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ADL Cobas > Blog > Approfondimenti > Riflessioni sull’accordo tra Israele e Hamas
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Riflessioni sull’accordo tra Israele e Hamas

adlcobas
di adlcobas
Pubblicato 14 Ottobre 2025
8 minuti di lettura
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8 minuti di lettura
Sindacato di Base ADL Cobas - Riflessioni sull'accordo tra Israele e Hamas
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A FIANCO DEL POPOLO PALESTINESE – CON LA LOTTA E LA SOLIDARIETA’ INTERNAZIONALE ABBIAMO CONTRIBUITO A FERMARE IL GENOCIDIO

Dopo due anni di pianificazione del genocidio dei palestinesi di Gaza, che ha prodotto ben oltre i 70.000 morti accertati, l’uso della fame e della sete come armi di guerra, la distruzione dell’80% delle case, delle scuole e degli ospedali, arriva la notizia di un accordo sottoscritto dal Governo Israeliano e da Hamas con la supervisione di Trump che, nelle intenzioni, dovrebbe portare alla fine del genocidio dei palestinesi .

Dalla notte di venerdì 10 ottobre è entrata in vigore la  cessazione dei bombardamenti , ci sarà la ripresa degli aiuti umanitari,  seguirà  lo scambio degli ostaggi con la liberazione di un paio di migliaia di prigionieri palestinesi e il ritiro parziale dell’IDF .

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Non è dato a sapersi se questo accordo avrà la possibilità di avere una effettiva efficacia, in quanto sono troppe le incognite che rimangono aperte e che non sono ancora state definite, dal ritiro dell’IDF,  alla smilitarizzazione di Hamas, al futuro politico di Gaza e della Cisgiordania. Come da più parti è stato sottolineato, un accordo di questo tipo poteva essere sottoscritto già più di un anno fa e non lo si è fatto a causa della volontà di Netanyahu di continuare lo sterminio per restare a galla e che non si era ancora prodotto qull’isolamento di Israele che è stato determinante per questo importante passaggio.

Ma qualora dovesse essere effettiva la fine dei bombardamenti e, quindi, del genocidio con   la ripresa  di un flusso costante di aiuti sufficiente a sfamare i due milioni e rotti di palestinesi e  la possibilità di tornare a curarsi, già questo rappresenterebbe per i Gazawi un evento di rilevanza enorme .

 Quasi tutti i media e le forze politiche, da Trump in giù, arrivando poi a Meloni, hanno rivendicato questo  risultato come il prodotto di una grande capacità di diplomazia politica, irridendo la mobilitazione globale che si è data contro il genocidio a Gaza.

E’ importante cercare di inquadrare bene da dove nasce questo accordo e, allo stesso tempo essere consapevoli che si tratta di un prolungamento della logica coloniale e sionista che ha portato alla nascita dello Stato di Israele, con tutto il portato di deportazioni e stragi che dal 1948 si susseguono senza soluzione di continuità.

Il movimento globale che si è sviluppato già a partire  dal 7 ottobre 2023 fino ad oggi ha individuato due obiettivi principali: il primo è stato “FERMARE IL GENOCIDIO” il secondo “APRIRE CANALI DI AIUTI UMANITARI PERMANENTI”. Su queste due parole d’ordine, in tutto il mondo, si è sviluppato un movimento di lotta che ha mobilitato milioni e milioni di persone, che hanno bloccato porti, autostrade, boicottato i prodotti israeliani e il commercio con Israele, hanno cercato di forzare il blocco navale su Gaza, hanno smascherato l’enorme quantità di falsità che il Governo Israeliano ha cercato di diffondere nel mondo, negando il genocidio. Anche il voto all’Onu che ha visto il riconoscimento dello Stato palestinese con 142 voti a favore, 12 contrari e 10 astenuti, tra cui l’Italia, ha decretato un isolamento di Israele che non ha precedenti, frutto comunque delle mobilitazioni, anch’esse senza precedenti negli ultimi decenni.

Questo accordo, sempre che venga confermato nel tempo, non cancella nulla delle responsabilità di Israele e di tutti quei paesi che non hanno mosso un dito per fermare il massacro, primo fra tutti il Governo Meloni che ha sempre appoggiato pedissequamente  Trump, rendendosi complice del massacro. Dobbiamo sempre ricordare che fino a poco tempo fa gli obiettivi di Trump e Netanyahu erano quelli di cacciare tutti i palestinesi da Gaza, farne un resort di lusso e annettere la Cisgiordania. Oggi si può dire che, grazie alle enormi mobilitazioni, non si parla più di cacciare tutti i palestinesi da Gaza e la questione Cisgiordania rimane indefinita.

L’Italia ha visto forse le maggiori mobilitazioni  rispetto allo scenario mondiale, tanto che da molte parti è stato detto “facciamo come in Italia”. Questa straordinarietà delle mobilitazioni in Italia è maturata lentamente nel corso dei due anni dei massacri, a partire dall’incapacità delle forze istituzionali di mettere

in campo iniziative in grado di incidere e hanno avuto il loro apice nel momento in cui il genocidio è

diventato un dato non più contestabile e si è messa in moto la più grande operazione di aiuti umanitari con la partenza della Global Sumud Flotilla. Il blocco della Flotilla e i  vergognosi commenti della Presidente del Consiglio e del Governo nel suo insieme,  hanno fatto esplodere la rabbia di una moltitudine di persone che

hanno voluto dire basta alla carneficina scendendo in piazza sotto lo slogan “Blocchiamo Tutto”. Il 22 settembre il 3 e il 4 ottobre, ma anche molti altri momenti,  sono stati i punti più alti di un movimento che

ha spiazzato tutt3 e che oggi deve essere all’altezza di riuscire a garantire lo stop effettivo del genocidio e l’invio di aiuti sufficienti a dare una qualche speranza di vita ai palestinesi di Gaza e della Cisgiordania.

A noi occidentali, che siamo qui in Europa e nel mondo, come è spettato il compito di scendere in piazza  per fermare il genocidio, obiettivo al quale pensiamo di avere contribuito non poco ,  oggi, spetta il compito di continuare a mobilitarci per bloccare ogni tentativo di Israele di tornare a bombardare, cercando anche di tradurre l’enorme potenza espressasi nelle piazze come reazione alla profonda ingiustizia per ciò che accade in Palestina in percorsi di lotta contro le ingiustizie prodotte dall’economia di guerra e dalla corsa al riarmo, per un miglioramento reale delle condizioni di vita nei posti di lavoro e nella società e contro ogni forma di discriminazione e di schiavitù. 

Per battere il Sionismo e il colonialismo in Palestina e ovunque, dobbiamo lottare contro il razzismo, il sovranismo e l’autoritarismo che ritroviamo tutti i giorni nella nostra società.”

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L’ADL Cobas (come “associazione difesa lavoratori”) nasce nel 1992 dall’esperienza politica e sociale sviluppatasi lungo il decennio degli anni 80 nella Bassa Padovana attorno alle lotte contro la ristrutturazione, il decentramento, i licenziamenti, la precarizzazione del lavoro e la devastazione ambientale in quei territori. 


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