Qui sotto riportiamo il testo del volantino che abbiamo distribuito giovedì 14 aprile all’ingresso del Cinema Multiastra di Padova prima della nostra introduzione al film “Tra due mondi” di Emmanuel Carrère. A seguire la recensione del film da parte di Marco Rigamo.
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LAVORATRICI DELLE PULIZIE: TRA PAGHE DA FAME, CAMPI D’APPALTO E ORARI SPEZZATI
Dopo l’8 marzo, giornata internazionale per i diritti delle donne, come lavoratrici delle pulizie di ADL COBAS, vogliamo continuare a denunciare le nostre incredibili condizioni di lavoro fatte di paghe da fame, cambi d’appalto continui, orari spezzati che non ci permettono di conciliare la vita con il lavoro.
Le paga prevista dal contratto delle pulizie/multiservizi (Firmato dalla CGIL, CISL e UIL) è tra le più basse: è una vera e propria vergogna che simili livelli retributivi, che non sono sufficienti ad assicurare a noi e alle nostre famiglie un’esistenza libera e dignitosa – come vorrebbe l’art. 36 della Costituzione – siano ancora tollerati.
Durante la pandemia ci è stato chiesto anche un maggior impegno per garantire una pulizia più accurata nonché la sanificazione di ospedali, case di riposo, scuole, uffici pubblici e privati, mezzi pubblici, grandi e piccoli negozi, solo per citare alcuni luoghi in cui lavoriamo quotidianamente. Non abbiamo visto nessun cambiamento sostanziale in termini salariali, di diritti e tutele, nemmeno nel riconoscimento del nostro ruolo fondamentale nella società. Dopo anni in cui i salari non sono mai cresciuti in termini nominali, il recente rinnovo del contratto nazionale non è stato in grado di farci uscire dalla nostra condizione di lavoratrici povere, visto che le paghe continuano ad aggirarsi sui 7 € lordi l’ora. Per questo riteniamo che sia necessario rilanciare una lotta per veri miglioramenti salariali e l’introduzione di un salario minimo orario.
Il settore delle pulizie è caratterizzato anche dal sistema degli appalti e dei subappalti che, significa precarietà e rischio di trovarsi a rivendicare la già misera retribuzione mensile o il pagamento del TFR, a dover cambiare drasticamente luoghi e orari di lavoro. E’ quello che sta avvenendo ad alcune di noi che lavorano all’Agenzia delle Entrate del Triveneto, che dopo un cambio d’appalto a febbraio, oggi non riescono a pagare l’affitto e fare la spesa perché non hanno ancora ricevuto lo stipendio di dicembre e gennaio né il TFR. Si tratta di un’altra vergogna: da anni garantiamo il servizio di pulizie in una delle strutture fondamentali dello Stato e l’Agenzia delle Entrate si dichiara impotente nel far rispettare ad una azienda, con la quale ha sottoscritto un contratto commerciale, gli obblighi contrattuali.
Lavorare nelle pulizie significa anche cercare due o tre impieghi diversi perché i contratti part-time con poche ore settimanali sono la regola. Il continuo spostamento tra un posto e l’altro comporta un accumulo ulteriore di stress e fatica, maggiori spese di trasporto e meno tempo libero da dedicare alla nostra vita privata e familiare. Tutto questo si somma al carattere già di per sé usurante del lavoro delle pulizie, che con il passare degli anni lascia segni indelebili sul nostro corpo e sulla nostra salute.
Rivendichiamo reddito, diritti e dignità.
Il coraggio di immergersi
“Abbiamo tutti la tentazione di sapere
come sarebbe essere qualcuno diverso da noi”. Emmanuel Carrère
di Marco Rigamo
Per la sua terza regia cinematografica lo scrittore Emmanuel Carrère non fa ricorso alla propria bibliografia come fece con L’amore sospetto, tratto dal romanzo “I baffi”, fortunato racconto dal sapore nemmeno troppo velatamente kafkiano. Per la realizzazione di Tra due mondi coinvolge nella sceneggiatura la giornalista Florence Aubenas, autrice del libro inchiesta “Il Quai de Ouistreham” (in Italia “La scatola rossa”, edizioni Piemme), da cui il film è tratto, e la superstar nazionale Jiuliette Binoche, che si entusiasma al progetto concorrendo alla stesura della sceneggiatura e proponendosi per la sua produzione. Affascinata dal personaggio di Marianne, affermata scrittrice della buona borghesia parigina, che ha messo al centro del suo prossimo romanzo il mondo della disoccupazione, della crisi, del lavoro precario. Per realizzarlo si trasferisce nella cittadina costiera di Caen, Normandia, da cui partono i ferry per l’Inghilterra. Impara a scrivere un curriculum, a frequentare gli uffici di lavoro interinale, a maneggiare una macchina lavapavimenti (la “bestia”), a muoversi in un contesto molto diverso dal suo abituale. Infiltrandosi, è possibile dire, in un gruppo di donne che fa le pulizie nelle navi traghetto.
Una volta tanto il titolo imposto dalla distribuzione italiana (in originale Ouistreham) centra il senso della narrazione: è un incontro tra due mondi molto distanti tra loro quello che tenta Marianne. Cercare di raccontare da intellettuale benestante un quadrante di una classe sociale svantaggiata. Un’ umanità liquida, ad alta mobilità, la cui invisibilità è parte fondamentalmente integrante del proprio lavoro. Camuffandosi, mischiandosi, stringendo amicizie. Un incontro che suggestivamente si sdoppia: Carrère ha messo Juliette Binoche al centro di un gruppo di attrici non professioniste, alcune di loro recitanti nei panni di se stesse, per un laboratorio preliminare alle riprese durato sei mesi , il cui risultato è stato di eliminare ogni distanza sociale e professionale. Carrère filma in modo abbastanza convenzionale, senza riprodurre nella regia l’agilità spericolata dei suoi romanzi, senza ricercatezze di sorta, conferendo in questo modo massimo valore alla relazione che si crea tra i suoi personaggi. Restituendo a ogni immagine credibilità e verità.
E’ questo verosimilmente a segnare il valore aggiunto del film. Marianne, nome iconico dei valori fondanti della Repubblica Francese, scoprirà molta fraternité ma molto poca liberté ed egalité immergendosi nel mondo degli invisibili con lo stesso coraggio con cui si immerge nelle acque dell’oceano fuori stagione. Lo stesso che le serve per mentire alle persone che le sono diventate amiche, prima tra tutte Christéle, madre single di tre figli, sorta di suo “doppio” proletario. Carrère organizza senza enfasi attorno alla protagonista un film di denuncia, ad alto spessore politico. Raccontando di turni massacranti (un traghetto sosta in porto un’ora e mezza, una cabina deve essere resettata in quattro minuti), di sperequazioni tra gli stessi invisibili (gli uomini non puliscono i sanitari perché “troppo sensibili”), del salario minimo garantito che li accomuna tutti (lo SMIC francese, pari a 7,96 euro ora), del “nessuna assenza, nessun ritardo” pena la perdita del posto di lavoro, delle corse da un luogo all’altro per mettere assieme più ore di lavoro possibili. Tutto questo nella serena latitanza di servizi sociali adeguati, di sussidi certi, di diritti acquisiti.
Nello stesso tempo riesce a spingere i nostri occhi oltre la superficie delle cose e delle singole personalità. Creando immediata empatia con la capacità di queste donne precarie di fare squadra, di esercitare solidarietà e sostegno reciproco in grado di superare anche i ruoli gerarchici. Dando dignità al lavoro, anche il più sporco e faticoso. Lavorando sullo sguardo, quello di Marianne e il nostro, riesce a portarci dall’esterno all’interno di quel mondo in una sorta di immersione totale. Sapendo che come Marianne anche noi torneremo fuori. E anche se non avremo un libro destinato al successo da pubblicare, anche se nessuno ci dirà “ognuno al suo posto”, anche noi come lei resteremo davanti all’interrogativo che attiene all’ineluttabilità della divisione tra due mondi. O per chi vuole, se non è fuori moda: classi.