ADL Cobas e Ass. Rumori Sinistri promuovono verso la manifestazione del 25 novembre prossimo, un incontro pubblico sulla vicenda di Florentina Ciobanu.
Era il 19 settembre 2013 quando Florentina fu ritrovata con un coltello nel petto senza vita nella Pensione Scilla dove aveva lavorato e sulla stampa locale si scatenò di tutto. La tragica morte di Florentina Ciobanu riportò la nostra memoria alla prematura dipartita, di Eva Ana Bocean, altra lavoratrice stagionale rumena morta anch’essa in un albergo del territorio presso il quale era stata assunta nell’estate del 2009.
Tragedia a Rivabella (periferia dell’impero turistico)
19 Settembre 2013, presso la cucina dell’hotel “Scilla” viene trovato il cadavere di Florentina, cameriera ai piani di origine rumena, con un coltello conficcato nel cuore poche ore prima della sua partenza dopo la fine della stagione estiva.
La lavoratrice era occupata presso una pensione nella periferia della Rimini turistica, a Rivabella, con ogni probabilità vittima come Eva del Lavoro Gravemente Sfruttato, in un situazione dove il lavoro diviene un’istituzione totale e totalizzante, perché luogo di lavoro e luogo di vita coincidono e, i datori di lavoro controllano tutto il tempo di vita, e non solo quello lavorativo.
Gli albergatori esercitano il pieno controllo sulla quotidianità di queste donne dal momento che normalmente in un albergo le lavoratrici lavorano più di dodici ore giornaliere, in assenza del giorno di riposo, non possono accedere al diritto alla malattia, e in molti casi hanno un orario stabilito dal datore di lavoro anche per il rientro notturno. Questa è la condizione cui sono sottoposte le lavoratrici stagionali che alloggiano nella struttura dove lavorano, ovvero una sistematica violazione dei diritti umani e sociali a partire da quello alla salute (condizioni debilitanti del lavoro), accompagnato da sottonutrizione e da degradanti condizioni socio-sanitarie degli alloggi. Questi aspetti mettono in rilievo la contraddizione stridente tra la realtà di un turismo ricco e l’indigenza di queste lavoratrici che producono la ricchezza.
Anche in questo caso sono molteplici i dubbi e le questioni che la vicenda di Florentina solleva e che vogliamo discutere con i relatori che abbiamo invitato, relatori che ha seconda del loro ruolo (sindacale, giornalistico, legale), hanno seguito tutta la vicenda.
Ci preme segnalare innanzitutto come, nella prima narrazione main stream sulla vicenda subito dopo la scoperta del cadavere, ci sia soffermati su aggettivi alquanto strani tipici della narrazione patriarcale quando si tratta di episodi di violenza che riguardano una donna. Dapprima Florentina viene descritta come “donna avvenente e formosa” per poi presentare l’immagine di una “donna depressa, psicotica con turbe del comportamento”.
E’ come se fosse stato messo in atto un processo alla vittima della tragedia: prima in merito alla condizione di genere, come donna e ai comportamenti conseguenti, poi allo stato mentale di una persona deceduta soprattutto incapace di difendersi o narrare quali condizioni sociali hanno qualificato le ultime settimane della sua vita.
Gli investigatori arrivano così a sostenere l’ipotesi del suicidio in relazione al risultato dell’autopsia, per cui le indagini sembrano avviarsi alla rapida conclusione.
Alla prima indegna narrazione della donna come formosa e avvenente si introduce quindi un nuovo piano, quello di una donna depressa per la morte del giovane figlio avvenuta un anno prima nel luglio del 2012, quando Florentina era già in Italia per lavorare prima come badante a Brescia e poi come cameriera ai piani a Rimini.
Una donna, Florentina, che stante alle dichiarazioni del marito e dei famigliari rilasciate ad alcuni quotidiani locali e rumeni, ma anche a Sandra Polini e Fausta Mannarino che si recarono in Romania poco dopo la morte di Flo (http://bit.ly/2x2U7HT), aveva reagito con forza a questo tremendo lutto, incoraggiando i famigliari a fare altrettanto. Le migranti che lasciano la propria famiglia e il proprio paese per intraprendere una sfida lavorativa in un paese straniere mostrano in prima istanza una grande forza di volontà e determinazione. Ovviamente sono deboli per le loro condizioni economiche e poiché i lavoratori e soprattutto le lavoratrici stagionali in transito nel territorio sono soggetti deboli e ricattati nelle aziende del distretto turistico romagnolo.
Poi le due telefonate effettuate da Florentina il giovedì prima della sua morte. Telefonate nelle quali Florentina parlava della paura della polizia e faceva riferimento ad un furto. Florentina aveva paura? È successo qualcosa in quei giorni che può aver creato le condizioni della sua morte? Come mai il giorno precedente al ritrovamento del cadavere Florentina, che aveva chiamato il marito, non aveva fatto cenno ad alcuna di queste questioni e soprattutto sembrava tranquilla e serena pronta per il rientro? Può una persona che si è organizzata per il rientro a casa, dopo aver comprato regali, preparato le valigie, dopo aver acquistato il biglietto per il viaggio di ritorno impazzire all’improvviso proprio a pochi minuti dalla partenza? Se i proprietari hanno visto che stava così male perché non hanno fatto nulla per aiutarla? Perché non l’hanno accompagnata da un medico, non hanno allertato i servizi sociali?
Contesto sociale in cui si inserisce questa tragedia
Altra questione, sappiamo che Florentina non era ancora stata pagata per il lavoro prestato durante la stagione estiva cosa che è avvenuta successivamente alla morte grazie al repentino lavoro di ADL Cobas, ma le cronache, non si sono soffermate su questi aspetti e non si sono poste questi quesiti: la lavoratrice era stata assunta con un contratto regolare? Aveva lavorato in nero? era stata pagata in questi mesi? aveva ritirato le buste paga? si era recata presso un sindacato per chiedere l’indennità di disoccupazione?. Qualcuno si è posto queste domande? Il suo rapporto con il lavoro, con la comunità riminese e con le autorità del territorio sono elementi insignificanti per comprendere la tragica morte di Flo?
Dietro a questa ennesima tragedia e al cinismo della cronaca che accompagnò da subito la vicenda, noi intravediamo alcuni elementi che crediamo vadano approfonditi non perché vogliamo sostituirci agli inquirenti ma soprattutto perché Florentina non rimanga un’ombra così come è stato nel caso di Eva.
E soprattutto ora che il Gip del Tribuanale di Rimini, Vinicio Cantarini, ha rigettato la richiesta del PM di archiviazione sulla morte di Florentina Ciobanu dopo quattro anni di mancate indagini e talvolta di numerose omissioni da parte degli stessi inquirenti orientati a derubricare tutto come il suicidio di una donna isterica e pazza che non si è mai ripresa dal lutto del figlio oppure a ostacolare la difesa legale della famiglia, che incaricò l’avv. Raffaele Pacifico grazie alla nostra azione.
La nomina del legale venne infatti messa in discussione da una rogatoria internazionale (una prassi tra l’altro, non consentita dal codice di procedura penale), attraverso la quale il marito di Florentina chiedeva inspiegabilmente la revoca del mandato (http://bit.ly/2yPWke1).
Ci hanno provato in tutti i modi per impedire che la verità venisse a galla, che le indagini proseguissero (http://bit.ly/2yQW3rr) ma per fortuna la decisione del Gip va proprio nella direzione opposta.
Suicidio nelle aziende turistiche riminesi. Di istituzioni totali si muore?
Da un punto di vista giuridico entrambi i casi, quello di Florentina e quello di Eva, sono stati derubricati a suicidio.
Se così fosse ciò significa che anche dal punto di vista epidemiologico, dal 2009 al 2013, sono due le lavoratrici stagionali di nazionalità rumena che si sono tolte la vita nel loro luogo di lavoro e di vita: l’albergo.
Come nella Cina delle grandi fabbriche della Foxconn, il suicidio diventa un modo per far emergere il disagio, quello di chi subisce meccanismi totalizzanti nel luogo di lavoro. A ciò si aggiunge la totale assenza di dati rispetto alle tante donne lavoratrici stagionali che si recano al Pronto Soccorso o alla guardia medica per malesseri generali quali: svenimenti, emicranie, dolori articolari, nausea, vomito, insonnia. Spesso a queste donne sono rilasciati referti per “stress psicofisico” e come terapia oltre ai comuni antidolorifici sono prescritti ansiolitici e antidepressivi come lo Xanas.
Su questi temi, le ricerche sono scarsissime e il mondo medico non vi ha dedicato le energie necessarie.
Da un punto di vista giuridico, se vi è qualcuno che induce, con i suoi comportamenti e la sua condotta, può essere indagato per il reato di “induzione al suicidio” (art. 580 del Codice Penale). Vogliamo allora capire se gli inquirenti si siano soffermati su questi aspetti, abbiano ricostruito con accuratezza gli ultimi mesi di vita di Florentina, morta con un coltello conficcato nel cuore, dietro a tanti dubbi, nella pensione dove aveva lavorato.
Non è possibile accettare questi drammi rimanendo in silenzio. Non è possibile non soffermarsi sul fatto che nell’arco di quattro anni nel nostro territorio due lavoratrici rumene siano morte nel loro luogo di lavoro.
Da più di otto anni raccogliamo e raccontiamo le loro storie di vita, i drammi famigliari e la povertà del contesto di provenienza, che sono l’elemento intorno al quale si costruisce maggiormente il ricatto delle agenzie d’intermediazione (tratta) e degli albergatori (Lavoro Gravemente Sfruttato). I rapporti di classe negli alberghi riminesi sono imbarazzanti.
È la povertà che spinge ad accettare queste condizioni indegne e paragonabili alle grandi fabbriche cinesi.
E’ sulla pelle di queste lavoratrici che lavorano in assenza di diritti, molto spesso vittime di ogni forma di abuso, che si sostiene l’economia turistica.
Le istituzioni locali nulla hanno fatto e stanno facendo in termini di servizi, welfare e supporto a queste lavoratrici che sono in transito nel territorio, non votano, non hanno cittadinanza alcuna.
Secondo noi le città non sono costituite solo di strade, supermarket e macchine; bensì vi sono cittadini, istituzioni, sindacati, giornali e associazioni, che si devono interrogare sulle cause che generano tali tragedie umane. La morte delle lavoratrici all’interno della propria azienda ci turba e ci angoscia, che esse siano iscrivibile a femminicidio o suicidio.
Per questo a tanti anni di distanza e dopo la decisione del GIP di non archiviare la vicenda di Florentina ma di riprendere le indagini che vogliamo aprire un dibattito per comprendere la natura di questi eventi, considerando che sia una pratica doverosa in una città culturalmente evoluta.
Lo faremo insieme Mercoledì 15 Novembre alle ore 18.30 con i relatori che abbiamo invitato e speriamo la vostra partecipazione, come momento anche di mobilitazione verso la Manifestazione nazionale #NonUnaDiMeno del 25 Novembre prossimo a Roma.
Lo faremo per tutte le lavoratrici stagionali che hanno subito abusi di ogni tipo, lo faremo per Eva e Florentina, per agire la verità per non dimenticarle!
ADL Cobas – Ass. Rumori sinistri Rimini