COMUNICATO
“Il settore turistico continua a svolgere un ruolo trainante nell’economia italiana, con un’incidenza sul Pil che è arrivata all’11,8%. Un risultato importante che promette di proseguire anche nei prossimi anni” Questo quanto emergeva dal ‘XX Rapporto sul Turismo Italiano’, curato dall’Istituto di ricerca su innovazione e servizi per lo sviluppo del Consiglio nazionale delle ricerche (Iriss-Cnr) di Napoli e presentato un anno fa a Roma.
Così, mentre il turismo continua ad essere un settore chiave per l’economia e la produzione di ricchezza nel nostro paese, assistiamo parallelamente all’erosione dei diritti di chi in questo settore opera e lavora da anni.
Già da tempo, cioè da quando il contributo di disoccupazione stagionale (misura di sostegno al reddito per i lavoratori stagionali) è stata riformato, dalla legge Fornero prima e dal governo Renzi poi, fino a essere inglobato nella NASPI, riducendo di molto, dal punto di vista economico, l’accesso ad un reddito nei mesi di non lavoro, i lavoratori e le lavoratrici stagionali hanno dovuto confrontarsi con l’impoverimento diffuso delle condizioni di un lavoro sempre più povero e della mancanza di politiche sociali e di sostegno al reddito e alla casa adeguate.
Anche dal punto di vista contrattuale, e in particolar modo dopo le riforme già citate, disparate sono state le tipologie contrattuali utilizzate nel settore turistico. Con la tendenza, ovviamente, ad offrire al lavoratore minori garanzie. Perché bisogna dirlo, ‘fare la stagione’ lavorando in questo settore vuol dire lavorare 12 ore al giorno, senza giorno di riposo, per tre mesi e più, a ritmi elevatissimi, spesso sotto la minaccia di un licenziamento istantaneo e con paghe il più delle volte indegne, sfruttati e istruiti a mentire di fronte ai controlli circa il rispetto di condizioni salariali, igienico sanitarie e di sicurezza dei lavoratori.
Negli anni si è gradualmente passati dal contratto a tempo determinato (spesso part time a nascondere full time, senza giorni di riposo e ben oltre le ore giornaliere previste dal CCNL), al contratto a chiamata, ai tirocini a costo quasi zero grazie al programma Garanzia Giovani, fino ad arrivare ai voucher, i buoni lavoro nati per regolamentare il lavoro occasionale, liberalizzati fino a renderli moneta di scambio tra datore di lavoro e lavoratore dipendente a tutti gli effetti.
Tutte forma di regolamentazione del rapporto di lavoro che, nel loro evolversi, hanno contribuito all’aumento dello Lavoro Gravemente Sfruttato, rendendo il lavoratore sempre più ricattabile e privo di diritti.
Non è un caso infatti che nel 2016, analizzando i dati del Rapporto sui voucher dell’INPS, risulti che, tra le attività nelle quali viene utilizzato, in testa ci siano il turismo (21 milioni) e il commercio (18,4 milioni), mentre al fanalino di coda troviamo i lavori domestici (4,7 milioni) e l’agricoltura (2,1 milioni), settori per il quale era stato creato il voucher.
Sembra quindi paradossale in questi giorni sapere che l’attuale governo sia intenzionato a reintrodurre la possibilità di utilizzare il nuovo contratto di lavoro occasionale anche in questo settore.
L’introduzione di questa nuova forma di lavoro occasionale che va a sostituire i voucher avrebbe, così come è stata pensata, gravissimi difetti. In primo luogo un’impresa del settore turistico, con non più di 5 dipendenti a tempo indeterminato (e sono poche quelle del settore ad essere dunque escluse), potrà pagare lavoratori stagionali, fino ad un massimo di 5000 euro trasmettendo la comunicazione all’Inps con i dati del lavoratore, le informazioni sull’attività da svolgere e il compenso, almeno un’ora prima della prestazione e, nel caso in cui la prestazione non abbia luogo, il datore di lavoro dovrà comunicare la revoca della dichiarazione trasmessa all’Inps entro i tre giorni successivi al giorno in cui si sarebbe dovuta svolgere l’attività programmata. E questo già prefigura un utilizzo illecito di questo strumento da parte del datore di lavoro, utile a coprire, in caso di controlli, un posizione di lavoro irregolare o in nero. Altroché misure di contrasto al lavoro nero!
A questo si aggiunga anche che i contributi previdenziali versati attraverso questo “contratto” non sono utili ai fini del calcolo della durata dell’indennità di disoccupazione.
L’Associazione Rumori Sinistri e L’ANLS, insieme alle due organizzazioni sindacali di riferimento (ADL Cobas e Cub), realtà che da anni si battono per far emergere la triste realtà delle condizioni lavorative di grave sfruttamento degli stagionali, oltre a ribadire l’urgenza di una netta difesa dei diritti dei lavoratori, intervenendo dal punto di vista legislativo e ripristinando la legalità nel settore, sottolineano anche la necessità di dare, agli “schiavi del turismo” maggiore rappresentanza, con l’auspicio, inoltre, che i media e gli organi di informazione diano voce anche a loro e non soltanto alla classe imprenditoriale che davanti alle telecamere e ai microfoni lamenta di non trovare persone disposte a fare la stagione mentre furbescamente omette le condizioni miserevoli alle quali questi lavoratori e queste lavoratrici sono costretti a sottostare.
Per queste ragioni Giovedì 15 giugno in contemporanea a Rimini e all’Isola dell’Elba si svolgeranno delle conferenze stampa per respingere e denunciare questi provvedimenti e chiedere un lavoro stagionale libero dallo sfruttamento e dalla povertà. A Rimini l’appuntamento è alle ore 12.30 in Piazza Cavour sotto il Municipio Giovedì 15 giugno.
#MaiSchiavi #MaiSchiave #lavorostagionaleliberodallosfruttamento
Associazione Rumori Sinistri onlus – ANLS (Ass. nazionale Lavoratori Stagionali)
Adl Cobas – Cub
*nella foto l’azione performativa contro i voucher nel turismo davanti all’Ass. Italiana Albergatori in occasione dello Sciopero del 21 ottobre 2016