Un abbondante centinaio di persone, in larga maggioranza lavoratrici e lavoratori dell’accoglienza di Bologna e provincia, ma anche da Modena e Reggio Emilia, ha partecipato all’assemblea “Nè Pacchia Nè Clandestinità, ma Accoglienza” giovedì 18 ottobre al TPO promossa dal sindacato ADL Cobas – Associazione Diritti Lavoratori.
La relazione introduttiva di Gianfranco Schiavone, vice presidente ASGI esperto del sistema di accoglienza, ha chiarito la portata dell’impatto delle norme contenute nel Decreto Sicurezza sul sistema di accoglienza. In estrema sintesi l’intervento di Schiavone ha chiarito che la volontà del Governo è di colpire “quello che nel sistema di accoglienza italiano rischiava di funzionare troppo, cioè quelle caratteristiche che stavano prefigurando la reale possibilità di andare a costituire un sistema unico di protezione basato sulla territorialità e sull’integrazione dei servizi socio-assistenziali gestiti dai soggetti pubblici preposti”. Per la prima volta dal 2002 sembrava possibile normalizzare il sistema di protezione ed accoglienza, ma il Decreto blocca questa prospettiva positiva poiché incompatibile con i presupposti politici dell’attuale Governo.
Nella prima fase – già in corso – di attuazione del Decreto, vi è infatti la sostanziale abrogazione del sistema di accoglienza SPRAR; nella seconda – che sarà attuata entro l’anno – la trasformazione del sistema CAS nel sistema unico di accoglienza, con la consegna della sua gestione a soggetti improbabili e discutibili, con il rischio di serie affinità alla malavita organizzata.
L’obiettivo della norma è separare chi si occupa dei (pochi) titolari di protezione internazionale da chi si occupa dei richiedenti, rompendo ogni forma di collegamento tra i due sistemi. Siamo di fronte ad una sostanziale destrutturazione di entrambi i sistemi, la condizione di chi lavora in Sprar sarà modificata alla pari di chi lavora in un Cas, le competenze di entrambi i sistemi saranno ridefinite.
I titolari di protezione per casi speciali ai sensi dell’articolo 19 co 1 e comma 1 bis del Testo Unico in materi di Immigrazione (casi di inespellibilità dal territorio nazionale) non hanno diritto alle misure di accoglienza, né all’assistenza sanitaria nazionale, bensì ricadranno nelle tutele previste dall’art 35 del T.U., ossia il solo diritto alle prestazioni mediche urgenti e indifferibili previste dal codice STP. I permessi speciali previsti con cui sarà sostituita in forma residuale la protezione umanitaria non sono convertibili in altri titoli di soggiorno.
Evidente quindi il prosciugamento del numero delle persone in accoglienza, poiché vengono ridotte all’osso le categorie di persone che ne hanno diritto e le conseguenze sui fenomeni di intolleranza verso le persone in situazione di disagio e fragilità, grazie alle quali sarà alimentata la macchina del consenso sulle dinamiche di vittima-carnefice.
Dopo la testimonianza del percorso di mobilitazione aperto da CIAC Onlus nella provincia di Parma (sensibilizzazione e pressione verso gli enti locali, iniziative di sensibilizzazione della cittadinanza e dei migranti attraverso assemblee,petizioni, eventi), gli interventi hanno segnalato la volontà di prendere posizione contro lo scenario che si prospetta come lavoratori e lavoratrici del mondo dell’accoglienza, testimoni di uno smantellamento di tutele e professionalità senza precedenti.
E’ stata quindi espressa in modo corale la necessità di mobilitarsi a più livelli, anche nell’ambito di tutte le iniziative contro il Decreto che saranno messe in campo, costruendo un percorso di informazione e sensibilizzazione degli stessi richiedenti asilo oggi accolti e dei migranti in generale, senza però perdere di vista la responsabilità specifica che poggia in questo momento sulla categoria dei lavoratori e delle lavoratrici del mondo dell’accoglienza. I rischi tangibili sono la scomparsa di una storia di competenze e professionalità in favore dell’inclusione sociale e dell’interculturalità ma anche, più concretamente, la scomparsa del posto di lavoro di migliaia di addette/i del settore.
Mettendo al centro il peso che la città di Bologna dovrebbe avere come motore di iniziative contro il Decreto, vista anche la politica di ampliamento del sistema Sprar nata proprio qui, è stata espressa la volontà che la posizione chiara e netta contro il Decreto debba partire dal settore dell’accoglienza, in difesa della qualità del lavoro e contro il disegno di smantellamento. L’astensione dal lavoro, lo sciopero della categoria è stato presentato come orizzonte naturale di un necessario percorso di mobilitazione e strumento centrale ed adeguato al livello di attacco in corso e perché negli anni è con gli scioperi che sono stati difesi i diritti.
Con l’impegno di ricavare spazio e tempo nella nostra vita per mettere in moto un percorso di resistenza contro il cambiamento in atto, con la consapevolezza che siamo forti, e siamo parte, di quel pezzo di paese che appoggia l’operazione Mediterranea, che si ribella al razzismo del Comune di Lodi, che ha manifestato solidarietà al Sindaco di Riace, l’Assemblea si è riconvocata per martedì 23 ottobre alle ore 19 al TPO per discutere e organizzare il percorso di mobilitazione.