Oggi come ADL cobas abbiamo promosso questa manifestazione per continuare a denunciare con forza la guerra contro l’Ucraina voluta da Putin, una guerra che sta producendo migliaia di morti, feriti, e centinaia di migliaia, già si parla di un milione di profughi. Una guerra che sta distruggendo oltre alle infrastrutture militari anche quelle civili, che lascerà una pesante impronta ecologica e che mette a rischio anche la nostra sicurezza visto quello che potrebbe succedere se fossero colpite le centrali nucleari.
Oggi ci vogliamo unire alle tante piazze in Italia e nel mondo che chiedono un immediato cessate il fuoco , corridoi umanitari per i civili e l’accoglienza per i profughi. Ma oggi siamo qui anche per affermare con altrettanta chiarezza e forza alcuni principi e posizioni che rischiano di essere rimossi o che vengono negate dietro la condanna dell’invasione.
Noi riteniamo infatti che non ci possa schierare a fianco della NATO che negli anni ha perseguito scientemente l’allargamento della sfera di influenza dei Paesi Occidentali a discapito di una sicurezza globale condivisa. Pensando che altri Paesi con le stesse ambizioni egemoniche restassero a guardare: ricordiamo la lunga lista di contromosse del governo russo: interventi in Georgia nel 2008, Crimea nel 2014, Siria dal 2015, in Libia tramite mercenari dal 2012 ed ora in Ucraina.
Noi ci schieriamo dalla parte delle popolazioni civili, dei lavoratori e delle lavoratrici che subiscono queste politiche espansionistiche, e che nella guerra hanno tutto da perdere: benessere, felicità diritti e libertà.
Noi ci schieriamo contro il nazionalismo che prepara e sostiene ideologicamente le guerre. E che oggi invita ad odiare il popolo russo e la cultura russa. Invece di costruire ponti, scambi, legami trasnazionali dal basso, vero antidoto contro il nazionalismo, contro il senso di isolamento e di esclusione, che infiamma logiche perverse di potenza e di rivalsa. I nostri politici e la classe dirigente di questo Paese invece di dare voce a chi oggi rischia il carcere in russia per opporsi alla guerra, vieta lezioni universitarie su artisti fondamentali della cultura occidentale, si accaniscono contro artisti e sportivi. Il nazionalismo porta con sé sempre il razzismo. Un razzismo che vediamo all’opera anche sotto le bombe. Oggi siamo qui anche a dire che non accettiamo ci possano essere rifugiati di serie A e rifugiati di serie B. Abbiamo visto tutti cosa accade ai confini con i paesi della UE, dove i migranti per lavoro o studio in Ucraina stanno subendo trattamenti differenziati a tratti degradanti e violenti.
Siamo qui oggi perché riteniamo che l’invio di armi non sia la soluzione, perché non cambierà l’esito di una guerra in cui i rapporti forza militari sono e resteranno impareggiabili. Anzi riteniamo che questo prolungherebbe la guerra, con tutto quello che ne conseguirebbe in termini di morti, ferito, sfollati, distruzioni, rischierebbe di trascinarci in conflitto di dimensioni ancora più ampie. I politici dovrebbero essere onesti e dire che militarmente solo con l’intervento di molti eserciti sul terreno forse potrebbero sconfiggere l’esercito russo. Ma sanno che ciò è impensabile e quindi indicibile, perché gli esiti sarebbero catastrofici, perché quello sì significherebbe lo scoppio di una guerra diretta tra potenze nucleari. L’insistenza sull’invio di armi da parte del nostro governo e di molti altri governi europei, è quindi una mera mossa propagandistica volta a lavarsi la coscienza di fronte al popolo ucraino e ad evitare una discussione scomoda sul ruolo svolto dalla Nato nella destabilizzazione di ampie fette del pianeta. Noi non dimentichiamo le guerre cosiddette umanitarie condotte dagli eserciti occidentali a rimorchio di quello statunitense, guerre – pensiamo all’Iraq, alla Siria, all’Afganistan – i cui risultati in termini di maggior benessere, libertà e democrazia sono sotto agli occhi di tutti.
Il complesso militare-industriale festeggia: nonostante il calo temporaneo del Pil mondiale per via della pandemia, la spesa militare globale nel 2020 ha continuato a crescere, quasi 2 mila miliardi di dollari: un aumento del 2,6% rispetto al 2019 mostrando notevoli incrementi rispetto agli anni precedenti. Qualcuno si aspettava che, durante una crisi sanitaria, si spendessero risorse soltanto nel comparto “sanità”. Così non è stato, a dimostrazione del fatto che il settore della Difesa viene considerato un settore strategico, di fronte al quale nessuno è indifferente. Non è un caso quindi che sul PNRR l’industria bellica abbia già iniziato, almeno in Italia, un’attività di pressione sul governo per aggiudicarsi una parte dei fondi.
Per questo dobbiamo rilanciare con forza una nuova stagione di disarmo globale, unica possibilità per evitare la proliferazione delle guerre.
Infine come organizzazione sindacale siamo qui oggi per ribadire che la transizione energetica la lotta ai cambiamenti climatici non può sottostare alle agende e alle emergenze geopolitiche. Anzi l’uscita dall’economia delle fonti fossili è più che mai una necessità anche per costruire la pace. Le fonti fossili non sono soltanto all’origine di inquinamento e cambiamenti climatici, ma anche di gran parte dei conflitti in molte aree del mondo in particolare dagli anni 70.
La guerra uccide, distrugge ed inquina: inquina l’ambiente e le nostre relazioni. Permette le restrizioni dei diritti e il comando di pochi su molti. E’ arrivato il momento di dire basta!