CGIL e UIL improvvisamente sembra si siano svegliati dal letargo proclamando uno sciopero generale per giovedì 16 dicembre per chiedere al Governo alcuni aggiustamenti alla Legge di bilancio riguardante il fisco, le pensioni, e contro la precarietà. Si tratta di un fatto di un certo rilievo visto che, da una parte si è consumata una rottura, sicuramente temporanea, con la Cisl, dall’altra, Confindustria, Lega e la destra più in generale, hanno attaccato a testa bassa la scelta di indire lo sciopero generale, mentre, a “sinistra” nessuno ha condiviso la decisione dei due sindacati. E’ quindi necessario provare ad interrogarci sul senso che può avere questo sciopero, convocato di fatto fuori tempo massimo , visto che la Legge di Bilancio nelle sue grandi linee è già stata definita, mentre sarebbe stato necessario, se veramente si voleva incidere, costruire mobilitazioni molto tempo prima, come, con i nostri limiti (parliamo del sindacalismo di base), abbiamo provato a fare, a partire dallo sciopero dell’11 ottobre e alle manifestazioni del 4 dicembre.
Alla luce del fatto che Cgil Cisl e Uil son diventati a tutti gli effetti, soprattutto all’interno delle dinamiche dei conflitti tra capitale e lavoro, un fattore determinante per la governance capitalistica, dobbiamo interrogarci sul significato di questo sciopero che arriva in una situazione nella quale, grazie all’accordo sullo sblocco dei licenziamenti, sottoscritto anche da Cgil, Cisl e Uil, stiamo assistendo ad un vero stillicidio di licenziamenti dovuti alle cosiddette delocalizzazioni. La domanda che è legittimo porci è se questo sciopero possa segnare una inversione di tendenza rispetto al ruolo concertativo fin qui svolto dalla triplice sindacale.
La risposta che diamo a questa domanda è sicuramente NO. E lo diciamo a partire da alcune considerazioni che riguardano proprio la natura stessa del sindacato confederale oggi. Uno dei paradossi di questo sciopero è che è stato convocato anche dalla UIL, che, notoriamente, svolge un ruolo da sindacato giallo in molti comparti del lavoro, mentre per quanto riguarda la CGIL e CISL, specie nel corso di questi due ultimi decenni e in riferimento ai settori trainanti dell’economia, dalla logistica, all’agroalimentare, alla grande distribuzione, ma anche all’interno dei settori dove esiste una forma di “aristocrazia operaia”, che coesiste con forme estreme di sfruttamento che sfociano a volte anche in vera e propria schiavitù, il ruolo è quello di negazione dell’esistenza di un conflitto di classe per incentrare la propria azione quasi esclusivamente sul terreno della concertazione.
Un altro ruolo fondamentale del sindacalismo confederale è quello di cercare di contrastare con ogni mezzo necessario le lotte vere e l’avanzamento del sindacalismo conflittuale, così come si è verificato in tutti questi anni nel settore della logistica e non solo. Basti vedere l’ultima vicenda legata alle varie vertenze Fedex/Tnt, con particolare riferimento alle situazioni di Piacenza, Padova e Bologna, dove la CGIL ha concordato direttamente con Fedex la sottoscrizione accordi di internalizzazione – avendo una rappresentanza insignificante di lavoratori – che hanno avuto come obiettivo fondamentale quello di cancellare i diritti sindacali a Si Cobas e a noi di Adl Cobas, ma anche quello di arrivare ad un contenimento del costo del lavoro. In questi vertenze emerge una ulteriore evoluzione di un ruolo che va ben al di là della concertazione, ma che si fa “braccio armato” delle multinazionali per eliminare le presenze sindacali scomode.
Ciò detto, è evidente che l’indizione di questo sciopero si rappresenta come segnale quasi disperato per di mera testimonianza, della serie: anche noi ci siamo, esistiamo, non possiamo essere il tappeto sopra il quale Confindustria e Governo si puliscono i piedi. Non a caso, non si punta tanto a far riuscire realmente lo sciopero, ma ad una mera rappresentazione simbolica del conflitto con una presenza tutta mediatica nelle varie piazze dove sono state convocate le manifestazioni.
Chiaro che per quanto ci riguarda, laddove esistono conflitti veri, laddove esistano lavoratori convinti di dover lottare con determinazione contro la Legge di Bilancio, a prescindere dall’appartenenza a sigle sindacali, siamo sempre a favore per una vera convergenza delle lotte.