importante nella lotta che vede sempre più unite tra loro forme associative spontanee, comitati anbientali, realtà politico sindacali di base, storiche associazioni ambientaliste per la difesa del territorio e contro il consumo sistematico del suolo, patrimonio di tutti che non deve più essere semplicemente oggetto di profitto e speculazione di una imprenditoria predatoria, sostenuta da una classe politica compiacente.
L’oggetto del contentendere in questo caso è l’ennesima mega lottizzazione in una vasta area verde, l’attacco speculativo al paesaggio, in questo caso quello che ancora consente di godere della veduta dei colli euganei in una porzione di territorio, quella del bacino termale euganeo, già fortemente compromessa e cementificata in nome di uno sviluppo illimitato della domanda e dell’offerta turistica termale, rivelatosi nel tempo mendace e dannoso per l’equilibrio di questo fragile ma ricco ecosistema.
Ad approvare il progetto è stato il Comune di Teolo nel cui territorio rientra l’ex area Cima, collocata ai confini dell’abitato di Monteortone, località in territorio comunale di Abano Terme. Con un iter che abbiamo imparato a conoscere negli anni anche dove vincoli e tutele specifiche dovrebbero proteggere da speculazioni e edificazioni incompatibili con la presenza del Parco regionale dei Colli Euganei.
Quest’area, destinata negli anni 60, periodo del boom edilizio alberghiero termale, esclusivamente a funzione ricettivo-turistica, constatata la velleità di tali prospettive stante la crisi intervenuta nello sviluppo termale già a partire dalla seconda metà degli anni 70, venne riclassificata in residenziale dal Comune di Teolo. Operazione bocciata dal TAR nel 1998.
Come spesso accade, gli interessi che stavano dietro alla sua riclassificazione non si sono fermati di fronte allo stop giuridico ma hanno percorso altre strade che consentissero di aggirare il divieto del TAR. Nel 2003 l’amministrazione comunale approvò una convenzione con la società Cima s.r.l. per l’attuazione di un piano particolareggiato che, con la scusa di completare l’area alberghiera (mai partita realmente), consentisse alla società privata di procedere all’edificazione di una serie di insediamenti residenziali.
Oggi, pur a fronte del fallimento della società Cima per la mancanza di un ritorno economico reale nella realizzazione di quel progetto, tutto il processo speculativo ha ripreso vigore con un nuovo accordo tra Comune di Teolo e una nuova società, la Luna s.r.l., per aggirare ancora una volta i vincoli e i divieti frazionando in due parti l’area per consentire di procedere all’edificazione in forma asincrona anche solo per la parte che più interessa al privato coinvolto e, cioè, quella residenziale. L’intero progetto prevede di trasformare 90.000 mq di area verde in una colata di cemento comprensiva di 9 condomini da quattro piani con 100 appartamenti, un albergo da 4 piani e 40 bungalow!
Il Veneto è la seconda regione per consumo di suolo nel nostro Paese e lo registriamo in ogni parte del suo territorio. Si è passati dall’invasione dei capannoni degli ultimi decenni del secolo scorso all’occupazione di suolo con cementificazione per poli logistici e mega progetti residenziali nonostante Zaia si bulli di aver varato una legge ad hoc in difesa del suolo dal cemento che, sostanzialmente, contraddice l’intento dichiarato, consentendo dovunque di poter edificare con proroghe, varianti e gabole varie.
Nessuna frazione del Veneto è esente da questa colata cementificatrice, neanche le aree che dovrebbero essere maggiormente tutelate come, appunto, il Parco regionale dei Colli Euganei o quello che resta del territorio agrario veneto: un processo che porta con sè conseguenze omai visibili e spesso drammatiche di tenuta ambientale e idrogeologica.
Nella bassa padovana, ad esempio, al polo logistico Agrologic – colata di cemento su 321.000 mq di territorio agrario monselicense – si vuole aggiuntere un secondo polo logistico a poco più di 10 km di distanza in un’area vergine nel Comune di Tribano. Padova, martoriata dalla cementificazione con un 49,4% di territorio consumato in questo modo, vede ulteriori progetti tentare di distruggerne altre porzioni in nome esclusivamente di un profitto predatorio – il caso dell’ampliamento del magazzino Alì con i suoi 150 mila mq di cementificazione è l’esempio più eclatante di questo processo di distruzione di un bene comune prezioso come il suolo.
Da Vicenza la grande mobilitazione contro la TAV del 30 settembre sta a testimoniare come il processo di distruzione sistematica del territorio sia in corso in tutta la regione ma, viceversa, che cresce diffusamente in più parti del Veneto una sempre maggiore e combattiva coscienza della necessità di opporsi per rivendicare un diverso rapporto con l’ambiente e le sue risorse.
Da Monteortone è arrivato un segnale importante in questo senso e una proposta metodologica che può essere decisiva per vincere e fermare questo processo di distruzione del territorio: aggregazione dal basso, unità di intenti, allargamento delle soggettività e realtà associative e organizzate per un obiettivo comune che solo apparentemente può sembrare localistico, settoriale. Perchè la difesa del suolo implica riconoscere un diverso approccio alla difesa dei beni comuni ma può consentire finalmente di raccordare vertenze, lotte, e proposte solo apparentemente diverse e settoriali attorno a una visione generale, condivisa, di società solidale e sostenibile.
Per tutti questi motivi abbiamo aderito e partecipato alla mobilitazione del 1 ottobre a Monteortone.
2 ottobre 2023
Adl-cobas