Venerdì 28 Giugno Casa Madiba Network Ore 20.30
Questo momento iniziale della tre giorni è pensato come uno spazio condiviso di analisi, riflessione e autoformazione attraverso quattro relazioni e contributi che possano aiutarci ad interrogarci rispetto al titolo di questa tavola rotonda. perchè quello che abbiamo visto da ottobre scorso ad oggi è la crescita di una coscienza comune su una condizione lavorativa sfruttata e femminilizzata, che sta peggiorando negli anni e si aggiunge anche ad una condizione di vita e di riproduzione difficili e sempre più precarie.
Marie Moïse (Rimake Milano) “Dallo Sciopero femminista ai diritti e alla dignità nel lavoro sociale”:
lo sciopero femminista dell’8 marzo scorso ha costruito un nuovo significato attorno al concetto di lavoro, a partire dalla pratica stessa dello sciopero, ovvero dalla sua realizzazione. Mettendo al centro il lavoro svolto dalle donne, la consueta categoria di lavoro non è sufficiente, poiché non tiene presente di una specifica parte del lavoro, che il capitalismo impone alle donne e che presenta come attività priva di valore: il lavoro di cura. Con questo termine si designano tutte quelle attività che premettono la generazione e rigenerazione della forza lavoro, dalla messa al mondo dei bambini, alla loro crescita, educazione, fino alla rigenerazione quotidiana delle energie e delle condizioni di salute che ci permettano di andare a lavorare ogni giorno (il cibo, l’igiene, l’attività sessuale, il sostegno emotivo, ecc). Questo lavoro viene svolto dalle donne in ambiti al di qua del mercato del lavoro propriamente inteso, tendenzialmente tra le mura domestiche, e quindi per questo non retribuito; laddove invece tale lavoro è inserito nel mercato (infermiere, badanti, insegnanti, educatrici), ciò avviene sulla base della medesima concezione del lavoro di cura compiuto a casa: non un vero lavoro, ma una vocazione alla cura per l’altro, considerata come innata specialmente nelle donne, e pertanto svolta con cura a prescindere dalla retribuzione e dai diritti. Queste riflessioni hanno comportato allora una riscrittura del significato di sciopero, che non può dunque comportare una mera interruzione della produzione, ma nemmeno una mera interruzione dell’attività di cura nei confronti di chi dipende da quelle cure per la propria sopravvivenza.
Dario Firenze (Fuori Mercato) “La casa dello sciopero come pratica quotidiana e nuova organizzazione delle vertenze nel lavoro sociale ma anche per la costruzione di nuova società” :
La casa dello sciopero ha permesso di costruire uno spazio di solidarietà materiale tra settori del lavoro principalmente precario, a partire da un lavoro basilare di formazione sui diritti del lavoro, accompagnato a una formulazione collettiva delle possibile prospettive vertenziali, che tenessero sempre al centro una concezione ampliata del lavoro a partire dalle analisi sul lavoro di cura e sulla femminilizzazione del lavoro. In altre parole tenendo sempre al centro la concezione di lavoro come produttivo e riproduttivo, e lo specifico ruolo delle donne nel lavoro riproduttivo, la casa dello sciopero ha costituito uno spazio di sindacalizzazione che permettesse di affrontare la separazione tra le due sfere, posta in essere dal sistema capitalista, e che vede le donne fare strutturalmente il cosiddetto doppio turno di lavoro (fuori casa e poi dentro casa). Tale spazio dunque è stato affiancato a pratiche di condivisione del lavoro di cura (pranzi condivisi, spazio giochi per bambini), per permettere la partecipazione delle donne e la messa al centro del loro specifico vissuto. In secondo luogo, il lavoro di cura condiviso è stato al centro delle stesse attività di sindacalizzazione, attraverso un sostegno sul piano emotivo, davanti alla difficoltà e alla paura di mettere in discussione la propria condizione di sfruttamento. In terzo luogo la cura reciproca si è declinata in forme di attivazione vertenziale basate sul mutualismo, come solidarietà reciproca tra settori distinti di lavoratrici e lavoratori, e la costruzione di sciopero nel settore di cura come interruzione delle logiche di privatizzazzione, mercificazione e femminilizzazione verso un’opzione socializzata, che metta le persone prima dei profitti.
Marinella Massaro (operatrice dell’accoglienza Bologna delegata adl cobas)
porterà un contributo sulla vincente battaglia per l’Hub di Bologna che ha visto uniti sindacati, operatori e operatrici occupate nel settore accoglienza e dentro l’hub e gli/le ospiti che dovevano essere deportati ma anche la città e le reti sociali che si sono mobilitate.
Federico Colomo (Rete educatrici/educatori di Rimini) “Dalla piattaforma per la vertenza relativa alla gara d’appalto dei servizi educativi scolastici del Comune di Rimini alle prime forme di autorganizzazione e sindacalizzazione tra gli educatori ed educatrici del settore”:
Importanti risultati sono stati raggiunti grazie ad una mobilitazione serrata rispetto alla prossima gara d’appalto dei servizi pubblici educativi scolastici del Comune di Rimini che recepisce in parte le richieste avanzate dalla piattaforma di lotta degli educatori ed educatrici di Rimini scritta in questi ultimi mesi, fra cui l’educatore di plesso. Dopo presidi, flash mob, l’adesione altissima allo sciopero dell’8 marzo scorso, gli incontri istituzionali, iniziano a cambiare i rapporti di forza.
Coordina Manila Ricci Adl Cobas e operatrice Casa Don Gallo per l’autonomia Rimini.